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Watcher, Lucky Red

Con Watcher, Chloe Okuno confeziona il vero horror dell’estate, con il beneplacito di Ti West e Jordan Peele, ricordandoci – se ce ne fosse ancora bisogno – quanto il cinema dell’orrore (qui dalle forti tinte di thriller psicologico) porga il fianco a riflessioni sulla condizione della donna. E ci rammenta, grazie al cielo, che non per forza il didascalismo, il pedagogismo e la pesantezza narrativa sono elementi fondanti di una prospettiva femminista prestata al cinema di genere. Prospettiva che emerge ugualmente e anzi con più forza e pregnanza dalle pieghe registiche, narrative e di messa in scena di un film con un intento forte, chiaro ma perfettamente armonico con una narrazione coinvolgente e tormentosa.

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Julia (Maika Monroe) in una scena di Watcher – Credits Lucky Red

(Manie di) persecuzione

Julia (Maika Monroe)  si trasferisce dagli Stati Uniti a Bucarest con il marito di origine rumena Francis (Karl Glusman), che ha accettato un nuovo lavoro nella città. Confinata nella nuova casa, senza conoscenze e senza impegni lavorativi, immersa nella ricerca e costruzione di una nuova familiarità, la donna viene risucchiata in un pericoloso vuoto che, scandito dalla prolungata assenza del marito, si riempie di paranoia.

Julia si rende infatti presto conto della presenza, dietro la finestra di un appartamento del palazzo di fronte, di un uomo che la guarda (Burn Gorman). La paura crescente di Julia si alimenta con il progressivo peso dell’isolamento sulla psiche della donna, prestandosi a dubbi (suoi, del marito e nostri) sulla veridicità di quello che vede, sulla concretezza del pericolo.

Una sobria storia di persecuzione urbana, Watcher si basa, come appena accennato, sul trope della donna paranoica, che, in una situazione di fragilità psichica, comincia a vedere cose che forse non ci sono, temere cose che in realtà sono innocue, sentirsi braccata quando nessuno la sta nemmeno considerando.

Chloe Okuno mette in scena questo difficile stato mentale per problematizzarne il trattamento e il suo facile essere sminuito: noi siamo con Julia, sempre, e viviamo con lei il non venir credute, l’essere trattate con paternalismo e l’essere silenziate. Ciò nonostante, stare dalla parte di Julia non impedisce che la linea tra reale e immaginario rimanga imprecisa, non ci protegge dal passare mentalmente dalla parte di chi la giudica dall’esterno. Tuttavia, veniamo messi nella condizione di percepire le forti criticità di tale visione giudicante.

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Julia (Maika Monroe) e Francis (Karl Glusman) in una scena di Watcher – Credits Lucky Red

Sole e male accompagnate

Il funzionamento dell’intero film si basa sui diversi livelli di isolamento a cui è costretta Julia dal momento in cui mette piede nella nuova casa. Il livello base, immediato e letterale è quello che la costringe fisicamente a una solitudine schiacciante: a vagare tra le stanze silenziose, sperando che il tempo passi in fretta, aspettando l’ora tarda in cui Francis dovrebbe tornare a graziarla della sua compagnia, o tra le strade di Bucarest, con mete sbiadite e assenza di trasporto.

All’isolamento fisico si somma drammaticamente quello linguistico. Julia non conosce il rumeno, si sforza enormemente per impararlo, ma la strada è ancora lunga. Questa sua mancanza contribuisce ad alienarla dal flusso di vita della città, al seppellirla in una teca che le permette solo di guardare gli altri vivere, vittima di una sordità invalidante. Questo vero e proprio impairment la rende facile preda della manipolazione – più o meno maliziosa, più o meno ricattatoria, ma certamente accondiscendente e autoritaria – del marito. Francis diventa infatti tramite primario dell’interfacciarsi di Julia con la città, traduttore e interprete non sempre affidabile.

Il terzo livello di isolamento è quello attuato dal cinema stesso, quello più puramente legato alla messa in scena e alla regia, che rendono evidente quanto l’occhio di Okuno sia consapevole che una dichiarazione di intenti femministi forte, per essere veramente tale nel campo dell’audiovisivo, non può fermarsi alla narrazione, ma deve passare anche e soprattutto per ciò che definisce il campo stesso, ovvero il mezzo cinematografico, che risulta essere più potente degli snodi narrativi nel definire la condizione della nostra protagonista. Julia è infatti continuamente messa in scena come racchiusa entro quadri – gabbie – nel quadro. Il profilmico è inquadrato in modo da crearle intorno delle quinte teatrali che la posizionano all’interno di geometrie chiuse.

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Julia (Maika Monroe) in una scena di Watcher – Credits Lucky Red

Lo sguardo dell’altro

Se colonne, pareti, porte delimitano lo spazio di movimento della donna, il soffocante rettangolo su cui si fonda la segregazione di Julia è proprio quell’enorme finestra che le permette di guardare fuori e che allo stesso tempo permette all’uomo di guardare lei.

Il minaccioso sguardo maschile che proviene dall’esterno rimane sempre “altro”. Anche quando Julia viene inquadrata in oggettive dall’esterno della sua finestra, la distanza e la prospettiva non sono mai indicative di soggettive dell’uomo, mai ci ritroviamo nella posizione del watcher del titolo. D’altronde l’occhio che controlla ciò che stiamo vedendo è quello di Okuno, che rifiuta di entrare nella soggettiva dell’uomo per guardare la “sua” Julia. La distanza di prospettiva con cui viene messo in scena lo sguardo sulla donna si fa presa di distanza morale dallo scrutinio della femminilità.

Noi, in quanto spettatori, ci troviamo molto spesso alle spalle di Julia che osserva l’uomo che la guarda, quindi siamo a nostra volta oggetto di questo sguardo inquisitorio, e con Julia lo ricambiamo. Con terrore, ma lo ricambiamo.

Il tema dello sguardo, molto inflazionato e già affrontato nell’audiovisivo nella sua espressione del guardare fuori dalla finestra sulle vite degli altri, si carica in Watcher di una potenza originale. Una metafora forse facile che riesce tuttavia, attraverso la lenta ma ritmata costruzione della tensione, l’intelligente regia e messa in scena e l’interpretazione straordinaria di Maika Monroe a imprimere il messaggio forte e chiaro negli occhi e nell’esperienza di chi decide di godersi il film.

Watcher è in sala dal 7 settembre, ecco il trailer:

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