Uncoupled
Uncoupled. Cr. Courtesy of Netflix © 2022

Innamorarsi a New York suona come un sogno, perdere quell’amore a New York, ben 17 anni dopo averlo trovato, a 40 anni suonati è un incubo. Quando tutta la sua vita sembra settata su coordinate rassicuranti e conosciute, Michael (Neil Patrick Harris) si sente mancare la terra sotto ai piedi e deve affrontare lo stato delle cose: il suo amato Colin (Tuc Watkins) lo lascia in balia di una nuova fase della sua esistenza.

Riaprirsi al mondo esterno, che scorreva ad un ritmo differente da quello della coppia, significa elaborare la perdita, capirne i motivi, riscoprirsi e lasciarsi andare. Senza farsi mancare qualche nuova esperienza sul campo.

Uncoupled. Brooks Ashmanskas e Neil Patrick Harris. Cr. Courtesy of Netflix © 2022

Se Carrie Bradshaw fosse stata un uomo gay alle prese con Grindr 

Impossibile non pensare a Sex and the City quando si inizia a guardare Uncoupled. Il protagonista Michael, agente immobiliare per appartamenti di lusso, e il suo gruppo di amici vivono immersi nella bellezza e nel fermento cittadino che un posto come New York può offrire. Viste mozzafiato, locali esclusivi, party ed esposizioni d’arte contemporanea: tutto è perfetto, o almeno è così che sembra. Quando si gratta la superficie i veri amici sono pochi e dietro alle apparenze c’è acida invidia e profonda irrisolutezza.

Tutte queste “cose belle”, infatti, non possono compensare la perdita di un grande amore. Dopo 17 anni di relazione e convivenza in un appartamento da catalogo di arredamento, Colin lascia Michael senza una spiegazione. Si porta via gli asciugamani Hermès e va a vivere lontano dall’uomo che non riesce a concepire cosa sia successo e perché.

Di base Uncoupled può confondere con tutti i suoi personaggi privilegiati e le serate glamour, ma episodio dopo episodio (8 in tutto) rivela un’attenta analisi su cosa significhi ritrovarsi soli dopo anni vissuti in due. E questo non vale solo per un uomo omosessuale di 40 anni che si iscrive su Grindr sotto consiglio dei suoi migliori amici gay, ma anche per la collega di lavoro Suzanne (Tisha Campbell-Martin), madre single alla ricerca di una relazione da tempo. Uomini e donne soli, immersi fino al collo in autocompiacenti attività mondane e delusioni taciute.

Uncoupled. Cr. Courtesy of Netflix © 2022

Bitter Old Queen

La quotidianità del protagonista viene stravolta e anche andare ad un matrimonio senza un +1 può diventare complesso da affrontare quanto tutto era calcolato in base a certezze svanite da un giorno all’altro, e Uncoupled riesce a mostrarne gli aspetti più intimi e inconfessabili, a partire dal sesso.

La bellezza della serie (e il motivo che spinge a guardarla in una giornata) sta nella drammaticità divertente delle situazioni descritte, forti del non essere costantemente vincolate da un politicamente corretto imperante. E questo vale per il sesso da single che Michael si concede, ovvero una serie di incontri imperfetti e ai limiti dell’inquietante (in alcuni casi), in cui chiunque potrebbe imbattersi. Il territorio inesplorato della app di incontri lo porta a confrontarsi con una nuova generazioni di uomini gay, proprio da uno di loro si becca l’insulto di “acida e vecchia queen”, e una lezioncina sulla PrEP.

E allora viene da chiedersi: quanto tempo è necessario per riprendersi dalla fine della relazione con l’uomo che si idealizzava come un compagno perfetto per il resto della vita? Il lusso di un attico in centro e la costosa esperienza con un guru per la rinascita personale funzioneranno per accelerare i tempi?

Scopritelo con Neil Patrick Harris e Uncoupled, dai coideatori Darren Star (tra i produttori di Beverly Hills 90210, Melrose Place e Sex and the City) e Jeffrey Richman (tra gli sceneggiatori di Desperate Housewives e Modern Family).

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Silvia Pezzopane
Ho una passione smodata per i film in grado di cambiare la mia prospettiva, oltre ad una laurea al DAMS e un’intermittente frequentazione dei set in veste di costumista. Mi piace stare nel mezzo perché la teoria non esclude la pratica, e il cinema nella sua interezza merita un’occasione per emozionarci. Per questo credo fermamente che non abbia senso dividersi tra Il Settimo Sigillo e Dirty Dancing: tutto è danza, tutto è movimento. Amo le commedie romantiche anni ’90, il filone Queer, la poetica della cinematografia tedesca negli anni del muro. Sono attratta dalle dinamiche di genere nella narrazione, dal conflitto interiore che diventa scontro per immagini, dalle nuove frontiere scientifiche applicate all'intrattenimento. È fondamentale mostrare, e scriverne, ogni giorno come fosse una battaglia.