Il cinema di Truffaut, in una parola non è né facile né frivolo, come scrive Oreste De Fornari. È incompiuto, volutamente. A volte manca un reale attore recitante, a volte i dialoghi sono interrotti da voce narrante. A volte mancano i personaggi di contorno. Tutto, insieme, porta lo spettatore in una condizione di disagio, di straniamento che in fondo è ricercata e inseguita. O almeno è quello che De Formari dimostra con il suo saggio La qualità dell’imperfezione, il primo del volume Gremese dedicato al regista francese.
La struttura di Tutto Truffaut
Tutto Truffaut, disponibile in libreria e e-shop dallo scorso ottobre, è in realtà una riedizione di volumi e saggi precedenti, arricchiti da preziosi approfondimenti. Innanzitutto sono presenti gli interventi di Jean Collet tratti dal libro François Truffaut (1985), inedito in Italia. A questi si aggiungono brani e saggi di I film di François Truffaut di De Fornari, edito da Gremese nel 1986. La prima parte del volume è dunque una collezione essenziale di brevi scritti in grado di riassumere il genio, il carattere e le caratteristiche dell’enfant terrible del cinema francese.
Lo sviluppo centrale di Tutto Truffaut diventa un’analisi per blocchi cronologici di tutti i film del regista, ventitré in venticinque anni di attività. Si parte naturalmente con I quattrocento colpi e la Nouvelle Vague (1958-1965), si prosegue con i film centrali che segnano uno spartiacque (1966-1975) e infine gli ultimi, con cui si assume i maggiori rischi (1976-1984). Posto centralmente nel libro vi è poi un inserto fotografico di Enrico Giacovelli che può essere ritenuto un ulteriore saggio, solo visuale. Giacovelli mette insieme particolari inquadrature e dettagli dei film di Truffaut, secondo un ordine concettuale e non cronologico. Realizza così un chiaro quadro delle ossessioni dei temi ricorrenti del regista.
Ogni film è analizzato e commentato singolarmente, rendendo Tutto Truffaut un libro ideale sia per chi ama già la sua filmografia sia per chi non la conosce ancora. L’aspetto inedito – e forse ciò che lo rende molto interessante – è lo spazio lasciato alla critica dell’epoca, con citazioni dai Cahiers du cinéma e di Truffaut stesso.
“La parola a Truffaut”
Questo è il nome del paragrafo che compare alla fine di ciascuna analisi dei singoli film. Un breve intervento in cui il regista commenta il suo operato, attraverso stralci di interviste. Ovviamente senza nulla togliere all’elevatissima qualità del contenuto di Collet e De Fornari, le parole di Truffaut sono così preziose perché lui era il critico-regista per eccellenza.
Fra tutti i jeunes turcs della Nouvelle Vague, che iniziarono a occuparsi di cinema grazie ad André Bazin, Truffaut fu l’unico che non smise mai di scrivere. La sua carriera di critico andò sempre di pari passo con quella di regista, anzi fu lui a teorizzare molti concetti che oggi riteniamo appartenere genericamente alla politica dei autori.
La politique des auteurs, proprio come la definì Truffaut, era la presenza di un creatore responsabile tra lo script e la macchina da presa. Tra la scrittura e l’immagine. Tra una sceneggiatura e gli attori. Benché si cimentò un’unica volta nella scrittura solitaria di una sceneggiatura (La mia droga si chiama Julie, 1969), Truffaut incarnò sempre questo ruolo di mediazione creatrice fra la parola e l’immagine.
Continuò sempre inoltre a guardare con occhio critico e analitico il cinema altrui, senza che questo influenzasse la sua filmografia. Per esempio, come è Truffaut stesso a spiegare attraverso queste preziose testimonianze, riteneva i suoi film semplici come la sua vita. Un riflesso della sua fantasia, del suo istinto e della sua capacità di improvvisazione, nella realtà come davanti alla macchina da presa. Non dimentichiamo che I quattrocento colpi, in fondo, è il nucleo di tutta la sua opera, quello da cui tutto il resto nasce, ed è una storia molto vicina alla sua esperienza reale.
Potete trovare i miei film inutili, mal riusciti, inesistenti. Tutto quello che volete, ma non potete dirmi che avrei dovuto girare qualcos’altro. (…) Materialmente potrei fare un film sull’Algeria. Basterebbe che lo volessi. Ma non voglio, perché la realtà è troppo complicata per me.
dal testo Tutto Truffaut
Queste parole sono sufficienti a comprendere anche la sua idea di cinema, il suo manifesto. Per Truffaut il cinema era vita, non era politica. Ed era intrinsecamente scevro da qualsiasi significato morale. Per questo dopo il ’68 il suo legame con Godard inizia ad allentarsi irreversibilmente. Godard è convinto che dopo il ’68 non si possa più fare lo stesso cinema. (…) E ce l’ha con quelli che continuano. Io voglio fare film normali, è la mia vita [dal testo].
Truffaut si autodichiarava normale, quando in realtà questa parola significa poco e nulla. Il cinema e la sua vita coincidono perché tra l’altro il primo aveva salvato letteralmente la seconda, e senza non poteva andare avanti. Anche per questo non sceglie mai una sola forma di espressione, rimane critico e regista, perché il cinema è Tutto, dalla dissezione analitica alla creazione poetica.
Il giovane ribelle, ragazzo di strada, rimane tale per tutta la sua breve vita, non uniformandosi a nessun credo, a nessuna corrente. Rimanendo ancora oggi l’elemento inclassificabile, unico e originale, della grande rivoluzione culturale di quegli anni.
Gli autori dei saggi di Tutto Truffaut
Jean Collet. È stato professore universitario e animatore di diversi cineclub in Francia e nei Paesi Francofoni. Giornalista a Telerama dal 1959 al 1971. Critico per la rivista “Études” a partire dal 1965, ha collaborato alla sezione “Fiction” del canale televisivo Arte. Tra i suoi molti saggi di cinema, il primo volume monografico dedicato a Jean–Luc Godard (1963).
Oreste De Fornari. È stato animatore di cineclub e ha scritto su giornali e riviste specializzate, tra le quali Cinema e Film e Dirigido Por. Autore di volumi su Walt Disney, sul Sorpasso di Dino Risi e sul cinema classico e americano, oltre che di una storia dello sceneggiato telesivo (Teleromanza). Nel 2018 presso Gremese ha pubblicato Tutto Leone. Ha collaborato per molti anni con la Rai come autore e conduttore televisivo, di solito in coppia con Gloria De Antoni.
Ulteriori informazioni sulla casa editrice Gremese sono disponibili sul sito ufficiale.
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