Tutti Fenomeni in concerto all’Hiroshima Mon Amour di Torino il 12 gennaio accende le luci di scena e spegne il circo dello spettacolo pop.
Reduce da due album complessi, sfaccettati e poliedrici, pieni di influenze dall’alto del prog italiano, della Bibbia e della letteratura greca, dal basso del glorioso passato come quinto Tauro Boys, da Tutti Fenomeni ci si aspetterebbe uno Spettacolo. E invece no. Non c’è niente di fenomenale, niente di pop, niente di superfluo oltre ai singoli pezzi in tracklist, fatti e finiti. La magia è sotto al palco.
Si varcano le soglie della sala Majakovskij tra una Tuborg in bicchieri di plastica e una giacca di Humana Vintage buttata in un angolo e si entra in una strana marmellata di tamarri e hipster, boomer e liceali. Un’accozzaglia di background e gusti che poco sembrano avere a che fare tra di loro.
Eppure tutti cantano le stesse canzoni, ballano sulle stesse note e gridano gli stessi cori chiamando questo o quel brano che ancora non è uscito dalla scaletta. In un bizzarro spirito retrò, nessun cellulare in vista, solo qualche anacronistica fotocamera digitale portatile che flasha sulle amiche abbracciate, le nuche con i mullet e i gin tonic.
Brindiamo alla mia e alla tua generazione
Si va a vedere Tutti Fenomeni per dare una forma allo spettacolo che accade in studio, fuori da occhi indiscreti. Dove si cucinano sonorità elettroniche dalle architetture spigolose, ostili ad un primo ascolto distratto; narrazioni epiche mescolate a battute su Tinder sotto la cappa del nichilismo e il disincanto esistenziale.
Acchiappa il pubblico al grido di: “Siamo una generazione di merda o no?”. Eccome se lo siamo, rispondono i baby boomers, i millenials e gli zoomers insieme.
Tutti Fenomeni sul palco fa il minimo indispensabile, ed è giusto così. Sorride di fronte alla folla acclamante ma non ringrazia, si fa toccare dagli irriducibili delle prime file, ma prima chiede il perché, con un adorabile, sprezzante snobismo. Il bis lo deve fare, ma suona i brani che gli pare, perché sì.
Lo spirito è tutto qui: intellettuale paraculo con un pizzico di gusto trap, che infatti piace ai fan dei Pippo Sowlo e di Nello Taver, ma pure a quelli di Lucio Battisti.
Tutti Fenomeni è l’ultimo indie rimasto in uno scenario post-apocalittico post-Calcutta, in cui non c’è più spazio per i brutti outfit, gli occhiali da sole, le canne sul palco.