Tim Burton-FRAMED Magazine
Tim Burton - FRAMED Magazine

Fiabe gotiche, incubi romantici: Tim Burton crea da sempre scenari unici caratterizzati dalle sue forme iconiche e dalle influenze dark imbevute di classici della paura e surreali narrazioni. Qui gli rendiamo omaggio con cinque film, i nostri preferiti, che vi consigliamo e ci riguardiamo costantemente, per ricordarci com’è sentirsi quando una storia firmata Tim Burton ti entra nel cuore.

Edward mani di forbice (Edward Scissorhands, 1990) – Silvia Pezzopane

Consiglio Edward mani di forbice in continuazione, ad Halloween (come potete leggere qui) come a San Valentino o a Natale. Ed è perfetto in qualsiasi occasione: possiede tutto ciò che serve per inquietare, una storia d’amore struggente ed irrealizzabile, e una magica nevicata.

Il film del 1990 segna il legame artistico tra il regista Tim Burton e l’attore Johnny Depp, costituendosi come un grande classico gotico che riprende la figura di Frankenstein in chiave contemporanea. Il “mostro” solitario Edward irrompe in una realtà regolata da geometriche abitazioni e geometriche esistenze. I colori pastello del quartiere benestante in cui viene invitato a rimanere (dalla buona e sensibile Peggy) si contaminano con la freddezza delle lame che ha al posto delle mani, e del lugubre nero che si porta addosso e dentro al cuore. Troverà l’amore è vero, ma non basterà a convincere gli altri che la diversità non è da annientare a tutti i costi. Edward mani di forbice è il sogno ad occhi aperti che mi lascia nostalgica, ma a cui continuo a pensare.

Edward mani di forbice (Edward Scissorhands, 1990) – 20th Century Fox

La fabbrica di cioccolato (2005) – Valeria Verbaro

Non il miglior film né il più celebre di Tim Burton, eppure ingiustamente sottovalutato. La fabbrica di cioccolato è un mondo caramellato e iperbolico in cui si nasconde un abisso di inquietudine, solitudine e alienazione. Il bizzarro cioccolataio Willy Wonka (Johnny Depp) si muove sempre sul filo, in equilibrio fra la sua lucida follia e una sorta di dimensione parallela, che sembra esistere solo all’interno della sua Fabbrica. Tim Burton crea cioè un Paese delle Meraviglie che qualche anno dopo (2010) si rispecchierà in quello effettivo del suo Alice e che, come lo stesso Lewis Carroll aveva immaginato, è più incubo che favola.

Anziché paragonare La fabbrica di cioccolato al film originale di Mel Stuart, o al romanzo di Roald Dahl, allora, è bene tenere presente che il suo vero punto di forza è proprio il luogo: la Fabbrica, soglia di transizione verso una dimensione Altra. Qualcosa di non familiare in un mondo normale, e quindi Perturbante in senso freudiano. Tim Burton, in altre parole, sceglie di animare l’inanimato. Dà carattere e identità alla Fabbrica, rendendola viva ma non vivente. Si crea così lo sgomento e lo spaesamento appena percepibile dietro ogni battuta ironica o siparietto divertente del film. Ma non è forse proprio questa stratificazione di esperienze e sensazioni, positive e negative, a rendere il film interessante?

La fabbrica di cioccolato (2005) – Warner Bros.

Mars Attacks! (1997)Emanuele Bucci

E se ci fosse un’invasione marziana sulla Terra, come reagirebbero gli USA (e il mondo)? Con un’orgia di (tragi)comica stupidità, naturalmente. Mars Attacks! (1997), perfetta parodia dei film sulle guerre contro gli alieni alla Independence Day, è (anche) il film più politico di Tim Burton.

Una satira che non risparmia nessuno: dal Presidente cialtrone e parolaio (uno strepitoso Jack Nicholson) al cinico impresario di Las Vegas (sempre Nicholson). Passando per il risibile scienziato progressista Pierce Brosnan, la First Lady Glenn Close, il generale guerrafondaio Rod Steiger e la vacua giornalista Sarah Jessica Parker.

Si (e ci) salvano le ultime ruote del carro: un pugile afroamericano, una vecchietta fan della musica country, un giovane fornaio. A conferma che, per il regista, i “mostri” e i mondi altri sono un pretesto per ribaltare l’ottica dell’America benpensante. E incenerirne beffardamente il principio di (ir)realtà.

Mars Attacks! (1997) – Warner Bros.

Big Eyes (2014) – Giulia Losi

Big Eyes non è il classico film di Tim Burton. Non ci sono fantasmi, vampiri, o assassini. Nessuna villetta a schiera dai colori vivaci, o bizzarre creature dagli occhi enormi. O meglio, gli occhi enormi ci sono, ma solo nei dipinti di Margaret Keane.

La protagonista, interpretata da una splendida Amy Adams, ama dipingere bambini dagli occhi grandi e incredibilmente espressivi. D’altronde Margaret prima di affrontare un complicato divorzio era una casalinga. E una donna degli anni Cinquanta aveva ben poche possibilità di viaggiare ed esplorare il mondo. Tutto ciò che conosce è sua figlia. La sua piccola, meravigliosa realtà. È questo che Margaret vuole rappresentare nei suoi dipinti.

La sua è una storia affascinante, avventurosa. Il racconto di una donna coraggiosa, che è riuscita a imporsi in una società dominata dagli uomini, incapaci di accettare l’ingombrante presenza di un’artista donna. L’invidia, si sa, è una bestia feroce e crudele, che non risparmia nessuno. Neppure il nuovo compagno di Margaret, un artista fallito incapace di accettare il successo della donna. La protagonista viene schiacciata da colui che più di tutti dovrebbe sostenerla, ma non si fa mettere i piedi in testa a lungo. Questa donna straordinaria viene seguita dal discreto sguardo di Tim Burton nelle sue peripezie, sostenendola tacitamente nella crociata per difendere ciò a cui tiene di più al mondo: sua figlia e la sua arte.

Big Eyes (2014) – Lucky Red

Sweeney Todd – Il diabolico barbiere di Fleet Street (Sweeney Todd: The Demon Barber of Fleet Street, 2007) – Alessandra Vignocchi

There was a barber and his wife, and she was beautiful… Una fiaba nera, nerissima, come le fiabe più riuscite, in fondo, sotto apparenze talvolta anche poco ingannevoli, sanno essere.

Sweeney Todd – Il diabolico barbiere di Fleet Street, ovvero il fu Benjamin Barker, ingiustamente condannato per un sordido piano del giudice Turpin, innamorato di sua moglie, torna a Londra dopo quindici anni. La scoperta del suicidio della moglie e il sapere sua figlia Johanna nelle grinfie del perfido giudice faranno sì che una furiosa vendetta omicida faccia il suo corso. Un musical cupo, truce, cattivo e dolcemente struggente, Sweeney Todd ci immerge in una Londra sporca e tetra, facendoci fare la conoscenza di personaggi che sono specchio della sua durezza. Le musiche di Stephen Sondheim accompagnano una narrazione violenta e ineluttabilmente diretta alla tragedia.

Sweeney Todd – Il diabolico barbiere di Fleet Street – Warner Bros. Pictures Italia

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