The Help, Tate Taylor (2011) - credits: Touchstone/Disney

Viola Davis non è la protagonista di The Help e a dircelo è la sequenza iniziale

Di cosa parla The Help? È veramente quella storia di riscatto che la promozione commerciale ci ha presentato? Change begins with a whisper, il cambiamento inizia da un sussurro, recita la headline dei poster originali. Ma se invece vi dicessi che non c’è nessuna vera rivoluzione nell’ideologia del film?

L’aspetto più interessante e problematico di The Help è proprio l’affermazione subdola della prospettiva bianca in una narrazione che si dichiara invece incentrata sui soggetti afroamericani. Questi ultimi, tuttavia, si ritrovano ancora una volta raccontati dalle parole degli altri, senza potersi esprimere direttamente.

È esattamente ciò che ha ripetuto più volte negli anni Viola Davis, dicendo che The Help non è veramente fedele all’esperienza che intende narrare. Non rappresenta le domestiche nere nella complessità dello spettro umano, ma solo come strumento per provocare il white guilt, il senso di colpa bianco. Il vero cinema afroamericano invece non si cura della prospettiva bianca, non pensa cioè a cosa potrebbe provare lo spettatore bianco, che sia colpa, vergogna, disagio o rabbia. Racconta semplicemente la propria identità.

Viola Davis in The Help, Tate Taylor (2011) - Credits: Touchstone Pictures/Walt Disney Company
Viola Davis in The Help, Tate Taylor (2011) – Credits: Touchstone Pictures/Walt Disney Company

The Help non può quindi essere considerato veramente un black film. Prima di tutto perché non è realizzato da una troupe o da una prospettiva afroamericana, in secondo luogo perché la vera protagonista non è né Viola Davis né Octavia Spencer, ma solo Emma Stone. È sufficiente porsi una sola domanda per averne la conferma: chi è che agendo cambia la situazione? Chi è il soggetto che compie le azioni e chi l’oggetto su cui queste ricadono? Ecco, se avete visto il film, siete arrivati alla mia stessa risposta.

Se ancora non fosse sufficiente, è il momento di ricorrere a un format ormai classico delle recensioni d’oltreoceano: l’anatomia della scena. Perché è la grammatica stessa del film a stabilire la gerarchia dei personaggi e a renderla palese. Iniziamo a dissezionare insieme.

Emma Stone è l’unica protagonista di The Help

Aibileen (Viola Davis) è la voce narrante del film e si presenta effettivamente da sola. Questo è l’espediente narrativo che illude lo spettatore sulla centralità del personaggio. Compare sullo schermo rispondendo a una domanda posta fuori scena. Si trova al centro dell’inquadratura ed è il primo soggetto in ordine di apparizione. La regia compie tuttavia a questo punto una scelta non indifferente: rimane a distanza, non avvicinandosi mai oltre la mezza figura dell’attrice. Questo mancato avvicinamento si percepisce a livello inconsapevole, ma rimane inspiegabile fino a quando non ci si accorge che potrebbe essere la soggettiva di un secondo personaggio.

Emma Stone in The Help, Tate Taylor (2011) - Credits: Touchstone Pictures/Walt Disney Company
Emma Stone in The Help, Tate Taylor (2011) – Credits: Touchstone Pictures/Walt Disney Company

Se Aibileen risponde a una domanda, infatti, è necessario che ci sia qualcun altro nella stanza, con cui sta dialogando. Quella persona è appunto Skeeter (Emma Stone) ed è questo il primo momento, dunque, in cui Aibileen si rivela come oggetto di uno sguardo e non soggetto della narrazione.

La sequenza successiva conferma e rafforza quanto ipotizzato inizialmente, perché mostra infatti la prima inquadratura ravvicinata, un primo piano sul volto di Emma Stone (sulla sua automobile). Secondo il montaggio classico hollywoodiano, solo il Primo Piano identifica i personaggi centrali, in modo didascalico e inequivocabile.

The Help è un coming-of-age, non un film-denuncia

Da questo momento in poi il film assume progressivamente la forma di un coming-of-age, un racconto di formazione individuale per il personaggio di Emma Stone. Il suo avvicinamento alle domestiche, le interviste e la pubblicazione del libro sulle loro storie non sono che lo strumento attraverso cui Skeeter passa definitivamente all’età adulta, avviando la sua professione di giornalista e trovando un nuovo scopo.

The Help, Tate Taylor (2011) – Credits: Touchstone Pictures/Walt Disney Company

A dispetto delle sue nobili intenzioni, il fulcro del film non è quindi la denuncia sociale. Al contrario, The Help dà più spazio e voce alla prospettiva del white savior, alla presunzione anche implicita di poter agire per conto di una minoranza (e salvarla).

Dove il pubblico bianco vede una storia complessa e commovente, quello afroamericano nota principalmente una grave semplificazione storica costruita in funzione dello spettacolo. È un mondo edulcorato e in parte mai esistito quello narrato in The Help, privo di un punto di vista credibile sugli eventi narrati.

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