The Fall, MUBI
The Fall, MUBI

Chi non ha mai visto The Fall è sicuramente più fortunato di chi lo conosce bene, perché custodisce la possibilità di vivere un’esperienza estetica e narrativa mai provata. The Fall è una favola epica sulla scelta di vivere a dispetto di una morte desiderata come disperata soluzione, è la rappresentazione della fantasia messa al servizio della storia, una fantasia capace di ergersi oltre il conosciuto e spezzare le catene di ciò che affligge il cuore e l’anima.

Racconto di un’amicizia improbabile nata in un ospedale di Los Angeles negli anni ’20, è anche un film sul cinema, quello del rischio e della novità, un cinema delle attrazioni che si sta trasformando, come la consapevolezza di chi ne è coinvolto.

The Fall, secondo lungometraggio del regista indiano Tarsem Singh, uscito al cinema nel 2006, è ora disponibile in streaming in 4K su MUBI, con un restauro fortemente voluto dal regista. Realizzato in un periodo di quattro anni, The Fall è stato girato in 24 paesi, tra cui India, Indonesia, Italia, Francia, Spagna, Namibia e Cina.

Vivere fino alla fine della storia

Alexandria (Catinca Untaru) si è rotta il braccio per cogliere delle arance, ed è costretta ad una permanenza in ospedale. La bambina, di origini rumene, conosce ormai tutti, dall’infermiera Evelyn all’uomo che ogni mattina porta il ghiaccio. Si accorge però che un messaggio segreto per la sua infermiera preferita è finito nella stanza di Roy (un, ancora, quasi sconosciuto e bravissimo Lee Pace).

Tra i due si instaura una strana amicizia: lui inizia a raccontare alla bambina una storia epica di lotta e amore, lei trova nel giovane uomo il ricordo di suo padre, morto in seguito ad eventi drammatici. Se in un primo momento quel racconto fantastico è una scusa per convincere Alexandria a reperirgli in segreto della morfina, diventa poi un’ancora di salvezza per tornare a desiderare la vita, al posto di un suicidio per una amore perduto che continua a tormentarlo.

Sceneggiare la propria immaginazione (creare il cinema)

La caduta di Roy è quella che dà il nome al film di Tarsem; avvenuta durante il suo primo lavoro come stuntman su un set cinematografico, ci viene mostrata nella sequenza d’apertura: un magistrale inizio in bianco e nero corredato dalle note dell’allegretto della Sinfonia n. 7 di Beethoven. Quando parla di cinema ad Alexandria ne minimizza la portata, poiché per lui è stata la rovinosa occasione per mettersi in mostra con la sua ex amata, mettendo a repentaglio la sua vita.

La donna ha preferito infatti l’attore celebre a cui Roy faceva da controfigura, scegliendo l’apparenza e il successo al posto del coraggio, e all’anonimato sul grande schermo. Le sue esperienze personali si riversano nella storia a puntate che racconta quotidianamente alla bambina: quel racconto ad alta voce, in forma orale come i racconti dell’alba della narrazione, porta in luoghi esotici e misteriosi, si tinge di colori pieni come il giallo del deserto o il rosso del sangue. È una fantasia onirica e totalizzante, messa in scena con capacità visionaria, con cinque protagonisti che prendono forma nell’immaginazione di Alexandria in cui volti reali si fondono a sogni e ricordi.

Nella storia il bandito mascherato prova a salvare la vita di suo fratello gemello dal governatore spagnolo Odious, dopo essere fuggito da un’isola su cui veniva tenuto in esilio assieme ad un indiano rimasto vedovo, un italiano esperto di esplosivi, un ex schiavo in lutto e il sensibile e brillante Charles Darwin (esattamente, proprio lui). Accomunati dalla sete di vendetta nei confronti del governatore, si spingono in luoghi incredibili per trovarlo e ucciderlo, staccati da un preciso contesto storico come da quello geografico.

Mentre Roy si sta ispirando alla sua esperienza per il racconto, Alexandria vi proietta speranze e desideri. A salvare il lieto fine, seppur parziale, della storia, sarà proprio la prospettiva positiva della bambina, così potente e luminosa da guarire Roy.

Il lascito di Eiko Ishioka

Non si può capire la magnificenza visiva di The Fall se non si tiene in considerazione il lavoro sui costumi realizzato dalla costumista giapponese Eiko Ishioka (1938-2012), che con Tarsem ha collaborato anche per The cellMirror Mirror.

I personaggi non avrebbero lo stesso impatto se non ci fosse la caratterizzazione minuziosa dei loro abiti curati nei minimi dettagli, cromaticamente intensi e ricchi di texture. Abbigliati come eroi da romanzo d’avventura, come personaggi con tradizioni antiche che si ritrovano in oggetti inseparabili (come uno scudo d’oro o un cappello a bombetta), i protagonisti si presentano come figure mitiche, solenni, e al contempo originali.

Come se la loro immagine provenisse proprio dalla mente di una bambina, i cinque banditi sono unici, specialmente per quanto riguarda lo stile di Darwin, che non si separa mai dalla sua pelliccia tricolore che ricorda le ali di una farfalla, l’introvabile Esotica Americana che cerca da sempre.

Perché non puoi privarti della visione di The Fall

Il fascino ipnotico di The Fall si attua rispondendo ad un ritmo cadenzato, come se derivasse direttamente da una cantilena tramandata di padre in figlia, di generazione in generazione. La componente surreale e propria del mondo della fantasia si affianca all’insofferenza dell’esistenza umana, alla fragilità di corpi guidati da sentimenti.

E se l’intero film non è che una divagazione visionaria sulla narrazione e sulla sua capacità di trasformarsi in intrattenimento cinematografico, anche la presenza di una suggestiva sequenza animata creata da Christoph Lauenstein e Wolfgang Lauenstein partecipa al ragionamento sui linguaggi, sul potere di attrazione che hanno le storie, dall’alba dei tempi, oltre a quello di alleviare anche i mali più irriducibili.

Illustrazione di Leonardo D’Angeli con i colori di Francesco Murrone

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Silvia Pezzopane
Ho una passione smodata per i film in grado di cambiare la mia prospettiva, oltre ad una laurea al DAMS e un’intermittente frequentazione dei set in veste di costumista. Mi piace stare nel mezzo perché la teoria non esclude la pratica, e il cinema nella sua interezza merita un’occasione per emozionarci. Per questo credo fermamente che non abbia senso dividersi tra Il Settimo Sigillo e Dirty Dancing: tutto è danza, tutto è movimento. Amo le commedie romantiche anni ’90, il filone Queer, la poetica della cinematografia tedesca negli anni del muro. Sono attratta dalle dinamiche di genere nella narrazione, dal conflitto interiore che diventa scontro per immagini, dalle nuove frontiere scientifiche applicate all'intrattenimento. È fondamentale mostrare, e scriverne, ogni giorno come fosse una battaglia.