Una scena di The Crow - Il Corvo (2024) di Rupert Sanders
Una scena di The Crow - Il Corvo (2024) di Rupert Sanders. COurtesy of Eagle Pictures

Avete presente quei casi, molto rari, in cui le aspettative superano effettivamente la realtà? Ecco, è il caso di The Crow – Il Corvo di Rupert Sanders, in sala dal 28 agosto: perché se vi aspettate un film da poco, vi imbatterete in qualcosa di ben peggiore sotto ogni punto di vista.

La trama di The Crow – Il Corvo

Remake dell’omonimo e celeberrimo film del 1994, The Crow si pone l’obiettivo di raccontare la travagliata storia d’amore tra Eric (Bill Skarsgård) e Shelly (FKA twigs), due tormentati giovani che si riconoscono in un connubio di traumi e tatuaggi (imbarazzante come sembra? Sì) e finiscono in una situazione paranormale ben più grande delle loro aspettative. Riuscirà il nostro Eric, come un moderno e sanguinario Orfeo, a riportare indietro dal mondo dei dannati la sua amata? E se sì, che prezzo dovrà pagare? Domande a cui si arriverà a una risposta in maniera estremamente prevedibile e visivamente scadente.

Un brutto film

Non me ne vogliano Tony Effe e Rose Villain, ingaggiati per un video trailer promozionale in vista dell’uscita italiana del film (le ragioni di questa scelta restano ignote), ma The Crow riesce a toccare dei livelli di bruttura e di cringe estremi. Dialoghi da fanfiction, una rappresentazione di dolori e traumi stereotipati e banali (il classico parallelismo tatuaggi-emarginazione ormai trito e ritrito persino per le produzioni peggiori), una scrittura poco omogenea e che lascia innumerevoli punti interrogativi (chi è questo cattivo da sconfiggere? Perché il dualismo tra musica e scelta delle sue vittime? Nessuna di questa e molte altre domande avrà mai risposta) e, soprattutto, un mix di toni del tutto immotivato.

Bill Skarsgård e FKA twigs in una scena di The Crow - Il Corvo. Courtesy of Eagle Pictures
Bill Skarsgård e FKA twigs in una scena di The Crow – Il Corvo. Courtesy of Eagle Pictures

Si passa dalla love story all’horror fino ad arrivare all’action in maniera discontinua e irragionevole, come discontinua ed irragionevole è la grande sequenza-carneficina finale, che si risolve come un immenso bagno di sangue bruttissimo e che rappresenta un punto molto basso del mondo degli effetti speciali e delle scene di combattimento. E, parlandoci chiaramente, in un momento storico in cui non solo tecnologicamente si è arrivati a risultati molto ricercati, ma anche in un panorama filmico in cui l’action ha toccato picchi di intrattenimento davvero avanzati, vedere questi risultati grossolani farciti solo da sangue finto a go-go è quasi offensivo.

The Crow – Il Corvo: ma perché?

Quando nel 1994 uscì la prima versione de Il Corvo, inutile dirlo, a fare da spinta propulsiva alla promozione e al successo della pellicola di Alex Proyas fu sì il sottofondo gotico, sì la colonna sonora dei Cure ma soprattutto il fatto che il protagonista Brandon Lee avesse tragicamente perso la vita durante le riprese.

Nel corso degli anni, poi, in tanti hanno provato a riprendere e trasporre nuovamente il successo di questo (ormai) cult, senza considerare gli elementi vincenti che lo avevano portato ad essere tale. Dunque, anziché trattarlo come qualcosa di unico nel suo genere, menti non troppo vispe – tra cui va annoverato a questo punto anche Rupert Sanders (già autore di quell’altro film parecchio brutto che è Biancaneve e il cacciatore) – hanno ben pensato di copiare i tratti principali nella speranza di riattivare la magia senza riuscirci persino con trame, interpretazioni e colonne sonore migliori rispetto a questa versione del 2024.

Viene, dunque, da chiedersi: che necessità c’era, ora, di andare a ripescare questo film solo per rifarlo molto molto male? Sfruttare l’ondata di notorietà che, bene o male, il film del 1994 continua a portarsi dietro è davvero una buona ragione per investire tempo e denaro in questo progetto? Una risposta personale in questo caso, come per la maggior parte dei remake e reboot, è ovviamente no e non solo per gli inevitabili risultati pedestri raggiungibili, ma anche per l’ottusità di fondo che permea queste decisioni. 

Se qualcosa ha funzionato, è andato bene, ha avuto un incredibile successo, quante probabilità ci sono che il fulmine della fortuna cada esattamente nello stesso punto? Poche, come dimostra la realtà dei fatti. E, dunque, quanto senso ha mettersi a tavolino cercando di copiare (male) qualcosa sperando di sfruttare il successo già ottenuto altrove? Poco, di nuovo. 

Insomma, trovare aspetti meritevoli in queste quasi due ore di visione è molto complicato e anche abbastanza inutile: The Crow è una brutta copia senza fantasia e genialità. Con un po’ di buon senso, sarebbe meglio impiegare il proprio tempo con un rewatch del vero Corvo. Ma se volete continuare così e farvi del male, finanziando la mancanza di creatività di Hollywood, buona visione. 

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Giulia Nino
Classe 1996, cresce basando la sua cultura su tre saldi pilastri: il pop, i Simpson e tutto ciò è accaduto a cavallo tra gli anni ’90 e 2000. Nel frattempo si innamora del cinema, passando dal discuterne sui forum negli anni dell’adolescenza al creare un blog per occupare quanto più spazio possibile con le proprie opinioni. Laureata in Giurisprudenza (non si sa come o perché), risiede a Roma, si interessa di letteratura e moda, produce un podcast in cui parla di amore e, nel frattempo, sogna di vivere in un film di Wes Anderson.