The Boys in the Band, Sala Umberto

The Boys in the Band del commediografo americano Mart Crowley arriva a Roma: da ieri fino al primo maggio 2022 sarà possibile vedere lo spettacolo alla Sala Umberto con la regia di Giorgio Bozzo e la traduzione e l’adattamento di Costantino della Gherardesca.

Michael, Harold, Emory, Bernard, Larry, Hank, Donald, Alan e il giovane cowboy sono i protagonisti di uno dei testi teatrali più importanti della cultura LGBTQ+. I loro interpreti, ieri, in occasione del debutto a Roma, hanno riportato a noi la carica emotiva, distruttiva e consapevole della pièce che debuttò a New York nell’off-Brodway nel 1968.

The boys in the band: ieri

Gli attori in scena non stanno solo recitando, ma si assumono la responsabilità di raccontare una storia ancora oggi importante e viva. Una festa di compleanno, quella del sottotitolo: Festa per il compleanno del caro amico Harold, non è che l’occasione per un serrato massacro teso a sfaldarsi l’uno con l’altro, pezzo per pezzo, solo per poi ritrovarsi.

L’autore è il drammaturgo Mart Crowley. Dopo il 1968, nel 1970 l’opera diventò un film, Festa per il compleanno del caro amico Harold, di cui Crowley curò la sceneggiatura per la regia di William Friedkin. Nel 2018 The Boys in the Band ha festeggiato 50 anni e il regista Joe Mantello ne ha diretto il revival, con la produzione di Ryan Murphy, riportandolo a Broadway. Nel 2020 torna a traslarsi in un film, con lo stesso cast artistico e tecnico del recente allestimento teatrale.

A due anni da quella trasposizione così intensa la versione italiana a firma di Giorgio Bozzo va in scena per la prima volta nel giugno 2019 con sei anteprime allo Spazio Teatro 89. A seguire con una replica speciale all’interno del PAC – Padiglione di Arte Contemporanea di Milano, una a Firenze il primo dicembre 2019 e al Teatro Nuovo di Milano, per poi fermarsi a causa della pandemia.

The boys in the band: oggi

Lo spazio del palco della Sala Umberto è allestito come l’appartamento di New York di Michael (Francesco Aricò), organizzatore della festa per i 32 anni di Harold (Paolo Garghentino). Due uomini diversi ma simili, in eterno conflitto, due amici che non riescono a fare i conti con le loro verità (e il mondo che li circonda).

Con loro la coppia formata da Hank (Ettore Nicoletti) e Larry (Federico Antonello), poi Donald (Gabrio Gentilini), Emory (Angelo Di Figlia) e Bernard (Alberto Malanchino).

Si aggiungeranno alla festa un cowboy ingaggiato come “regalo” speciale (Jacopo Adolini), e una vecchia ombra del passato di Michael, Alan, suo amico al college (Samuele Cavallo).

The boys in the band, Sala Umberto, Roma

Nove uomini calcano la scena e prendono confidenza con quello spazio che per la prima volta li accoglie: le voci si armonizzano, gli spazi si riempiono. Il debutto del loro The boys in the band, oggi, funziona nei silenzi prosciuganti del testo originale ma anche in quelle esplosioni di urla e sincerità che arrivano fino a noi provocando dolore come una ferita ancora sanguinante, soprattutto grazie al ruolo complesso del padrone di casa, Michael, che orchestra il flusso narrativo grazie all’interpretazione di Francesco Aricò. Non a caso Michael è la presenza autobiografica di Mart Crowley.

La regia e l’adattamento

Il lavoro di Giorgio Bozzo si unisce all’adattamento di Costantino della Gherardesca, insieme riportano la traduzione di The Boys in the Band curando la bellezza dei momenti leggeri e scagliandoci addosso l’aggressiva esigenza di vivere padroni della propria libertà, perfettamente espressa dal cast. Non capita spesso di far parte di una storia così significativa, se assisterete alla “festa di Harold”, non smetterà più di far parte di voi.

Info utili

SALA UMBERTO
martedì – sabato h. 21.00 / domenica h.17.00
Via della Mercede, 50, 00187 Roma

Tutte le info qui.

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Silvia Pezzopane
Ho una passione smodata per i film in grado di cambiare la mia prospettiva, oltre ad una laurea al DAMS e un’intermittente frequentazione dei set in veste di costumista. Mi piace stare nel mezzo perché la teoria non esclude la pratica, e il cinema nella sua interezza merita un’occasione per emozionarci. Per questo credo fermamente che non abbia senso dividersi tra Il Settimo Sigillo e Dirty Dancing: tutto è danza, tutto è movimento. Amo le commedie romantiche anni ’90, il filone Queer, la poetica della cinematografia tedesca negli anni del muro. Sono attratta dalle dinamiche di genere nella narrazione, dal conflitto interiore che diventa scontro per immagini, dalle nuove frontiere scientifiche applicate all'intrattenimento. È fondamentale mostrare, e scriverne, ogni giorno come fosse una battaglia.