Tra malattia mentale, Charles Baudelaire e Nicolas Boileau, continua la storia dell’alter ego di Manu Larcenet.
Dove eravamo rimasti? Il primo volume di Terapia di gruppo – La stella danzante (del quale abbiamo già parlato qui), edito da Coconino Press, ci aveva colpito positivamente, con il racconto autobiografico di Manu Larcenet e della sua crisi creativa come fumettista. Alla ricerca di una “stella danzante”, di un’idea geniale per rilanciare la sua carriera, il protagonista tra abuso di farmaci e problemi mentali, era finito in una clinica psichiatrica, lontano dalla sua famiglia.
Il primo volume, tra gag, ironia e profonda depressione, aveva gettato delle solide basi per questa serie, rimescolando in chiave ironica elementi culturali e usando come strumento il fumetto nel fumetto.
E Terapia di gruppo vol. 2: Concepire un’idea riprende proprio dal punto dove ci eravamo lasciati. Con il protagonista (lo stesso Larcenet) che, tra una pillola e l’altra, si ritrova a riflettere ancora sulla sua crisi professionale ma anche personale. Usando gli stessi strumenti del precedente, questo secondo volume si muove ancora con i fumetti disegnati dallo stesso, ma con nuovi personaggi e tematiche.
Nietzsche vs Boileau, caos contro comprensione
Se tutto il primo volume si era concentrato sulla ricerca, accompagnato costantemente da gag, di un’idea geniale dal caos mentale (anche tramite le droghe), questo secondo volume invece introduce la comprensione di se stessi, del proprio caos, come prima mossa del processo creativo.
Una dualità che lascia il protagonista in bilico tra le due opzioni, esplicitata nel surreale dibattito televisivo tra Friedrich Nietzsche (sostenitore del caos creativo) e Nicolas Boileau (sostenitore invece della conoscenza del proprio caos).
In questo contesto trova spazio anche un riferimento a Charles Baudelaire e al suo Albatros, utilizzato proprio per discutere la posizione dell’artista rispetto al resto del mondo. E, anche se inizialmente rappresentata come una sorta di supereroe mutante di scarso successo, torna costantemente per tutto il volume. Sia nei momenti dove il protagonista prende le sue pillole (trasformandosi in albatros) sia facendo incursioni in altre storie, fino alla morte finale (con grande disappunto di Baudelaire).
Se nel capitolo precedente le storie e i riferimenti fumettistici erano innumerevoli e vari, in questo secondo volume Manu Larcenet ne ha ridotto drasticamente il numero. O meglio, ne ha ridotto la varietà, riproponendoli più spesso. Se da un lato se ne sente la mancanza, questo ha permesso però la creazione di strutture comiche su più livelli ed allo stesso tempo, ha reso possibile le contaminazione tra un “fumetto fallito” e l’altro, introducendo quindi una maggiore varietà rispetto al volume precedente.
La sindrome di Stendhal: l’epifania
Anche in Concepire un’idea i riferimenti artistici fanno capolino e sono costante occasione di riflessione e di amara ironia. Come per “Le nove tappe del lutto artistico”, dove per ciascun passo d’accettazione dell’irraggiungibilità dei suoi idoli artistici, cita un diverso pittore riprendendone lo stile e riadattandolo al proprio.
O per il racconto sull’origine della sindrome di Stendhal durante il suo viaggio in Italia, forse uno dei momenti più divertenti di tutta l’opera. Ma anche più rilevanti ai fini del racconto, facendo rivivere la stessa esperienza al protagonista, con una conseguente epifania sulla sua situazione. Che nel finale si rivelerà per quella che è realmente, l’ennesimo costrutto teorico privo di fondamento, inapplicabile a livello personale. E che lo riporterà al punto di partenza.
Il tempo sospeso della malattia mentale
L’opera è (quasi) totalmente ambientata in un istituto psichiatrico. Ed ovviamente la malattia mentale è uno degli argomenti che lo contraddistingue dal volume precedente. Il muoversi del protagonista nel tempo sospeso della clinica, i rapporti con altri malati, gli incontri con i terapeuti, i farmaci, creano un loop che incastra il protagonista al suo interno. Ma che sembra non influenzare minimamente la vita di Larcenet (né la sua salute mentale) che continua con estenuante spinta la sua ricerca. Almeno fino alla conclusione.
Terapia di gruppo vol. 2: Concepire un’idea va oltre il precedente volume, e tolto il peso della realtà e gli impegni del quotidiano si configura come una bolla di riflessione per l’autore rispetto a questo ciclo di opere.
Il tempo sospeso dell’ospedale psichiatrico è lo stesso tempo sospeso del racconto, e che quindi per riflesso sembra procedere con costanza nel suo avanzare ma senza spinte deflagranti. Il lettore, esattamente come Manu Larcenet (il protagonista, non l’autore) viene catturato in questo ciclo di quotidianità e delirio creativo e trascinato a fondo nella sua mente. Con un costante sorriso malinconico.
Il finale, con il ritorno ad una (apparente) forma di normalità, segna il punto di partenza del prossimo volume, che non possiamo non aspettare con impazienza.
Un ringraziamento a Coconino Press, trovate questo secondo volume a questo link, e, se ve lo siete perso, il primo qui.
Continuate a seguire Framed! Siamo su Instagram ed anche su Facebook.