Il nuovo speciale comico di Ricky Gervais, Armageddon, rilasciato su Netflix lo scorso 25 dicembre, è per molti un regalo di Natale attesissimo, per altri una minaccia al buon senso. Come di consueto le stand-up dell’attore e comico inglese (tra i creatori della serie britannica The Office e vincitore, tra i tanti premi, di sette BAFTA Awards e tre Golden Globe) alzano il polverone del politicamente corretto, dando modo a Gervais di spingere ulteriormente su quelli che sono i suoi contenuti, volutamente irriverenti, estremamente diretti, ma con un obiettivo chiaro e fermo: ridicolizzare chi fa di quei contenuti dei manifesti, spesso guidando un Paese intero.
Lo stesso Gervais, ribadendo l’importanza del superamento dei limiti nel suo lavoro e i fastidiosi limiti di chi invece non ne capisce il senso, ha scritto sui suoi social: “In this show, I talk about sex, death, paedophilia, race, religion, disability, free speech, global warming, the holocaust, and Elton John. If you don’t approve of jokes about any of these things, then please don’t watch. You wont enjoy it and you’ll get upset” (In questo spettacolo parlo di sesso, morte, pedofilia, razza, religione, disabilità, libertà di parola, riscaldamento globale, olocausto ed Elton John. Se non approvi le battute su queste cose, per favore non guardarle. Non ti divertirai e ti arrabbierai), un disclaimer che mette decisamente le mani avanti.
Molto più strutturato di SuperNature (2022), Armageddon è un monologo serrato che anche nei momenti più liberi tiene salde le intenzioni del comico che sa già dove vuole arrivare; in confronto al precedente spettacolo però perde una freschezza che ci fa rimpiangere un pizzico di improvvisazione. Ostacolato ancor prima dell’uscita in streaming, con una petizione per cancellare lo show firmata da più di 12.000 persone indignate per una prima clip promozionale diffusa da Gervais, lo spettacolo più che essere irritante, è forse leggermente prevedibile.
Rassicurante nei contenuti per chi ama il comico e non si stanca di ascoltarlo mentre parla di fine del mondo per mano di stupidi esseri umani; ma senza guizzi particolarmente brillanti.
Politicamente scorretto perché socialmente impegnato
L’approccio alla comicità di Ricky Gervais esorta lo spettatore a spogliarsi di qualsiasi maschera la società imponga; questo perché le battute del comico si basano spesso su argomenti seri, forti, dei quali quasi mai si può parlare con leggerezza. Scavandoci dentro un bel posto per una risata, Gervais si diverte a far sentire in colpa il suo pubblico per una reazione ritenuta “scorretta”, ma al tempo stesso esorcizza i dogmi relativi al racconto della malattia, della morte, del sesso. Liberandosi e liberando con grande maestria, nascondendo dietro all’aggressività di un gioco di parole la sensibilità di chi non intende nascondere nulla sotto al tappeto: perché ridere è fondamentale per continuare a vivere insieme.
Così il suo personaggio sul palco è irriverente e sfrenato, insistendo costantemente sul suo status di personaggio, e quindi di costrutto non reale presente solo nel contesto dello spettacolo, e non fuori da esso. La clip teaser estrapolata da Armageddon che ha fatto infuriare in molti, mostrava la punta di un iceberg comico fatto di decostruzione, che trova la sua forza nell’estremizzazione di tematiche ritenute intoccabili, e rendendole protagoniste di un’analisi di cui la battuta è l’incipit di un’elaborazione più profonda. Si può scherzare sulle malattie oncologiche infantili? Gervais lo fa, ma partendo dal fatto che quelle battute potrebbero strappare un sorriso ai diretti interessati distogliendoli da una condizione in cui si ride pochissimo. Può piacere o meno, ma è importante che continui a farlo, perché avere paura della comicità, anche quando estrema, porta in breve ad avere paura delle parole, che è l’altro filo conduttore dello spettacolo.
Gervais e il suo Armageddon
Da un punto di vista più cosciente di ciò che Gervais fa da anni, sembra quasi che Armageddon si avvalga di rimanere immobile in un porto sicuro. Non che questo porto non sia un bel posto dove farsi una risata con un vecchio amico, ma non guarda verso nessun nuovo orizzonte. Concentrato sull’uso delle parole, sull’importanza di esse, sui confini e l’ambiguità, ci racconta una fine del mondo cinica che ci aspettavamo descritta così. E chi sa perfettamente che quel personaggio sfrontato è una derisione di tutto ciò che ci spaventa rimane un pochino deluso di non rimanere scioccato.
Candidato al Golden Globe per la Miglior Stand-Up Comedy, lo spettacolo è tutto ciò che vi potreste aspettare da Gervais: personalmente un bel regalo di Natale, come una sciarpa che adorate, ma che purtroppo vostra zia vi ha regalato già lo scorso anno.
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