Pearl Venezia 79

Nella notte a cavallo tra il 3 e il 4 settembre il Festival del Cinema di Venezia non è andato a dormire. Nella cornice della prestigiosa Sala Grande del Lido è stato presentato l’attesissimo Pearl alla presenza in sala dell’attrice protagonista Mia Goth e del regista Ti West, che si sono goduti gli scroscianti applausi del pubblico sia all’inizio della proiezione che al termine. Fuori Concorso, Pearl è così arrivato a farsi conoscere in tutta la sua maestosità, mescolando novità e formule consuete nella risoluzione che era già stata vincente per il suo predecessore X – A Sexy Horror Story.

La sfortuna di chiamarsi Pearl

1918, Texas. 60 anni prima degli eventi raccontati in X – A Sexy Horror Story, questo lungometraggio – girato in concomitanza con il suo predecessore – racconta una porzione della storia di Pearl (Mia Goth) e della sua giovinezza vissuta tra ambizioni e paure di un futuro che non potrà mai avere. In piena Prima Guerra Mondiale, Pearl ha un solo sogno: diventare una ballerina il cui nome deve essere – secondo lei – assai conosciuto. Ma il suo sogno è destinato a rimanere una chimera a causa delle sue condizioni di vita; padre infermo, madre severa, un matrimonio vincolante e con una fattoria da mandare avanti. Pearl non può fare altro che fantasticare su quello che potrebbe essere. Ma lei non è come le altre ed è disposta a tutto pur di raggiungere il suo obiettivo.

Protagonista assoluta, Pearl gode all’interno del suo omonimo prequel di una rappresentazione eccezionale, dove le caratteristiche che erano state solo accennate e quasi contornate all’interno di X – A Sexy Horror Story vengono delineate, approfondite e colorate. Rabbia, dolore, frustrazione ma anche ambizione sono le componenti maggiori all’interno della persona di Pearl, le stesse che fuoriescono come un’ondata per tutta la durata della narrazione, merito principalmente di due fattori: una sceneggiatura sporca e ridondante e l’interpretazione magistrale che ancora una volta Mia Goth è stata in grado di donarci.

Pearl è un film fuori dalle righe

Se X – A Sexy Horror Story è stato un film delle mille sfaccettature politiche, Pearl rema in direzione contraria. Nonostante siano presenti numerosissimi rimandi alla situazione in cui versa il mondo dove Pearl si ritrova costretta a vivere quasi fosse una gabbia, questo lungometraggio sottolinea la sfera psicologica della sua protagonista. Un’escalation continua di rabbia e dolore che trovano la loro massima espressione al termine, donando moltissime chiavi di lettura aggiuntive al film in cui Pearl era proprio l’anziana antagonista.

Un film che scrive fuori dalle righe che X – A Sexy Horror Story aveva solo tratteggiato finemente, in cui ancora una volta il cinema come arma di difesa e trasformazione di una realtà opprimente e il ruolo principale dato al corpo della protagonista sono due degli elementi che più hanno contribuito alla buona realizzazione dell’opera finale. Meno slasher e con più dialoghi, Pearl è ambizioso quanto il suo predecessore, nonostante a primo impatto si possa facilmente carpire il contrario. Una commedia horror che gioca sui toni del grottesco e dell’assurdo, pur sempre rimanendo fedele all’obiettivo che si era prefissato: raccontare una origin story.

Una danza macabra all’insegna della giovinezza

Il cinema torna qui a essere un altro protagonista assoluto delle vicende raccontate. Se in X era il voyeurismo e il proibizionismo del cinema erotico di fine anni ’70, in Pearl si ha, da parte della protagonista, la scoperta del cinematografo come elemento di liberazione dalla sua realtà, una continua estasi che alimenta la sua voglia di ribellione e cambiamento. Continuamente sottolineata è anche la giovinezza e, soprattutto, il fatto che questa capiti una sola volta nella vita. Pearl si appropria di questo comandamento e se ne aggrappa con forza, trasformandolo in elemento portante di tutte le sue azioni. Giovinezza e ballo si fondono in una macabra danza, coreografata dalla stessa inarrestabile Pearl.

Con moltissimi elementi che rimandano ad X (la presenza del coccodrillo, il laghetto, passando per il rastrello all’interno della stalla) il regista Ti West aggiunge elementi nuovi alla storia, fino ad ora sconosciuti. Il rapporto tra Pearl e la sua fredda madre è uno di questi e si trasforma in brevissimo tempo ad essere il fulcro principale di tutta la narrazione. Con un’estetica molto più vivida rispetto ad X, Ti West gioca ad un continuo ribaltamento tra commedia e drammaticità, mescolando alla sceneggiatura scritta da lui in collaborazione con Mia Goth, delle musiche incalzanti e crescenti che vanno a completare la cornice di una origin story entusiasmante, mai monotonale e tremendamente riuscita.

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Rebecca Fulgosi
Mi chiamo Rebecca, classe 2000 e ho una passione smisurata per il mondo della settima arte. Studio alla facoltà di Beni Culturali con il sogno di diventare critica cinematografica, perché guardare film è una delle cose che mi riesce meglio. Il mio genere preferito è L’horror insieme ai cinecomic di cui sono appassionata sin da piccola. Tra i miei film preferiti: "La La Land", C’era una volta a ...Hollywood", "A Star is Born", "Jojo Rabbit" e "Titanic". Le mie serie preferite, "American Horror Story" e "La casa di carta".