Dalle pagine di Chiara Palazzolo una trasposizione violenta della storia d’amore tra Mirta e Robin, tornati dopo la morte per amarsi ancora.
Le prime immagini promozionali del film mi avevano tratto in inganno: ero convinta che sarei andata incontro ad un Twilight shakerato con Baby e servito con qualche escamotage da b-movie.
Non mi uccidere, secondo lungometraggio del regista Andrea De Sica, non è Twilight, ma ricorda più interessanti trasposizioni di storie di non morti dell’ultimo cinema straniero. I suoi punti di forza stanno in una regia che non ha bisogno di fronzoli per raccontare e il soggetto, liberamente tratto da un romanzo che si differenzia da tante narrazioni di genere gothic prevalentemente stereotipate.
Non mi uccidere: il romanzo di Chiara Palazzolo
Mirta ama Robin alla follia, lui le promette che il loro amore durerà in eterno, anche dopo la morte. E per questo, la ragazza, esce dalla tomba in cui è stata sepolta accanto al suo amato, ma lui non è lì ad aspettarla. Nel libro di Chiara Palazzolo, Mirta si muove alla ricerca di Robin, sola e incerta, con una fame che le cresce dentro. Il linguaggio lineare e pulito della scrittrice ha saputo dare forma ad una narrazione gotica dark unica, che da una storia d’amore tra adolescenti si trasforma nell’autoaffermazione di una donna a cui è stato imposta una fine, e un inizio indesiderato.
Nonostante la trilogia letteraria si riferisca ad una storia tra ragazzi molto giovani, il tono lascia trasparire raramente caratteri teen, e gli scenari sono contemplativi in un percorso a cui Mirta si adatta, iniziando a ri-vivere come una “sopramorta”.
Non mi uccidere: il film di Andrea De Sica
Il film di Andrea De Sica un teen drama lo è eccome, a partire dalla scelta dei due protagonisti, Alice Pagani di Baby e Rocco Fasano di SKAM Italia, ma ha qualcosa in più. Si affida a rappresentazioni ed estetiche che richiamano storie di “vampiri” di un certo spessore. Se la riduzione al minimo necessario dei dialoghi dà modo alla forza delle immagini di avere la meglio, la violenza e la tortura dei corpi rappresentate come fredde e necessarie azioni di sopravvivenza superano l’effetto spesso inefficace dell’horror made in Italy.
E la memoria cinematografica va alla descrizione a rallentatore della notte di una ragazza senza nome, in A Girl Walks Home Alone at Night (Ana Lily Amirpour, 2014), o alle atmosfere enigmatiche di Lasciami entrare (Låt den rätte komma in, Tomas Alfredson, 2008). Nelle scene girate da Andrea De Sica prevale un gusto fortemente europeo. I due protagonisti passano dall’essere statici personaggi adolescenti a mostri non morti che fanno della loro violenza l’unica via d’uscita, e sono convincenti. In particolare l’interprete di Robin, il Niccolò di SKAM Italia, che incarna intensamente il suo personaggio (recuperate il libro e capirete).
Nel cast anche Silvia Calderoni, performer, attrice e autrice, interprete principale della compagnia Motus, (e Premio Ubu 2009 come miglior attrice under 30), una presenza inaspettata e potentissima, qui con un ruolo enigmatico, visceralmente legato alla padronanza fisica che contraddistingue tutto il lavoro dell’interprete.