Non aprite quella porta (1974)
Non aprite quella porta (1974), Vortex Inc., Cannon Films

“Il film che state per vedere è un resoconto della tragedia che è capitata a cinque giovani, in particolare a Sally Hardesty e a suo fratello invalido Franklin. Il fatto che fossero giovani rende tutto molto più tragico, le loro vite furono stroncate da eventi così assurdi e macabri che forse neanche loro avrebbero pensato di vivere. Per loro un’idilliaca gita pomeridiana estiva si trasformò in tragedia. Gli avvenimenti di quella giornata portarono alla scoperta di uno dei crimini più efferati della storia americana’’. Si apre in questo modo uno dei lungometraggi destinati ad essere uno dei più apprezzati nel campo del cinema horror: Non aprite quella porta.

Realizzato nel 1974 con un basso budget, The Texas Chain Saw Massacre (il titolo originale) è un horror indipendente diretto dall’esordiente Tobe Hooper, entrato nell’immaginario collettivo come uno dei primi slasher (sottogenere dell’horror), tramutandosi con il tempo in un vero e proprio cult.

La trama verte attorno ad un gruppo di ragazzi che, in un afoso pomeriggio estivo (più precisamente il 18 agosto 1973), decide di far visita ad un cimitero recentemente profanato dove è sepolto il nonno di Sally e Franklin Hardesty, due membri della compagnia. Dal momento in cui cominciano ad esplorare i dintorni -SPOILER- i giovani si troveranno faccia a faccia con una famiglia di cannibali e verranno perseguitati dal terribile Leatherface (Gunnar Hansen).

Non aprite quella porta (1974), locandina

L’INIZIO DI UN’ERA

Così come Psyco (1960) e Il silenzio degli innocenti (1991), anche Non aprite quella porta è liberamente ispirato alla terribile storia del serial killer Ed Gein, che uccideva le sue vittime per poi utilizzare la loro pelle nella creazione di oggetti e indumenti. Il lungometraggio rappresenta un nuovo inizio per il cinema horror. Se Psyco rimane un thriller senza mai sfociare nella brutalità grafica, in questo caso siamo di fronte a una rappresentazione cruenta e macabra che, nonostante non si veda tutto ciò che accade ma molto venga relegato all’immaginazione, riesce in egual modo a risultare incisiva e disturbante.

Come tutte le novità, l’audacia rappresentativa di questo film al momento dalla sua uscita non è stata ben accolta da tutti. Molti lo hanno definito troppo violento e disturbante, e il risultato è stato l’ottenimento della censura e di vari tagli, che hanno portato il film ad essere vietato ai minori di 18 anni in molti Paesi. D’altro canto, però, sono state molte le personalità che lo hanno elogiato, definendolo come uno dei film horror più importanti dopo La notte dei morti viventi, considerando l’interpretazione di Marilyn Burns come una delle migliori prove attoriali di genere.

IL REALISMO

Una delle cose che salta più all’occhio durante la visione del film è il fatto che sia impregnato di un realismo estremo, tanto nella messa in scena che nella fotografia, passando infine per il sonoro. Utilizzando la tecnica del falso documentario, la componente realistica risulta maggiormente evidente, tanto da convincere lo spettatore stesso che quello che sta guardando sia realmente accaduto. I colori utilizzati e la fotografia sgranata restituiscono l’atmosfera della torrida estate nella quale la narrazione è stata inserita e valorizzano l’ambientazione rustica e sporca della storia. Il sonoro, composto da Tobe Hooper in collaborazione con il musicista Wayne Bell, è elemento portante imprescindibile della creazione dell’atmosfera di terrore; un particolare accento è posto sul rumore prodotto dalla natura circostante, che scompare improvvisamente nelle sequenze del massacro, dove rimangono udibili solamente le urla.

Tra le inquadrature, prevalgono i dettagli di elementi naturali “sporchi”, ma anche close-up sul volto disperato della giovane Sally, che contribuiscono a suscitare una sensazione di fastidio nello spettatore.

La brutalità si riflette anche nella rappresentazione della famiglia di cannibali che prova odio nei confronti dell’umanità, un odio profondo che li porta addirittura a cibarsene. La scelta poi di comprimere la vicenda in appena un’ora e mezza di narrazione è risultata geniale, dando vita a quel capolavoro che poi è stato d’ispirazione per la realizzazione di film come quelli dei franchise di Venerdì 13 e Halloween.

L’iconografia di Leatherface e l’impatto culturale che la pellicola è stata in grado di generare è fuori scala. Moltissimi hanno tentato di riproporre a modo loro storie simili a Non aprite quella porta, non riuscendo però a ricreare un qualcosa che avesse la stessa atmosfera. Nel corso degli anni molti sono stati i sequel, i remake e gli spin-off realizzati; l’ultimo, con il medesimo titolo, è uscito su Netflix il 18 febbraio.

Siete pronti/e per questo rewatch o vi fiondate sul nuovo?

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Rebecca Fulgosi
Mi chiamo Rebecca, classe 2000 e ho una passione smisurata per il mondo della settima arte. Studio alla facoltà di Beni Culturali con il sogno di diventare critica cinematografica, perché guardare film è una delle cose che mi riesce meglio. Il mio genere preferito è L’horror insieme ai cinecomic di cui sono appassionata sin da piccola. Tra i miei film preferiti: "La La Land", C’era una volta a ...Hollywood", "A Star is Born", "Jojo Rabbit" e "Titanic". Le mie serie preferite, "American Horror Story" e "La casa di carta".