Pierluigi Gigante in una scena di Nata per te
Pierluigi Gigante in una scena di Nata per te, regia di Fabio Mollo. Foto di Gianni Fiorito

Cos’è una famiglia? È un luogo ideale, uno spazio sicuro in cui l’affetto conta più dei legami di sangue e a volte anche più della legge. Quando la legge è ingiusta.

A dimostrarlo è la storia di Luca Trapanese e della piccola Alba, raccontata Fabio Mollo in Nata per te. Una storia che siamo in molti a conoscere già, attraverso i titoli dei giornali, ma che Trapanese ha voluto ripercorrere dal suo punto di vista nel 2018, con la pubblicazione dell’omonimo libro Einaudi (scritto a quattro mani con Luca Mercadante).

Il successivo incontro con Fabio Mollo è uno di quegli incontri casuali, fatali, se si crede nel destino. Quello di due moti che, da direzioni opposte, si incontrano nello stesso punto. Prima di approdare al cinema con Vision Distribution, Cattleya e Bartleby Film infatti, Mollo cercava già un modo per portare Luca e Alba sul grande schermo.

Delicatezza, dedizione e tanto, tanto amore

Non c’è forse al momento in Italia un altro regista che avrebbe potuto dare forma cinematografica a questa storia come ha fatto Fabio Mollo. E non solo perché si tratta di una storia Lgbt, ma perché un tema ricorrente nei suoi film è proprio l’esplorazione della paternità dal punto di vista di un uomo gay. L’aveva fatto, splendidamente, con Il padre d’Italia. Lo fa, di nuovo, e questa volta con una consapevolezza e con un’attenzione ancora maggiori, perché è di persone reali che sta parlando.

La delicatezza dello sguardo, il senso estetico “del bello”, la composizione equilibrata dell’immagine sono tutti elementi rintracciabili in altri film precedenti, una firma che lo rende sempre più riconoscibile. Ciò che ancora mancava, forse, e che in Nata per te si mostra con forza, è la capacità di lanciare un messaggio sociale.

Nella sincerità con cui racconta diversi aspetti della vita quotidiana di Luca (uno straordinario Pierluigi Gigante, di cui si spera si sentirà parlare ancora) Mollo fa una dichiarazione politica, che lo voglia o meno. Fa un film queer, che racconta una famiglia queer. Composta tanto da Luca e Alba quanto dalla comunità in cui Luca lavora, dall’infermiera dell’ospedale o dall’avvocata che prende in carico l’adozione (Teresa Saponangelo, splendida anche lei nel film).

E se qualcuno pensava già di conoscere la storia di Luca e Alba solo perché l’aveva letta sulle pagine di cronaca o vista in tv, guardando Nata per te dovrà un po’ ricredersi. Dovrà capire che oltre i titoli che fanno notizia, oltre il “padre gay single che adotta bambina con sindrome di down”, ci sono decine di altre storie che si incrociano. C’è un desiderio profondo di paternità, di cui si parla sempre troppo poco, e un grande, grande amore da raccontare.

Anche se renderlo possibile dovesse essere più difficile che “andare su Marte”. E anche quando, anzi soprattutto quando “il mondo non lo vuole più”: è un canto libero, come diceva Lucio Battisti (e dopo aver visto Nata per te non riuscirete più ad ascoltare questa canzone senza occhi lucidi).

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