Memorias de un cuerpo que arde è la conversazione immaginaria che la regista Antonella Sudasassi, nata in Costa Rica, avrebbe voluto avere con le sue nonne. Un film di confessioni e autoconsapevolezza tutto al femminile, in cui il racconto delle esperienze passate si alterna al raggiungimento di una serie di certezze, raggiunte grazie alla conquista del proprio posto nel mondo, indipendente e personale, della propria sessualità e del corpo più volte giudicato e abusato.
Lo spazio filmico raccoglie e mette in scena i ricordi e le confessioni di tre donne (che rimangono nascoste alla camera), attraverso l’attrice Sol Carballo che ne interpreta le parole.
Ana, Patricia e Mayela, rispettivamente di 68, 69 e 71 anni, si confidano senza mostrarsi; questo fornisce loro la possibilità di non aver paura di rivelare i sentimenti più nascosti, la memoria dolorosa di un trascorso colmo di repressione, in cui abitare un corpo femminile non è mai stato facile. Ma la memoria è anche quella di una seconda giovinezza, vissuta fuori dai dogmi e dai tabù che le hanno soffocate prima di raggiungere un equilibrio cosciente, al di fuori del genere, in grado di liberarle.
Il teatro della propria vita
Il film si apre dichiaratamente con una costruzione cinematografica: l’attrice entra sul set, passa per il trucco, viene inquadrata dalla camera, ma quando viene dato il ciak d’azione, la finzione di scenografie e oggetti di scena evapora, ogni cosa diventa parte della vita vissuta dalle tre narratrici esterne, dal giradischi ai vestiti appesi nell’armadio; le loro esperienze, così simili e inclini ad assomigliarsi, danno l’impressione che a parlare sia un’unica voce.
La casa si apre al passaggio di passato e presente, mostra l’infanzia, l’adolescenza, la prigione di un matrimonio sbagliato e la solitudine, come in un vero e proprio teatro accoglie la rappresentazione di tre esistenze sovrapposte in un’unica storia. L’occhio della regista è al tempo stesso invisibile e onnipresente, e l’intreccio degli eventi si comunica come un gigantesco spettacolo con un copione volutamente non lineare. A colpire nell’opera di Sudasassi, che prima di arrivare a La Nueva Ola ha vinto il Premio del Pubblico nella Sezione Panorama della Berlinale 2024, è la delicata ironia con cui viene messo in scena lo scorrere del tempo, anche quando quel tempo sembrava non passare mai, o quando momenti atroci hanno pesato così tanto da sembrare una condanna a morte.
Cinema e ricerca documentaria si uniscono per scavare argomenti solitamente poco trattati, come la sessualità femminile dopo una certa età, la menopausa, la necessità di sentirsi vive nel proprio corpo.
Essere donna è bello
Essere donna è bello, dice una delle tre voice over, non avrei mai voluto essere un uomo, continua, ma essere donna comporta una grande vulnerabilità, quella provata sulla propria pelle per anni per colpa di una società fortemente repressiva e maschilista, fondata su un impianto retrogrado di sottomissione e regole non scritte.
Le protagoniste del racconto, forti di una grande leggerezza, ripercorrono i loro momenti più oscuri, quelli intrisi di violenza domestica e insoddisfazione, mettendo in primo piano il loro bisogno di essere amate prima come esseri umani, poi come donne, madri o mogli.
Memorias de un cuerpo que arde ci parla di una società che sta cambiando, seppur molto lentamente, e a dimostrarcelo sono le eroine sopravvissute ad un’ideologia sociale che le ha piegate in schemi precostituiti e opprimenti. Il film è probabilmente quella conversazione che chiunque avrebbe voluto avere con le proprie nonne, nella tenera consapevolezza di quanto costituisca una lotta continua essere una donna e scegliere per sé, a prescindere dalle imposizioni di uno sguardo inquisitorio o di una violenza perpetrata e ancora oggi problematica.
Potete trovare una selezione di film del Festival del Cinema Spagnolo e Latinoamericano su MyMovies.it nella sezione La Nueva Ola.
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