Prosegue con Lui è tornato la nostra rubrica mensile in collaborazione con l’ufficio stampa musicale Conza Press
Il 6 ottobre 2015 usciva nelle sale tedesche Lui è tornato, film diretto da David Wnendt e basato sull’omonimo romanzo di Timur Vermes. Successivamente, il film è stato reso temporaneamente disponibile su Netflix e il 26 aprile del 2016 abbiamo avuto il piacere di vederlo nelle sale italiane grazie a quei grandissimi prodi della Nexo Digital che in materia di distribuzione sanno sempre come deliziarci.
La premessa della storia si basa su un’idea semplice e quasi ai limiti dell’assurdo: che cosa succederebbe se Hitler resuscitasse e si risvegliasse nella nostra epoca? Il solo concetto è talmente paradossale da risultare comico. Ma se ai giorni d’oggi una commedia del genere risulta piacevole è solo perché è passato un arco di tempo sufficiente a far prendere le dovute distanze da quello che è stato il dramma del nazismo, tanto che, anche all’interno del film, nessuno dei personaggi sembra mostrare particolare disagio alla vista di quella figura così dannatamente identica al Führer sia nei modi che nell’aspetto. Nessuno, tranne la nonna della co-protagonista che i campi di concentramento li ha vissuti sulla propria pelle, e alla vista del redivivo carnefice non può far altro che dare di matto.
Al contrario, egli diventa una vera e propria celebrità, un personaggio televisivo con migliaia di fan perché, sotto sotto, il black humor piace un po’ a tutti. In fondo, però, nessuno potrebbe mai pensare di organizzare davvero un nuovo sterminio di massa… o no? E se anche qualcuno dovesse pensarlo davvero, si tratterebbe solo di una minoranza, non affatto pericolosa… o no?
Quello su cui dovremmo riflettere è che nessuna delle conquiste degli ultimi settantacinque anni dovrebbe essere data per scontata. Mai. Perché se è vero che di acqua sotto i ponti ne è passata, è anche vero che non dovremmo mai illuderci di essere immuni dalla malvagità, perché essa è intrinseca nell’Essere Umano come un virus dormiente e a volte basta una piccola disattenzione perché si manifesti nella sua forma più aggressiva dando vita ad un’epidemia che si diffonde a macchia d’olio (ogni riferimento ai recenti avvenimenti virali è puramente causale).
Del resto, lo stesso Hitler era stato considerato da molti come un pazzo che non avrebbe mai fatto strada, è stata però la Storia a dimostrarci il contrario. Quindi, cogliamo l’occasione per ricordarci di non prendere mai sottogamba gli estremismi apparentemente impossibili, di qualunque colore essi siano, perché come ci insegnava Hannah Arendt: il Male è qualcosa di estremamente banale.
Ad ogni modo, per alleggerire gli animi, visto che è da poco passata la Pasqua e visto che in questo articolo abbiamo parlato di resurrezioni impossibili, abbiamo pensato che in fondo al cuore tutti noi abbiamo un personaggio del passato che vorremo veder tornare in vita. E visto che in questa rubrica parliamo di cinema e musica, abbiamo chiesto a cinque cantautori o band qual è un artista che vorrebbero riportare in vita e perché la loro musica è ancora attuale.
GIONTA
Gionta è il nome d’arte di Antonio Francesco Daga, cantautore classe 1995 originario di Sassari. Lo scorso 26 marzo è uscito su tutte le piattaforme digitali Eyes of a desperate soul, secondo album della sua carriera musicale che si caratterizza per la varietà di influenze che spaziano dal reggae alla dub, dall’elettronica al cantautorato, con elementi che vanno dal pop al tribale.
Direi assolutamente David Bowie, visionario e sperimentatore. Consiglierei Life on Mars, Space Oddity o tutto il suo periodo “Ziggy Stardust” dove chiaramente fa un’analisi della società umana (che vale anche ad oggi) estraniandosi dalle sue dinamiche. Questa linea l’avevo usata anche nei testi del mio primo EP Space Monkeys.
DONGO D
Dario Dongo, è un produttore e cantautore, classe 1984. A due anni e mezzo componeva puzzle sotto il pianoforte che suonava sua madre, e da lì è nata la sua passione per lo strumento anche se tuttavia, non affronta mai seriamente a livello didattico. Di recente, è uscito il suo primo singolo dal titolo Il mostro che hai dentro.
Vorrei poter chiacchierare e suonare insieme a Lucio Battisti. Tanto sperimentale e azzardato che cantava l’amore ed il dolore da essere umano, profondo e trascendente allo stesso tempo, così affine al particolare ma anche universale. E se sei così non puoi che essere senza tempo. Il veliero ad esempio. Non possiamo non esser coinvolti anche oggi! La paura, le domande su ciò che sarà dopo una separazione, ciò che saremo mentre la nostra vita ci sta portando altrove.
ELISEO
Eliseo, crotonese classe 1998, studia musica sin da piccolo, approcciandosi al pianoforte come primo strumento, per poi esplorare il mondo della batteria ed ultimamente della chitarra. Dopo diverse esperienze in varie band, da qualche anno scrive quello che gli passa per la testa e per il cuore. Fragile è il suo ultimo singolo, un invito a sentirsi e mostrarsi fragili, come siamo, nonostante tutto.
Non posso che rispondere Rino Gaetano, mio concittadino. Mi piacerebbe molto poter fare quattro chiacchiere con lui, riguardo la sua vita, riguardo la sua musica e nello specifico su Nuntereggae più che nata negli anni ’70 e oggi è più viva che mai (come tutte le sue canzoni d’altronde). Rino era un genio e in questa sua canzone ha descritto in maniera chiara e puntuale la nostra Italia, piena di vizi e problemi che (ahimè) dopo 50 anni persistono ancora.
NAIMA
I Naima sono un duo lombardo (formato da Lorenzo Rocca e Nader Ismail) che ha da poco pubblicato un EP di debutto omonimo nato durante un viaggio (mal)organizzato alla volta di Lione. La musica che prende vita all’interno del disco, pur avendo forti radici nel cantautorato italiano, si dirama abbracciando influenze diversissime, dal jazz all’indie, passando per l’elettronica, la dance e il pop.
Lorenzo: Mi piacerebbe riportare in vita Johann Sebastian Bach. Penso che tale situazione darebbe luogo ad alcuni paradossi ironici, come i suoi fan più intransigenti alle prese con Bach che suona i suoi pezzi diversamente dalle interpretazioni sacralizzate nel canone della musica classica, oppure il suo primo ascolto di A whiter shade of pale. Più seriamente, però, sarei curioso di vederlo giocare con un moog subharmonicon, o un polybrute [cioè sintetizzatori, ndr]. Chissà se il suo genio era trasversale agli strumenti, oltre che ai secoli.
GIOVANNI CARNAZZA
Giovanni Carnazza nasce il giorno del suo trentesimo compleanno, il 17 dicembre 2018, quando decide di pubblicare il suo primo singolo da solista. Dopo anni in cui l’unica cosa che gli era rimasta era il suo dolore fisico, eredità di un duplice intervento chirurgico sbagliato al volto a cui tuttora non si riesce a porre rimedio, decide di prendere in mano la sua vita, amandola e rispettandola in tutte le sue forme. Di recente è uscito il suo nuovo singolo, Come poche cose al mondo.
Sarò banale ma l’artista che riporterei in vita è Kurt Cobain, morto, come sappiamo, suicida nel 1994. I Nirvana hanno rappresentato tanto per me durante l’adolescenza, facendomi sentire meno solo in tutti i miei drammi esistenziali. Poche volte sono riuscito a ritrovare una sofferenza così grande cantata – anzi urlata – così chiaramente. Il brano che consiglierei è una cover: The man who sold the world, scritta da David Bowie e riarrangiata e cantata da Kurt in maniera veramente struggente.