Tre anni di carcere contro venticinque in banca, bloccato in un lavoro sempre uguale, in una vita sempre uguale: con seicentomila dollari in tasca, cosa sceglieresti?
Rodrigo Moreno, regista argentino classe 1972, rappresentante del cosiddetto “Nuovo Cinema Argentino”, prova a mettere in scena una possibile risposta, attraverso la storia di Román et Morán e poi di Ramón, Norma e Morna (sì, sono tutti anagrammi, protagonisti anche di una grande scena comica).
Per la prima volta a Cannes, Moreno presenta il suo film Los Delincuentes nella sezione parallela Un Certain Regard. Una critica ironica al capitalismo e alla produttività forzata, alla mentalità che obbliga a lavorare per vivere.
In una Buenos Aires che sembra venir fuori direttamente dagli anni Ottanta e dalle atmosfere di Argentina, 1985, si scopre invece che siamo nel tempo presente (le mascherine sui volti delle comparse ne sono un primo indizio, poi confermato dalla presenza degli smartphone). Moreno usa pienamente la cupezza e il senso di oppressione della scenografia e dei costumi dell’Argentina post-Videla per delineare un contesto di angoscia e costrizione. Contesto che caratterizza l’intera prima parte del film, separata dalla seconda da un cartello e una dissolvenza a nero, per non lasciare alcun dubbio circa la natura differente delle due metà dell’opera.
Scelte di regia: Prima parte
Zoom, teleobiettivi e inquadrature impallate: la grammatica cinematografica della prima parte suggerisce già un preciso genere, il poliziesco che sbircia tra i suoi personaggi alla ricerca del colpevole, mescolandosi a qualche nota di noir e a qualche citazione d’autore, come la scena inconfondibile del Jean-Paul Belmondo a torso nudo sul letto di Fino all’ultimo respiro.
Morán ha fatto i suoi calcoli. La cifra che senza difficoltà ha rubato alla banca di cui è fidato impiegato equivale a tutti gli stipendi che lo separano dalla pensione. Non ne può più, è pronto a rischiare tutto pur di cambiare vita. Nel suo dettagliato piano ha scelto anche il complice perfetto, Román, l’unico collega che al momento della rapina non si trovava in banca e dunque l’unico che non può denunciarlo né restituire il denaro che Morán gli affida senza al contempo autodenunciarsi come complice.
Morán dopo una breve fuga decide di costituirsi, come previsto fin dall’inizio: per buona condotta sarà rilasciato in un tempo minimo rispetto alla condanna a cui è costretto in banca. Román, tuttavia, non resiste alla pressione sul luogo di lavoro e della sua coscienza, è ossessionato dalla presenza del denaro nascosto in casa sua, perciò chiede aiuto all’ormai complice per poterlo nascondere altrove.
Scelte di regia: Seconda parte
Nel momento esatto in cui Román si libera dal peso dei dollari accade qualcosa di inaspettato, il film si trasforma in tutt’altro, si apre alle distese e ai paesaggi fuori da Buenos Aires, respira, entra nella natura e accoglie tre nuovi personaggi. Fra loro, Norma diventa il perno centrale della seconda metà, tutto ruota intorno a lei, comprese le attenzioni dei due protagonisti.
Fra i verdi e i gialli della campagna, fra l’acqua dei ruscelli e le passeggiate a cavallo, la seconda parte assume i contorni del sogno – un po’ bucolico – di una vita desiderata e in fondo irraggiungibile, a cui Morán aspira fin dall’inizio e Román scopre durante le ore trascorse con Ramón, Norma e Morna.
Una vita spezzata a metà
Il cambio di passo è tangibile e ha perfetto senso. Non è tuttavia strettamente necessario. Si tratta di una scelta di regia precisa, che sperimenta con i generi così come sperimenta con le immagini e i suoni, tra dissolvenze, split screen ed esperimenti immersivi di suono 4D, almeno così come proiettato nella Sala Debussy di Cannes, dove alcuni elementi sonori accerchiavano il pubblico e non provenivano soltanto dallo schermo e dalla parte anteriore della sala.
Ciò che rende coerente queste scelte con la storia narrata, al di là del fatto che si tratta di scelte d’autore, è la netta separazione tra “il colpo” e “l’attesa”. Mantenere l’atmosfera della prima parte per tutto il film non avrebbe retto nella durata complessiva. Spezzarla, invece, in due metà totalmente diverse è un colpo da maestro che permette di ricordare Los Delincuentes in mezzo a decine di altri film visti nello stesso periodo al Festival e farlo sedimentare, apprezzandone il messaggio politico e sociale, l’ironia e la volontà di intrattenimento.