Il cast di Leggere Lolita a Teheran
Il cast di Leggere Lolita a Teheran

Un libro, per non essere dimenticato e per trovare un senso nella vita di chi lo legge, deve mettere a disagio. Deve portare a pensare qualcosa che non si è mai pensato prima, deve costringere a guardare il mondo da un’altra prospettiva. È qualcosa che, parafrasando un po’, afferma anche Golshifteh Farahani nel ruolo di Azar Nafisi in Leggere Lolita a Teheran.

A ventun anni dalla sua pubblicazione, infatti, il bestseller-memoir della professoressa e autrice iraniana (edito in Italia da Adelphi), già tradotto il 32 lingue, arriva per la prima volta al cinema, attraverso lo sguardo del regista israeliano Eran Riklis (La sposa siriana, Il giardino di limoni).

Al cinema dal 21 novembre 2024 con FILMCLUB Distribuzione, è in concorso e in anteprima assoluta alla Festa del Cinema di Roma.

Leggere Lolita a Teheran. A memoir in books

C’è un elemento, centrale, che distingue Leggere Lolita a Teheran. Il memoir di Azar Nafisi è un libro che parla di libri, un libro che usa il potere della letteratura come arma rivoluzionaria, in mano a sette donne: Nafisi stessa e le sue sei studentesse segrete, che sfidano il regime della Repubblica Islamica e trovano la loro libertà fra le pagine di Jane Austen, Henry James, Francis Scott Fitzgerald o Vladimir Nabokov. Con questo in mente, non è possibile farne un film senza porre il libro al centro, tanto come simbolo di resistenza quanto come mezzo concreto, fra le mani delle protagoniste.

Eran Riklis lo intuisce fin da subito (grande appassionato dell’opera di Nafisi, la prima volta che ha pensato di farne un adattamento è stata nel 2009). Per questo la sua versione di questa storia è un inno al potere della letteratura, intesa in generale come cultura. E un inno al potere delle donne.

Golshifteh Farahani in Leggere Lolita a Teheran. Foto di Marie Gioanni
Golshifteh Farahani in Leggere Lolita a Teheran. Foto di Marie Gioanni

Riklis, come regista, consapevolmente o meno si fa da parte. Non impone una sua visione, non forza l’intimità con i propri personaggi. Resta un occhio attento, ma mai troppo vicino, pronto a cogliere ciò che le sue splendide protagoniste sono pronte a condividere scena dopo scena.

Il suo sguardo funge da documento, proprio come le fotografie che introducono ciascuna della quattro parti del film. Ricerca cioè un grado di realismo che lo introduce come un testimone silenzioso nella storia e nelle lezioni di Azar Nafisi, trasmettendo bene il senso di urgenza e di pericolosità di quelle riunioni, così come la loro assoluta necessità. Una questione di vita o di morte, senza mezzi termini.

Riklis cerca cioè di rimanere fedele alla natura fattuale del testo. Sa bene che la storia raccontata è vera, che le donne di cui parla sono esistite veramente, con altri nomi, e hanno davvero rischiato la loro vita pur di poter affermare la loro esistenza, la loro volontà e la loro libertà attraverso il semplice atto di leggere un libro proibito. La sua regia trasmette con rispetto e ammirazione tutto questo, cercando di non aggiungere né drammatizzare niente che non sia strettamente necessario.

Il resto lo fanno le notevoli interpretazioni. Oltre alle più note Golshifteh Farahani e a Zar Amir-Ebrahimi (Holy Spider, Tatami), il cast è composto da Mina Kavani, Bahar Beihaghi, Raha Rahbari, Isabella Nefar e Lara Wolf. A loro si aggiungono Shahbaz Noshir nel ruolo del mago – collega e amico di Nafisi, di cui l’autrice non ha mai rivelato l’identità – e Arash Marandi nel ruolo di Bijan, marito di Azar Nafisi.

La struttura di Leggere Lolita a Teheran

Così come nell’opera letteraria, il regista sceglie di mantenere il sottotitolo, A Memoir in Books e perciò anche la divisione in quattro parti, ciascuna dettata dal titolo di un romanzo e da un tema portante.

Gatsby è il racconto del sogno fallito della rivoluzione. Ambientato nel 1979, ripercorre il ritorno di Azar Nafisi e del marito in Iran e la progressiva consapevolezza di ciò che sarebbe diventato l’Iran con l’ayatollah Khomeyni. È il momento in cui Nafisi, per esempio, rifiuta inizialmente di indossare l’hijab per insegnare all’università, dovendosi però poi uniformare per non essere imprigionata e torturata nel carcere di Evin, come molte sue studentesse militanti.

Lolita, ambientato oltre dieci anni dopo, è il momento in cui Nafisi sceglie di dare le dimissioni dall’università e iniziare i seminari segreti in casa, invitando Mahshid, Yassi, Mitra, Nassrin, Azin, Sanaz e Manna. È il momento in cui Leggere Lolita a Teheran spiega anche il suo titolo, essendo la parte in cui di parla di oppressori e oppressi, di uomini che controllano la vita delle donne così come la il governo iraniano, come Humbert con Lolita, «impone il suo ideale sulla nostra realtà, trasformandoci in frutti della sua stessa immaginazione».

Zar Amir e Bahar Beihaghi (dietro) in Leggere Lolita a Teheran. Courtesy of FILMCLUB Distribuzione
Zar Amir e Bahar Beihaghi (dietro) in Leggere Lolita a Teheran. Courtesy of FILMCLUB Distribuzione

Daisy Miller (o James) racconta la guerra tra Iran e Iraq e quindi il totalitarismo che distrugge qualsiasi idealizzazione rimasta della rivoluzione. È una parte che si focalizza molto anche sugli uomini, pur restando dalla prospettiva femminile di Azar Nafisi stessa. Sono infatti gli uomini, tornati dal fronte, a capire finalmente che del sogno rivoluzionario, già da tempo diventato incubo per le donne iraniane, non resta più niente.

Orgoglio e pregiudizio, infine, è il racconto del coraggio che serve a una donna per decidere per se stessa, nonostante la società, i parenti, gli amici e chiunque abbia sempre un’idea contraria. È il momento in cui Nafisi e altre sue studentesse si convincono ad andare via da Teheran, sapendo che l’addio è in realtà impossibile. L’Iran resterà sempre dentro di loro. Il tema dell’esilio – che anche le stesse attrici vivono sulla loro pelle ogni giorno – è molto chiaro, e dolorosissimo.

Perché (ri)leggere Lolita a Teheran

Tra i diversi e numerosissimi adattamenti letterari, anche di grandi classici, presentati alla Festa del Cinema 2024, Leggere Lolita a Teheran non è forse quello di più stringente attualità. Nasce da un bisogno personale e insieme collettivo, che acquisisce nuovo significato anche alla luce del movimento Donna Vita Libertà, tanto da concludersi con il video – già in passato diventato virale sui social – di Golshifteh Farahani che canta insieme ai Coldplay la stessa canzone (Baraye) che si cantava per le strade in Iran durante le proteste per l’uccisione di Mahsa Amini.

Golshifteh Farahani in Leggere Lolita a Teheran. Foto di Marie Gioanni (2)
Golshifteh Farahani in Leggere Lolita a Teheran. Foto di Marie Gioanni (2)

Consapevolmente, inoltre, Leggere Lolita a Teheran è un sodalizio artistico fra Iran e Israele (con una sostanziale incursione dell’Italia, dato che è interamente girato in un’irriconoscibile Roma e prodotto da Minerva Pictures e Rosamont), nonostante le durature tensioni politiche fra i due Paesi.

Quando Riklis, oltre otto anni fa, è andato fino a Washington DC per chiedere i diritti del libro ad Azar Nafisi, infatti, si è subito accertato che l’autrice fosse d’accordo nel lasciar raccontare la sua storia a un uomo israeliano, come spiega nelle note di regia. “L’arte deve trascendere la violenza e la follia della distruzione”, ha aggiunto poi il regista alla Festa del cinema di Roma, che in parte è anche il senso della resistenza culturale di Leggere Lolita a Teheran.

Volendo citare l’esergo scelto da Azar Nafisi nel suo libro (tratto dalla poesia Annalena di Czesław Miłosz) Leggere Lolita a Teheran è sempre stato perciò uno di quegli “enormi specchi” attraverso cui capire il mondo e provare a cambiarlo. Il film è solo un altro linguaggio attraverso cui continuerà a farlo.

A chi raccontiamo ciò che è accaduto
sulla terra, per chi sistemiamo ovunque
specchi enormi, nella speranza che riflettano
qualcosa e non svanisca?

Czesław Miłosz, Annalena

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