Da grandi poteri derivano grandi responsabilità, diceva qualcuno. Così, si potrebbe dire ora, da un grande pubblico derivano altrettante responsabilità.
A saperlo bene è il MCU (Marvel Cinematic Universe), media franchise nato nel 2008 che ha portato sul grande schermo (seppur non per primo) il gigantesco mondo dei personaggi della Marvel Comics.
Un’operazione che, appunto, era già stata compiuta, anche in riferimento a lavori di altre case editrici (parliamo soprattutto della DC Comics e dei molteplici film su Batman e Superman, ndr.), ma che attraverso il lavoro del MCU ha assunto connotati differenti, che ora parlano su un piano che va via via a guadagnarsi un posto di diritto nell’ambito del Cinema più che del mero intrattenimento.
Ma come è possibile tutto ciò? E cos’è che veramente fa la differenza?
Sono queste domande legittime e che soprattutto realisticamente più di qualcuno si sarà posto, magari vedendo le molteplici pubblicità che invadono i social (e non solo) senza essersi mai approcciati a questo genere di lavori.
Gli inizi
La Marvel Comics nacque nel 1939 (all’epoca con il nome di Timely Comics) e, come per praticamente tutti i fumetti dell’epoca, il fine ultimo era quello di offrire un sano intrattenimento ai più giovani, condito con un neanche troppo celato indottrinamento. Nasce così Captain America, il portatore dei valori americani, simbolo dell’American Dream per eccellenza e che sconfigge le minacce estere con la fierezza di uno scudo a stelle e strisce. Negli anni, le esigenze cambiano ma i valori da impartire restano gli stessi. Viene, quindi, creato Iron Man, che si fa carico di quella linea politica fortemente anti-comunista, ma allo stesso tempo si decide di puntare molto sulle meraviglie della scienza e della tecnologia, attirando pubblico giovane e giovanissimo, vero target della casa editrice.
I fumetti Marvel e i suoi eroi protagonisti, in breve tempo, diventano beniamini dei più piccoli e anche un po’ dei più grandi, un pubblico comunque prettamente maschile che possa identificarsi nei vari Spiderman e Thor che con disegni meticolosi e trame pop e avventurose diventano subito dei nomi conosciutissimi per più di mezzo mondo.
Allo stesso tempo, però, si iniziano a individuare i vari problemi, uno su tutti quello del pubblico: il mezzo dei fumetti viene associato in maniera imprescindibile alla connotazione infantile che questo prodotto si porta dietro. Ciò significa che seppur vengano introdotte trame sempre più adulte (spesso e volentieri, sessualizzando soprattutto i personaggi femminili), la Marvel non riesce a uscire dalla maledizione del tempo e, così, riuscire a conquistare un pubblico di adulti e non principalmente di ragazzini e adolescenti.
L’approdo al cinema
La vera svolta arriva, appunto, dopo il discreto successo che i primi film a tema X-Men prodotti dalla Sony riscuotono: il personaggio di Wolverine diventa fenomeno di massa, riconosciuto da un pubblico ampissimo, di cui una buona parte non ha mai letto o non è mai stato interessato alla storia editoriale che si cela dietro questo supereroe. Nel frattempo, poi, un pezzo grosso della cinematografia come Christopher Nolan porta in scena un Batman che non è più grottescamente ironico come quello dei film di Tim Burton o semplicemente cringe come quello della serie tv degli anni ’70. Il suo supereroe è oscuro e misterioso, in grado di attirare non solo un pubblico estremamente variegato (che in quest’opera ci vede un prodotto d’autore e non una semplice rappresentazione tratta dai fumetti), ma anche e soprattutto adulto.
Il da farsi, dunque, sembra ovvio: viene fondata, appunto, la MCU che porta in scena un Iron Man ripensato appositamente per incontrare i canoni estetici e culturali del tempo. Così, il ruolo di Tony Stark viene affidato all’ex cattivo ragazzo dalla battuta facile, Robert Downey Jr. (come nei migliori action movie anni ’90) e la realizzazione rispecchia quel filone alla Transformers e Fast and Furious che tanto andava di moda nei primi anni 2000.
Il successo è immediato e iniziano a prodursi sempre più film, tirando in ballo volti noti dello spettacolo (nel corso dei vari film le star che prenderanno parte al progetto saranno moltissime: da Scarlett Johansson a Robert Redford, passando per Glenn Close a Michael Douglas e persino Anthony Hopkins…ah, il buon vecchio potere dei soldi!) e anche esperti di grandi successi per il pubblico, come Joss Whedon (creatore e autore di Buffy-The Vampire Slayer), che girerà per la MCU i primi due film degli Avengers.
Problemi, ancora problemi
Nel frattempo l’Universo, appunto, si espande, introducendo nuovi personaggi dai poteri sempre più sensazionali e investendo in effetti speciali e computer grafica in grado di rendere la visione in sala una vera esperienza grandiosa che ripaghi a pieno il prezzo del biglietto.
L’operazione funziona, ma manca qualcosa e quel qualcosa è sempre lo scoglio iniziale: il pubblico di riferimento resta comunque più maschile che femminile e l’età media piuttosto bassa. Insomma, cambia la cornice, ma la sostanza è poco più che invariata dagli anni ’40. Un problema che, ad onor del vero, non riguarda solo la MCU, perché anche gli ultimi adattamenti delle opere DC soffrono le stesse difficoltà e sembrano essere arenati in una situazione di stallo. Avere un pubblico di riferimento fatto di giovanissimi è una mossa fruttuosa, ma rimanere un prodotto per poco-più-che-bambini è limitante, soprattutto perché quel pubblico che si è affezionato all’Iron Man del 2008 ora è composto da gente almeno ventenne e che potrebbe legittimamente annoiarsi e rompere quel legame di fiducia che lo ha spinto a seguire fino a quel momento i film tratti dai fumetti.
Ma allora perché, in proporzione, a nessuno importa dei vari film sulle Justice League DC, ma invece tutti corrono a guardare, documentarsi e commentare i vari prodotti MCU?
È proprio qui che, di fatto, la Marvel compie quel salto che l’ha portata ad elevarsi rispetto la concorrenza (ma anche rispetto a tanti altri prodotti cinematografici “più seri”): ha capito che i tempi stanno cambiando. Una presa di coscienza non banale come si può credere e, soprattutto, non così facile da mettere in scena come si possa pensare, basti riflettere sul fatto che sono anni che i film DC provano a riprendere i climi dark alla Batman di Nolan per vendere i suoi supereroi ma con scarsissimi risultati.
Il primato Marvel
Se il bambino che guardava Iron Man era felice e soddisfatto di vedere piroette in aria, trame abbastanza lineari e risposte ironiche, ora che è cresciuto non si accontenta più di ciò. La sua realtà, infatti, è più complessa, così come i suoi interessi e la sua coscienza. Il MCU lo ha capito e ha iniziato a lavorarci, introducendo spessore e varietà ai propri film, sempre basati sulla grandiosità degli effetti speciali, ma con protagonisti che iniziano a mettersi in discussione, che scoprono il fianco alla semplicità della paura e delle insicurezze.
Per non parlare della rappresentazione, tanto di personaggi non bianchi quanto di figure femminili, che iniziano a non essere più “la spalla di…” o “la compagna di…” ma eroi autonomi, strutturati, con narrazioni complesse che fanno capo a loro. Ovviamente tutto ciò si ottiene allontanandosi quanto basta dalle storie editoriali, così da definire i contorni della storia fantastica da raccontare, ma calandola per davvero in una prospettiva che sia in grado di coinvolgere quante più persone possibili, con i loro interessi e problemi messi implicitamente in primo piano.
Certamente non solo le teste dietro la Marvel sono arrivate a questa conclusione. Si pensi, ad esempio, a The Boys, la serie prodotta da Amazon che porta in scena eroi che, però, sono i veri villain della narrazione. Eppure, anche qui, manca quel bilanciamento perfetto tra complessità del pensiero umano e impatto visivo che riesce a mantenere le varie fasi MCU su un piano predominante rispetto al resto. Rilievo che, senza dubbio, si riesce a conquistare grazie a una salda base economica da investire in questi progetti, ma anche nelle idee di fondo, che non si accontentano di dire “sovvertiamo il ruolo dell’eroe”, ma ne seguono il processo psicologico-emotivo con studiata leggerezza, rendendolo fruibile potenzialmente da chiunque.
Perplessità e ambizioni
La critica che maggiormente si potrebbe muovere a questo modo di rinnovarsi è quella dell’aver messo in scena una semplice trovata commerciale che non tiene realmente conto delle varie istanze di cui, forse involontariamente (forse no) i vari film Marvel si fanno carico. Si pensi, ad esempio, a cause sociali come i diritti delle persone nere o l’empowerment femminile o ancora la narrazione relativa alla mental health. La risposta è, ovviamente, che ci troviamo senz’altro di fronte a una trovata commerciale. Una trovata commerciale che, come dimostrano i fatti, ripaga benissimo, perché in linea con i tempi e gli interessi del pubblico, che finalmente può affrontare discorsi adulti e seri, senza prendersi troppo sul serio, senza lasciare spazio alla noia e potendo godere di quella dinamicità e straordinarietà grafica che ha reso grande questo universo.
Il passo ulteriore che il MCU si appresta a fare è quello di elevarsi a cinema “vero”, con l’attesissimo The Eternals. La regia sarà affidata alla vincitrice del premio Oscar Chloé Zhao e sembra voler proseguire la scelta operata già per i prodotti seriali rilasciati ultimamente (dicasi di WandaVision o The Falcon and The Winter Soldier), vale a dire riuscire a conciliare un mondo di fantasia, più semplice di quello reale, con tematiche care alle coscienze degli spettatori, dimostrando che si può intrattenere, si può far ridere, ma si può anche fare qualcosa che ci faccia riflettere sul mondo in cui viviamo e sulle persone che lo popolano.
E se anche la MCU non potrà mai dirsi pioniere dell’attivismo sul grande schermo, certamente può avere il primato di aver “osato” molto di più della maggior parte delle altre case di produzione cinematografiche in circolazione ed essere riuscita, così, a fidelizzare chi, in un Captain America degli anni ’40, non si sarebbe mai riconosciuto.
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