Pubblicato nel 2011 e vincitore dell’Orange Prize l’anno seguente, La Canzone di Achille è il romanzo d’esordio della scrittrice statunitense Madeline Miller. Un libro che ha richiesto all’autrice la bellezza di dieci anni per essere scritto, tanti quanti gli anni della Guerra di Troia.
Il libro
In questa opera, che ha ormai conquistato i cuori di infiniti lettori, Miller ripercorre non solo molti degli eventi già affrontati nell’Iliade, ma si sofferma soprattutto sugli anni dell’infanzia e della giovinezza di Achille e Patroclo, due protagonisti del romanzo, e sul loro amore che sboccia lentamente.
Ma quali sono gli elementi che fanno sì che un’opera basata su un poema epico di quasi tremila anni fa risulti ancora così avvincente oggi? Forse, parte del merito è da ricondursi (oltre che alla straordinaria sensibilità della scrittrice) all’esistenza di alcuni archetipi parte di quell’inconscio collettivo a lungo teorizzato da Jung, e poi ripresi da Vogler nei suoi studi che approfondivano la struttura del mito.
Analizzando i personaggi secondo questo schema, quello che emerge potrebbe essere questo:
Achille – L’Eroe
Pensando alla figura di Achille la prima cosa che viene in mente è l’idea del guerriero. Miller ha il merito, tuttavia, di riuscire a scandagliare la psiche di questo mitico personaggio fino ad andare ben oltre l’idea stereotipata che si potrebbe avere dell’eroe semi-divino. Se dovessimo ripensarlo in termini junghiani, Achille ci verrebbe presentato con l’archetipo dell’Innocente: fiducioso fino ai limiti dell’ingenuità, un giovane che fa la guerra senza però davvero comprenderla, un prodigio delle armi che combatte in primo luogo per il piacere derivante dalla sfida e dall’adrenalina.
È solo crescendo che Achille comincia a sviluppare l’ambizione dell’immortalità, ma la sua ambizione mantiene quasi sempre dei tratti fanciulleschi, ed è proprio qui che risiede la più grande pericolosità dell’aristos achaion: proprio come un bambino, Achille è una tabula rasa capace del più grande altruismo e al tempo stesso della più grande crudeltà. E questa crudeltà raggiunge ovviamente l’apice di fronte alla perdita più atroce. L’Innocente muore definitivamente e cede così spazio all’archetipo del Distruttore.
Patroclo – L’Alleato
Voce narrante del romanzo, nonché degno rappresentante dell’archetipo dell’Amante, Patroclo è colui attraverso il quale abbiamo la possibilità di conoscere luci e ombre della figura di Achille.
Inizialmente, Patroclo sembra quasi annullarsi di fronte a lui, diventando mero ambasciatore della sua grandezza. Crescendo e maturando, tuttavia, la sua identità comincia a delinearsi in maniera più peculiare e indipendente rispetto a quella del compagno fino ad incarnare, similmente a Briseide, l’archetipo dell’Angelo Custode. Non a caso, la sua più grande qualità è quella di restare fedele al proprio compagno pur senza lasciarsi accecare dalla passione, e non esita a tradire la fiducia dell’amato di fronte ad Agamennone pur di riportarlo sulla via della ragione.
Chirone – Il Mentore positivo
Il suo archetipo non può essere che Il Saggio. Centauro solitario e dalle mille conoscenze, Chirone è prima di tutto un maestro per Achille e Patroclo, ma il suo ruolo è anche profondamente paterno. Non a caso lo stesso Patroclo (che, dopo essere stato disconosciuto da suo padre Menezio, non possiede più un patronimico), comincia talvolta a farsi chiamare Chironide: figlio di Chirone.
Il Monte Pelio, dimora del Centauro, diventa per i due giovani una sorta di mondo ovattato dove nessuna inquietudine può raggiungerli, una bolla di gioia, scoperta e conoscenza che rappresenta un ultimo legame con l’infanzia che verrà bruscamente interrotto dalla guerra imminente.
Teti – Il Mentore negativo
La madre di Achille, similmente a Chirone, rappresenta anche lei l’archetipo del Saggio, ma resta intrappolata nel lato ombra, ovvero un lato oscuro fatto di presunzione, distacco, mancanza di empatia.
Ogni essere è un potenziale nemico, compreso lo stesso Patroclo, per cui nutre un odio apparentemente immotivato (o forse motivato da una segreta consapevolezza che sarà proprio l’amore per lui la causa indiretta della prematura morte del figlio?). Tanto mostruosa quanto affascinante, è lei stessa vittima – pur essendo una divinità – di un sistema più grande di lei. Presa con la forza e costretta ad un’unione forzata con il mortale Peleo, vede in Achille la sua sola possibilità di riscatto. Vorrebbe renderlo un eroe immortale, vorrebbe per lui onore e gloria, ma quando si rende conto del prezzo da pagare non può fare a meno di opporsi, pur restando spettatrice impotente del destino che si compie.
È tuttavia una madre che ha idealizzato il figlio senza considerare la sua natura più umana. È solo dopo la sua morte, infatti, che arriva a conoscerlo realmente, e questo succede per mezzo di Patroclo, l’unico tra tutti a stimare Achille per qualcosa che va al di là della sua natura divina.
Deidamia – Lo Shapeshifter
Incostante e mutevole, alleata ma anche nemica, arrogante ma profondamente fragile. Deidamia è impossibile certamente da amare, ma anche impossibile da odiare. Il primo incontro con lei all’isola di Sciro è all’insegna del caos, e la prima impressione che si ha è quella di una bambina capricciosa e viziata, come può essere l’archetipo dell’Innocente quando rivela il lato ombra.
Ma come si può odiarla sapendo che lei stessa altro non è che una pedina nelle mani degli dèi? Come possiamo odiarla sapendo che è destinata a perdere tutto, sapendo che è stata ingannata per scopi che esulano dalla sua volontà e che non potrà nemmeno provare la gioia crescere il figlio che porta in grembo? Sola, allontanata e senza più nulla di buono davanti a lei, è destinata a diventare un Innocente che ha perduto la propria grazia, ossia un Orfano.
Odisseo – Il Trickster e Messaggero
Da una parte Odisseo è colui che con la sua astuzia mette in moto gli eventi più significativi, infatti è proprio grazie a lui che Achille si ritrova finalmente ad accettare la chiamata all’avventura (che in questo caso è una vera chiamata alla guerra). Dall’altra, incarnando anche l’archetipo del Folle, Odisseo è colui che vive la vita pienamente, in maniera del tutto istintiva, quasi senza curarsi degli schemi sociali.
In questo senso, all’interno dell’opera, è probabilmente il personaggio che porta più leggerezza, il più mondano e quello che è più facile considerare come un pari.
Ettore – Il Guardiano della Soglia
Nella Canzone di Achille, il personaggio di Ettore lo osserviamo quasi sempre da lontano e di sfuggita, eppure l’archetipo del Guerriero risulta evidentissimo fin dalle prime righe. Integro e responsabile, coraggioso e devoto agli dèi, un leader nato. Egli risulta tuttavia intoccabile, e non di certo per la tua invidiabile abilità sul campo di battaglia. La profezia ha parlato chiaro: Achille morirà poco dopo Ettore, è necessario dunque che egli viva il più a lungo possibile. E per dieci anni il destino viene rinviato.
Del resto, per Achille non sembra essere un problema che egli viva o muoia. Celeberrima è rimasta infatti la tragica innocenza della sua frase: “Perché dovrei uccidere Ettore? Non mi ha fatto nulla di male.” Ma uccidendo Patroclo, il principe di Troia firma la sua condanna a morte. Ettore non è semplicemente il custode delle mura di Troia, ma è anche il mostro sacro che Achille deve simbolicamente (e fisicamente) uccidere prima di poter finalmente compiere il suo destino.
Neottolemo detto Pirro – L’Ombra
Cresciuto da Teti, il figlio di Achille e Deidamia altro non è che la nemesi stessa di suo padre, il suo lato più oscuro che è sempre stato messo a tacere. Conquistatore arrogante e spietato, egli rappresenta ciò che lo stesso Achille avrebbe rischiato di diventare se fosse stato allevato tra le divinità del mare come la sua Teti avrebbe voluto. Il suo archetipo è quello del Sovrano nella sua versione più corrotta, ovvero quella dispotica e tirannica.
Molto ancora si potrebbe dire sui personaggi che popolano questa magnifica epopea. In fondo, questo non è che un agile tentativo d’analisi di un’opera di cui si parla da secoli e secoli, e probabilmente non basterebbero altri tremila anni per esplorarne tutti gli strati.
Ma ci proviamo, ci addentriamo negli abissi di donne e uomini nati dalla mente di autori visionari vissuti in epoche lontanissime. Percorriamo le tracce dei loro passi, ne leggiamo le gesta, cerchiamo di comprenderne le scelte. Cerchiamo corrispondenze con la nostra realtà quotidiana per colmare il nostro bisogno di risposte che spesso fatichiamo a trovare. È, in fondo, il motivo per cui i miti non muoiono mai.