Presentato alla 70ª edizione del Taormina Film Festival, L’invenzione di noi due, dramma sentimentale che vede protagonisti Lino Guanciale e Silvia D’Amico, è il nuovo progetto di Corrado Ceron, tratto dall’omonimo romanzo di Matteo Bussola, in sala dal 18 luglio, e distribuito da Be Water, Medusa.
La trama di L’invenzione di noi due
Milo e Nadia, conosciutisi sui banchi di scuola e sposati da diversi anni, si ritrovano ad affrontare una profonda crisi di coppia dovuta a una quotidianità spenta e a una comunicazione ormai inesistente. Nadia, in particolare, appare distante e infelice, mentre Milo, ancora innamorato, non riesce a rassegnarsi al distacco.
Incapace di accettare la fine del loro amore, l’uomo escogita un piano originale per riconquistare Nadia, inizia a scriverle lettere anonime, firmandosi con un nome di fantasia. Milo riversa nella parola scritta i suoi sentimenti, inventando storie, manifestandosi come la persona ideale, esaltando le qualità che Nadia ammirava in lui all’inizio della loro relazione. Tra dubbi, speranze e una linea temporale continuamente interrotta da flashback, le esistenze dei due si svelano a poco a poco, rendendo il loro rapporto sempre più intricato.
Il racconto di un amore rotto
L’invenzione di noi due racconta di un amore logorante, abitudinario e ormai diventato scontato. Le vite dei due personaggi, Milo e Nadia, vengono raccontate attraverso diversi flashback grazie ai quale emergono punti caratteriali e progetti di vita, opposti tra di loro. Ceron ricorda che l’evoluzione di una coppia, avviene di pari passo con l’evoluzione delle persone che la compongono, finendo negli anni a riscoprirsi cambiati, diversi, e non riconoscendosi più nella visione dell’altro/a.
È un film che ripercorre le tappe salienti di una storia d’amore in cui gli elementi di solitudine, disagio e incomunicabilità sono ciò che separano, distruggono e pongono fine a ciò che si credeva inscalfibile, riducendo tutto in cenere.
L’invenzione di noi due, cosa non funziona
Il film di Ceron, nonostante le premesse, è un film dalla struttura prevedibile, elementare. Un amore spento, ormai finito, che fatica a essere recuperato, esattamente come fatica la trama a coinvolgere il pubblico emotivamente. Tra dialoghi spesso slegati, citazioni disseminate, narrazione discontinua e balzi temporali, si fa spazio una retorica mal frammentata, a discapito purtroppo di tutto il resto.
L’invenzione di noi due è una storia d’amore atipica, che si sviluppa nella rassegnazione sentimentale ed esistenziale. Richiedeva più insistenza sulla parola e sul suo potere salvifico, mentre il film di Ceron ottiene quasi l’effetto contrario. È un paradosso pensare che l’ossessiva presenza di frasi estrapolate dai romanzi e dai libri di filosofia si sia tradotta in un racconto non efficace quanto vorrebbe essere.
I momenti che funzionano meglio sono quelli in cui il tattile astratto della nostalgia e della tenerezza prende il sopravvento, come le scene tra Milo e il fratello (Francesco Montanari), ma avrebbero potuto essere molti di più.
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