Poco tempo fa mi è capitato di ascoltare un podcast di True Crime che parlava di un caso molto, ma molto particolare.
La vicenda ruotava intorno ad Anna Sorokin, una giovane donna di origini russe che era giunta a New York pressoché dal nulla, spacciandosi per una ricca ereditiera tedesca di nome Anna Delvey. Il problema? Non aveva neanche un soldo. Eppure, la ragazza era riuscita ad insinuarsi nell’alta società newyorchese, creando una vera e propria leggenda attorno al suo nome. Per un bel po’ di tempo, nessuno ha avuto il sospetto che in realtà tutto ciò che diceva e faceva fosse pura finzione.
In qualche modo, Anna è sempre riuscita a spacciarsi per milionaria, elargendo grosse mance, vestendosi sempre all’ultima moda e pernottando nei più lussuosi alberghi della Grande Mela. Il tutto facendosi prestare denaro, o ricorrendo a vari sotterfugi per ingannare gli “amici”.
Il problema arrivava quando c’erano i conti da pagare, perché tutte le volte la sua carta di credito risultava non valida. Difficoltà davanti alla quale, impassibile, Anna aveva sempre la scusa pronta, avvalendosi anche del personaggio della “svampita” che si dimentica sempre tutto. Persino di restituire prestiti da migliaia e migliaia di dollari. Inutile dire che la storia su cui si basa Inventing Anna è quantomeno affascinante
La serie TV
Sembra incredibile come una sola persona abbia potuto creare una simile allucinazione collettiva. Almeno fino all’anno 2017, quando le truffe della donna sono venute a galla ed è stata arrestata.
La serie firmata Shonda Rhimes (Grey’s Anatomy, Bridgerton), si apre proprio al momento dell’arresto di Anna. Una giornalista, Vivian Kent (Anna Chlumsky), si interessa immediatamente al caso e, contro il volere del suo capo, decide di intraprendere un’inchiesta giornalistica.
La serie si sviluppa su due piani narrativi paralleli: il presente e il passato. Abbiamo Vivian che cerca di scoprire tutta la verità su Anna. Ma dalle interviste con lei, ottiene sempre un buco nell’acqua. La ragazza, infatti, evita tutte le domande della giornalista in maniera a dir poco insopportabile, parlando in termini vaghi e non raccontando mai la realtà dei fatti. Sembra quasi che Anna si sia talmente trincerata nel suo personaggio da non riuscire più ad abbandonarlo. Non intende rivelare chi sia veramente, né parlare delle sue origini. La sua vita, ormai, è quella di Anna Delvey e lei altro non è che una vittima innocente.
La verità (o almeno, parte di essa) la possiamo capire dai flashback, raccontati dal punto di vista delle persone che hanno avuto a che fare con Anna. Dal migliore amico, alla prima donna che è stata truffata, per arrivare al suo consulente finanziario.
L’importanza della narrazione: i pro
Il modo di raccontare i fatti, però, è piuttosto controverso. Da una parte, infatti, ci viene presentata una protagonista a dir poco detestabile. Ma così dovrebbe essere, dato che è ispirata al personaggio reale, ben lungi dall’essere un modello di bontà e virtù (oltre che di simpatia). Come afferma la stessa Vivian, Anna è una manipolatrice narcisista che ha a cuore solo le sue esigenze. Questo personaggio, così complesso, è molto ben reso anche grazie alla bravura dell’interprete Julia Garner, a cui va sicuramente il giusto riconoscimento.
Dall’altra parte, però, vediamo Anna dagli occhi di chi l’ha conosciuta. Di chi è stato ingannato da lei, preso in giro, calpestato. Ma il sentimento che accomuna tutti, più che odio, è ammirazione. Motivo per cui vediamo una ragazza dai modi aristocratici, sempre perfetta ed elegante, con una memoria fotografica e un’intelligenza imprenditoriale fuori dal comune.
Qual è dunque la verità? Dove finisce la leggenda e inizia la vera Anna? Questo è il dubbio che insinua Inventing Anna. Viene creato un personaggio volutamente ambiguo, sfuggente, difficile da comprendere. Lo stesso spettatore a volte prova un senso di repulsione nei confronti di questa donna frivola e crudele. Ma a volte, inaspettatamente, si ritrova emotivamente coinvolto, partecipe dell’inganno e forse anche ingarbugliato al suo interno. Anna è riuscita a creare una rete di bugie così fitta, da aver tratto in trappola persino lo spettatore ignaro, che non sa più in cosa credere, nemmeno nel suo giudizio.
Questo è senz’altro il grande punto di forza di Inventing Anna. Ma ci sono naturalmente anche dei punti deboli.
L’ambiguità degli obiettivi: i contro
Prima di tutto, non solo la protagonista è ambigua, ma anche lo show. Sembrerebbe teso dare alla vicenda un taglio documentaristico. Il racconto dai diversi punti di vista, le interviste, la ripresa di molti elementi dell’inchiesta reale, sembrano suggerire che la serie voglia andare in quella direzione. Ma i tanti elementi romanzati, il continuo indugiare anche sulla vita della giornalista Vivian, suggeriscono tutt’altra idea. Cioè che si tratti duna serie di puro intrattenimento, sulla falsariga di tutte quelle realizzate da Shondaland.
Fra l’altro, il costante evidenziare come la vita di Vivian sia così diversa rispetto a quella della High Society, il fatto che venga sempre mostrato quanto la donna sia fuori luogo in certi ambienti, a un certo punto arriva quasi ad infastidire. In parte perché si tratta di retorica abbastanza scontata, in parte perché distrae dalla vicenda principale.
Insomma, sembra che Inventing Anna non abbia il coraggio di prendere una direzione netta.
Ed è un peccato, perché il potenziale c’era tutto: ottime attrici, alto budget, un caso di cronaca estremamente affascinante. Non che la serie sia un buco nell’acqua: a livello di puro intrattenimento funziona e anche bene. Ma rimane l’amaro in bocca perché poteva senz’altro essere qualcosa di più.
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