Garofano Rosso Film Festival. Intervista a Valentina Traini

La quarta edizione del Garofano Rosso Film Festival, l’evento dedicato alla riflessione su identità di genere, libertà e inclusione sociale, si è conclusa l’8 settembre 2024. Ha presentato 60 opere cinematografiche in concorso, suddivise in otto sezioni tematiche, ognuna dedicata a una particolare visione della marginalità, più talk tematici ed eventi speciali.

Direttrice artistica del festival è stata Valentina Traini, regista e documentarista di grande talento, formatasi al Centro Sperimentale di Cinematografia L’Aquila e finalista dell’Academy Student Award nel 2018 con il documentario Exhibit Human, diretto insieme ad Arianna Vergari Marco Camilli. Le abbiamo fatto qualche domanda a proposito della proposta e del concetto di marginalità sviluppato in tutti i corti in concorso.

L’intervista

Che tipo di scenari vi ha portato a scoprire la selezione di cortometraggi per il Garofano Rosso Film Festival? 

La programmazione di quest’anno è stata il risultato di un processo di selezione molto difficile; la qualità dei film proposti era veramente altissima.

Le nostre sezioni lavorano su temi molto delicati e complessi, ma non abbiamo avuto difficoltà a comporle: ci sono state storie importanti legate alle migrazioni e al disagio sociale, una buona rappresentazione del mondo queer e molte riflessioni sul femminismo e la parità di genere. Ho notato con piacere un’evoluzione particolare relativa al racconto del tema della morte e del lutto, a cui abbiamo dedicato la sezione “AFTERWORD”: ogni anno riusciamo a proporre film sempre più interessanti, il che vuol dire che sia gli autori sia il pubblico sono sempre più predisposti ad affrontare il tema in maniera libera e aperta.

Cosa significa per te parlare di marginalità oggi? 

Il lavoro che il Garofano Rosso fa è per me auto-esplicativo: animare un piccolo borgo degli Appennini interni mettendo a disposizione del pubblico cinema indipendente che racconta storie legate a temi difficili – e certe volte poco accessibili a piccole comunità come queste – è un atto direi politico. Parecchie volte in questi giorni abbiamo parlato di “resistenza poetica”: parlare di marginalità per me oggi significa agire concretamente per restituire dignità e valore ai luoghi e alle storie che hanno poco spazio, utilizzando il potere trasformativo del cinema.

Cosa hai riscontrato nella partecipazione di questa quarta edizione? 

È stata un’edizione da record in termini di partecipazione, non avrei mai immaginato di vedere tutto quel pubblico ogni sera. Sono anche incredibilmente soddisfatta della partecipazione e dell’entusiasmo manifestato da tutti gli autori, registi, produttori e attori che abbiamo ospitato. Garofano Rosso è un festival giovane, ma sta crescendo in maniera incredibile di edizione in edizione.

Pensi che il formato del cortometraggio sia più immediato del lungo o del medio?

Non ne faccio una questione di immediatezza, piuttosto di libertà espressiva. Credo che il formato corto sia il mezzo con cui i giovani autori e le produzioni indipendenti riescano oggi a raccontarsi maggiormente, avendo la possibilità anche di assecondare la loro voglia di sperimentare ed ibridare i linguaggi. È importante tentare di restituire al dispositivo del cortometraggio il valore che merita, anche attraverso la ricerca che Garofano Rosso fa ogni anno per promuovere lavori che spesso hanno pochissimo spazio in altri contesti.

Valentina Traini, Garofano Rosso Film Festival

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Silvia Pezzopane
Ho una passione smodata per i film in grado di cambiare la mia prospettiva, oltre ad una laurea al DAMS e un’intermittente frequentazione dei set in veste di costumista. Mi piace stare nel mezzo perché la teoria non esclude la pratica, e il cinema nella sua interezza merita un’occasione per emozionarci. Per questo credo fermamente che non abbia senso dividersi tra Il Settimo Sigillo e Dirty Dancing: tutto è danza, tutto è movimento. Amo le commedie romantiche anni ’90, il filone Queer, la poetica della cinematografia tedesca negli anni del muro. Sono attratta dalle dinamiche di genere nella narrazione, dal conflitto interiore che diventa scontro per immagini, dalle nuove frontiere scientifiche applicate all'intrattenimento. È fondamentale mostrare, e scriverne, ogni giorno come fosse una battaglia.