Lo spettacolo In Arte son Chisciottə, in scena al Teatro Argot fino a stasera, è il coraggioso esperimento della compagnia aretina Officine della Cultura.
L’opera originale
L’opera trae libera ispirazione dal capolavoro di Cervantes Don Chisciotte della Mancia, romanzo picaresco del Seicento che racconta le “imprese” di Don Chisciotte, appunto, e di Sancio Panza, suo fedele scudiero. La storia è nota: l’hidalgo spagnolo Alonso Quijano, appassionato di romanzi cavallereschi, si mette in testa di replicare le imprese degli eroi che tanto ama. Ed ecco che insieme a Sancio Panza, un contadino che elegge come suo scudiero, parte per le sue avventure.
La storia si snoda fra finzione e realtà, con battaglie contro giganti che si rivelano essere semplici mulini a vento, o tentativi di conquistare un’umile contadina, che nelle fantasie dell’hidalgo altri non è che la Nobil Dama Dulcinea del Toboso.
Punto centrale della trama è dunque l’immersione totale all’interno di un sogno. Una fuga dalla realtà così intensa, da far sì che sia impossibile tornare sui propri passi. Don Alonso, infatti, è così immerso nei suoi viaggi onirici, da non riuscire più a uscire dal personaggio di Don Chisciotte.
Lo spettacolo
Così come Don Chisciotte si dibatte fra sogno e realtà, lo spettacolo In Arte son Chisciottə si alterna fra scene sul palco e immagini proiettate davanti alla platea.
Il vivace dialogo fra Don Chisciottə (Elena Ferri) e il suo Sancio Panza (Luisa Bosi) comincia proiettato su un telo, per poi spostarsi sul palcoscenico. In questo momento le due donne altro non sono che due attrici, che si ripetono vicendevolmente le battute per far memoria. Assistiamo dunque ad un momento privato, che però viene reso noto al pubblico. Perché tutto è teatro.
Poi, le due donne si spostano dietro il telo ed ecco che ricomincia la finzione. Tutto ciò che la compagnia racconta, viene ripreso da una videocamera e proiettato in tempo reale davanti al pubblico in sala.
Cinema e teatro, realtà e finzione
Il concetto basilare del don Chisciotte di Cervantes viene qui portato alle estreme conseguenze. Al punto che, a metà spettacolo, parte del telo bianco viene sollevato, per mostrare gli attori in pausa, intenti a bere e a mangiare. Il labile confine fra sogno e realtà viene qui mostrato con efficacia grazie al metateatro.
Il pubblico non assiste a uno spettacolo concluso, bensì a delle prove. Compresi, dunque, spostamenti di attrezzature, brusio, pause per bere e mangiare, messaggi vocali al cellulare, note di regia.
Il tutto accompagnato dalla musica de I Solisti dell’Orchestra Multietnica di Arezzo, che contribuiscono a rendere l’atmosfera leggera e fiabesca dell’intera rappresentazione.
Chi sembra non accorgersi della farsa è proprio Don Chisciottə, che per buona parte della messa in scena insiste nel portare avanti il suo personaggio. Nonostante Sancio Panza continui a far presente che si tratta di pura finzione.
In Arte son Chisciottə, dunque, riprende alla perfezione le atmosfere oniriche dell’opera originale, proponendone, tuttavia, una lettura molto sperimentale e decisamente apprezzabile.
Informazioni utili
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