The Wild Robot di Chris Sanders. Courtesy of Universal
Il robot selvaggio (The Wild Robot) di Chris Sanders. Courtesy of Universal

L’amore crea le sue regole, si fa grande per contenere le differenze, si stringe attorno a chi ne sente più il bisogno. Costruisce le sue famiglie e i suoi nuovi linguaggi, diventa l’avventura più grande e più difficile, ma anche la più bella, da affrontare nella vita.

È questo il messaggio principale, anche se non l’unico, del film di Chris Sanders, Il robot selvaggio, al cinema dal 10 ottobre con Universal. Tratto dall’omonimo romanzo illustrato di Peter Brown, è la storia di Roz, robot che – parte di un cargo perduto durante una tempesta – si ritrova su un’isola sperduta dove impara a comunicare con gli animali che la abitano.

La trama di Il robot selvaggio

In un indeterminato contesto futuristico, i robot sono parte della vita quotidiana dell’umanità e i ROZZOM, macchine intelligenti ed estremamente efficienti sono programmati per portare a termine nel miglior modo e nel più breve tempo possibile diversi compiti affidati dagli esseri umani. Hanno solo bisogno di un comando. L’unità ROZZOM 7134, cioè Roz, quando si perde sull’isola insegna a se stessa a comunicare con gli animali che vivono uno contro l’altro, senza riuscire comunque a interagire con nessuno di essi, che la credono un mostro.

Tutto cambia quando, per errore, cade su un nido distruggendolo. L’unico uovo rimasto intatto si schiude rivelando un pulcino che, a causa dell’imprinting, considera subito Roz la sua mamma e inizia a seguirla ovunque. Per liberarsi del pulcino, poi nominato Beccolustro, Roz deve farlo sopravvivere almeno un anno, nutrirlo, insegnargli a nuotare e a volare: è il suo compito ed è determinata a portarlo a termine.

Furbamente, l’unica volpe dell’isola, Fink, si unisce alla strana coppia, intuendo la possibilità di trarre vantaggio da entrambi, per poi cambiare in fretta idea sui suoi veri sentimenti. Da questo piccolo nucleo si crea così una piccola famiglia che giorno dopo giorno impara a vivere insieme, fino a quando il momento della separazione arriva, portando con sé diverse conseguenze.

Roz (Esther Elisha nel doppiaggio italiano, Lupita Nyong’o in quello originale), Brightbill (Kit Connor in inglese) and Fink (Alessandro Roja in italiano; Pedro Pascal in originale) in Il robot selvaggio di Chris Sanders. Courtesy of Dreamworks/Universal
Roz (Esther Elisha nel doppiaggio italiano, Lupita Nyong’o in quello originale), Brightbill (Kit Connor in inglese) and Fink (Alessandro Roia in italiano; Pedro Pascal in originale) in Il robot selvaggio di Chris Sanders. Courtesy of Dreamworks/Universal

L’amore che trasforma e crea connessioni

Roz, Fink e Beccolustro non dovrebbero stare insieme. Non è nella loro natura. Un predatore, una preda e una macchina incapace di provare emozioni, come possono diventare una famiglia? Scegliendo di esserlo, è la risposta più semplice ma non banale che il film dà al pubblico; mettendo da parte ciò che viene considerato “normale” e aprendosi uno alla presenza dell’altro. E così facendo trasformano anche tutti gli equilibri dell’isola stessa, degli altri animali.

È ciò che l’amore fa sempre, creare connessioni nonostante le differenze. A renderlo ancora più esplicito e a suo modo rivoluzionario è però proprio la scelta di un robot come protagonista. Scegliendo di conoscere l’amore, Roz va oltre la sua stessa programmazione e per questo viene punita, inseguita, silenziata. Una volta compreso cos’è questo sentimento che diventa forza inarrestabile, se condiviso da una collettività, il robot non può più tornare ciò che era, si trasforma per sempre in qualcos’altro. E usa la sua nuova identità, tutto ciò che di nuovo scopre su di sé, per proteggere il nuovo mondo che l’accoglie.

Il robot selvaggio diventa così anche una favola ecologista, poiché Roz, man mano che la storia prosegue, è sempre più consapevole dell’impatto della sua presenza sugli equilibri di tutti gli abitanti dell’isola, se stessa compresa.

Recitare con la voce: il doppiaggio di Il robot selvaggio

Non esistono esseri umani in Il robot selvaggio, o meglio sono fuori dal quadro, fuori dalla nostra vista, e non è per niente facile riuscire a raccontare una storia che di sentimenti umani ne ha moltissimi, profondissimi, senza un volto che ci somigli. Eppure non c’è alcun dubbio che le voci di Esther Elisha e Alessandro Roia (nella versione italiana) siano riuscite perfettamente nell’intento. Nei ruoli rispettivi di Roz e Fink, con la loro espressività riescono a commuovere e a fare sorridere nello spazio di poche battute, restando sempre molto veri e credibili per un pubblico che non è soltanto quello dei bambini. Non lo è mai, in realtà, quando di parla di animazione a questo straordinario livello.

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