Puntuale come ogni estate, la rassegna dei film dello Studio Ghibli al cinema non smette di stupirci, nonostante alcuni di noi abbiano visto questi piccoli capolavori più e più volte. A partire dal 10 agosto, è il turno de Il mio vicino Totoro, che torna a rivivere nelle nostre sale.
Film del 1988, è stato scritto e diretto dal Maestro Hayao Miyazaki e, come Laputa, il castello in cielo (1986) e Nausicaa della valle del vento (1984), concentrato sulla tematica ambientalista.
I bambini al centro della storia
Il mio vicino Totoro, come la maggior parte dei film di Miyazaki, vede come protagoniste delle bambine.
Si sa, il Maestro ama mettere al centro dei suoi racconti i bambini, in questo caso Mei, la cui purezza e innocenza non è stata ancora contaminata dalle brutture del mondo.
Mei e Satsuki sono due sorelline che si trasferiscono insieme al padre a Tokorozawa, nell’interland di Tokyo, per stare più vicine alla loro mamma, ricoverata in ospedale. Le due, appena arrivate nella nuova casa, un piccolo paradiso immerso nel verde dei boschi, hanno il primo incontro con alcuni spiritelli della natura: i “nerini del buio” o “corrifuliggine”: creaturine che, secondo le leggende, vivono nelle case abbandonate e sono visibili solo dai bambini.
Ma è Mei che fa la scoperta più sensazionale. La piccola di casa, un giorno, si addentra nel bosco vicino, all’inseguimento di due spiritelli dalle lunghe orecchie. Addentrandosi sempre di più nella fitta vegetazione, scopre una radura, dove incontra Totoro, una sorta di incrocio fra un gatto, una talpa, un orso e un procione. Mei si ricorda di lui perché lo ha visto in un libro illustrato: altri non è che un troll, chiamato in giapponese tororu. Il nome Totoro deriva quindi da una storpiatura del nome che la bimba fa, un piccolo vezzo dell’infanzia. Chi di noi, quando era piccolo, non aveva l’abitudine di cambiare i nomi?
Mei, felicissima, corre dalla sorella e dal padre per raccontare loro dell’incontro e li porta nel bosco per mostrare Totoro. Ma la creatura è sparita senza lasciare traccia. Il padre, tuttavia, non si stupisce: afferma che si tratta senz’altro del custode della foresta e che vederlo non è un privilegio per tutti.
Dopo questo avvenimento, gli eventi straordinari continuano. Mentre aspettano il padre alla fermata dell’autobus, le due ragazzine incontrano lì Totoro. Satsuki gli regala un ombrello per ripararsi dalla pioggia e lui, per ringraziarla, le porge dei semi. Subito dopo, scompare sul Gattobus (Nekobus) uno straordinario mezzo di trasporto con il muso di gatto e dodici zampe.
Totoro come entità superiore
Totoro è uno spirito della natura che controlla il vento, la pioggia, la crescita e la maturazione delle piante. È infatti lui che fa germogliare i semi donati a Satsuki, dopo che le due bambine li hanno piantati in giardino.
La maturazione dei semi avviene durante la notte, grazie alla creatura che, insieme ad altri spiritelli, si presenta davanti alla casa e inizia un rituale per far diventare i semi magnifici alberi. La mattina dopo, le sorelle si svegliano e realizzano che si è trattato di un sogno. Ma i semi sono veramente germogliati durante la notte.
È questo uno dei punti forti de Il mio vicino Totoro: la perenne atmosfera di sospensione fra sogno e realtà.
Non a caso, le apparizioni di Totoro sono quasi sempre collegate al sonno. Quando Mei lo vede la prima volta, il troll è accucciato nella radura a dormire. Lei si arrampica sulla sua pancia e, così accoccolata, si addormenta a sua volta. La ragazzina si addormenta anche in spalla alla sorella mentre aspettano l’autobus ed è lì che Totoro compare di nuovo, sotto la pioggia, in una delle scene più iconiche del film.
Il modo in cui le apparizioni degli spiriti della natura sono gestite, serve a creare un’atmosfera onirica di sospensione e magia: d’altronde quest’ultima è uno dei marchi di fabbrica dello studio Ghibli, presente anche in opere più mature come La città incantata, o Il castello errante di Howl (anche se, da una parte, parlare di opere più mature è piuttosto riduttivo). Il mio vicino Totoro è già considerabile un film maturo, nonostante preceda La città incantata di più di un decennio.
L’uomo e la natura (e gli spiriti)
Il film del 1988 introduce una tematica che sarà poi al centro della poetica di Miyazaki negli anni successivi: il rapporto uomo-natura indagato da un punto di vista spirituale.
Se Laputa, il castello in cielo e Nausicaa della valle del vento trattano esplicitamente il discorso sull’inquinamento e sul bisogno di ritornare a un mondo più puro e incontaminato, Il mio vicino Totoro porta in primo piano gli spiriti della natura, un elemento fondante della cultura giapponese.
I Kami (spiriti) della natura sono parte integrante della religione shintoista, insieme agli spiriti degli antenati e delle persone venerate. Si pensa infatti che le forze della natura siano impersonificate in questi spiriti (o numi, se vogliamo avvicinarli di più al pensiero occidentale), che, in qualità di esseri sovrannaturali, vanno rispettati e venerati. Totoro, dunque, è il kami che controlla la crescita delle piante, il vento e la pioggia. Onora le bambine mostrandosi loro, facendo dono dei semi e aiutandole in momenti di difficoltà perché si sono dimostrate buone, rispettose e innocenti.
Totoro e l’amicizia con i bambini
Non è un caso che Totoro si manifesti solo alle bambine. Satsuki e Mei rappresentano la purezza dell’infanzia. A differenza degli adulti hanno un rapporto più stretto con la natura. I bambini gattonano, giocano sul prato, si riposano sotto l’ombra degli alberi, si sdraiano godendosi la luce del sole. Quando si diventa adulti, la frenesia della vita ci porta ad abbandonare la frescura dei boschi e la calma. Si va così a perdere quel contatto che tanto amavamo quando eravamo piccoli, fin quasi a vederlo con timore e diffidenza.
Mei, invece, quando si getta all’inseguimento degli spiritelli del bosco, si addentra nella vegetazione senza nessuna esitazione. E quando vede Totoro, gli si accosta senza alcuna paura, perché dentro di sé sa che si tratta di un’entità buona.
Totoro: una piccola perla
Il mio vicino Totoro è un piccolo capolavoro proprio per la sua straordinaria semplicità.
Il film ci consente di immergerci in un sogno ad occhi aperti dove, di fatto, non accade nulla di eclatante. Si tratta di un racconto di ordinaria meraviglia, di una famiglia che si riscopre ancora più unita in un momento di difficoltà, di giochi di bambine e creature magiche che possono essere scaturite dalla loro immaginazione.
Ma è questa l’eccezionalità de Il mio vicino Totoro: ci fa riscoprire il mondo attraverso gli occhi di un bambino.