Il leone d'inverno

Le pellicole ambientate a Natale di solito hanno una finestra di uscita specifica, a ridosso delle festività, fa eccezione invece Il leone d’inverno, pellicola storica ambientata nel Natale del 1183, che uscì il 30 ottobre 1968.

Il leone d’inverno, regia di Anthony Harvey, con protagonisti Katharine Hepburn e Peter O’Toole, è basato sull’omonimo spettacolo teatrale di James Goldman.

Spietato, tragicomico e irriverente, è un gioco iperattivo di nobili che, ammorbati da fragilità psichiche e cicatrici del passato, giocano ferocemente a rovinarsi l’un l’altro.

Cenone con i parenti

Nell’anno del Signore 1183, il re Enrico II (Peter O’Toole) convoca tutti i suoi familiari e il re di Francia a Chinon per passare insieme il Natale. A 50 anni è uno degli uomini più potenti d’Europa, ma ha una situazione familiare tragica.

Amante di Alice (Jane Merrow), sorella del re di Francia Filippo (Timothy Dalton), è segretamente preoccupato dell’integrità del suo regno dopo la sua morte.

Da dieci anni tiene prigioniera in Inghilterra sua moglie la regina Eleonora (Katharine Hepburn), occasionalmente scarcerata per delle festività.

I due hanno tre figli: Giovanni (Nigel Terry), il più piccolo e il preferito di Enrico, Goffredo (John Castle), figlio di mezzo per nulla considerato dai genitori, e Riccardo (Antohny Hopkins), prediletto di Eleonora.

Durante la festa i sei personaggi complotteranno costantemente l’uno contro l’altro al fine di ottenere il trono d’Inghilterra. Ma emergeranno anche le loro ferite, i loro odi e i loro traumi del passato.

Così divertente e triste: il re e la sua prigioniera

Nella sua interezza il film è una costruzione tragicomica magistrale. Enrico è un uomo profondamente infelice, circondato solo da affetti apparenti, che ha ricercato il piacere e il vizio e a cui non va giù che l’unica persona che lo ami profondamente sia anche la persona con cui gli è più difficile rapportarsi: Eleonora.

Alice per lui è un ripiego su cui riversare un amore viscerale che non osa dare alla moglie. Ogni suo gesto di affetto per l’amante ha il solo scopo di ferire la regina.

Enrico non ha mai saputo dimostrare ai suoi figli l’amore che nutre per loro. E li ama più di Eleonora, che invece è travolta dall’amore per lui, un uomo con cui non può fare a meno di distruggersi reciprocamente. I suoi figli li blandisce e li usa in intricati piani per ottenere il potere, ma l’unica cosa che vuole è l’amore di suo marito.

Lui è una forza impulsiva e lei una forza spietata. Entrambi sono troppo legati per lasciarsi andare.

Nelle interpretazioni esemplari di O’Toole e Hepburn, i due monarchi ricordano una di quelle coppie disfunzionali del migliore teatro americano.

I principi d’Inghilterra

I figli invece sono profondamente diversi tra loro. Arrivista, narcisista e pavido Giovanni è viziato costantemente da Enrico eppure è intriso di odio per lui e per sua moglie. Goffo e perlopiù usato da suo fratello Goffredo, è risentito della sua condizione di figlio minore e non riesce a credere nelle parole d’amore che il padre gli rivolge.

Calcolatore e amorale, Goffredo è alla ricerca del potere regale per sostituirlo con l’affetto genitoriale di cui non ha mai goduto. Tra tutti i figli è il più intelligente, il più sveglio e quello più spietato. Non gli interessa conoscere i desideri dei genitori. Dal momento che sa di non essere da loro considerato, vuole solo vederli scannarsi tra loro insieme ai figli che preferiscono.

Riccardo infine è il più forte e il maggiore dopo la morte di Enrico il Giovane. È legato da un rapporto morboso con la madre, che ne ha fatto un rimpiazzo affettivo e una pedina da usare per le sue trame contro il re.

Le sue mire di potere nascondono una mancanza di legami con il padre, che lo ha abbandonato tra le grinfie di Eleonora preferendogli il primogenito e poi Giovanni. Grazie a un Anthony Hopkins di 30 anni in forma smagliante, il suo personaggio ha un carisma spaventoso. Specialmente nella scena con il padre alla luce della sua omosessualità e nei confronti serrati con la madre.

Lo stato di grazia di quel cinema

Goldman e Harvey confezionano un film storico inebriante. L’epica è affidata al dramma e non all’azione. Nonostante una scaramuccia e una giostra medievale, sono i personaggi, tirando fuori le loro vere anime, a travolgere con veemenza gli spettatori.

La chimica velenosa che si respira tra Eleonora ed Enrico, fu invece frizzante e spiritosa tra i suoi due interpreti. Fu O’Toole stesso a convincere Katharine Hepburn a fare il film.

L’attrice era stata recentemente scossa dalla perdita del marito, Spencer Tracy. Tra i due si instaurò un’amicizia fatta di beffe e frecciatine, ma anche di profondo rispetto reciproco.

Peter O’toole si confrontò per la prima volta con una nuova generazione di attori inglesi, di cui divenne durante le riprese una sorta di figura paterna. Era la seconda volta che interpretava il re inglese dopo Becket e il suo re (1964), dove aveva diviso lo schermo con l’amico Richard Burton.

Il film fu un successo di critica e pubblico, guadagnando 7 nomination all’Oscar e facendo conquistare a Katharine Hepburn la sua terza statuetta.

Risate, applausi, sipario

Il leone d’inverno vive dei talenti che vi recitano, capaci di cristallizzare i loro personaggi in delle sfere di bravura travolgenti.

È uno di quei meravigliosi film che superano l’opera teatrale originale, complice un abile regista e degli interpreti in stato di grazia.

La sua visione lascia uno sconforto umano che si scioglie nelle amare risate finali del re e della regina.

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Francesco Gianfelici
Classe 1999, e perennemente alla ricerca di storie. Mi muovo dalla musica al cinema, dal fumetto alla pittura, dalla letteratura al teatro. Nessun pregiudizio, nessun genere; le cose o piacciono o non piacciono, ma l’importante è farle. Da che sognavo di fare il regista sono finito invischiato in Lettere Moderne. Appartengo alla stirpe di quelli che scrivono sui taccuini, di quelli che si riempiono di idee in ogni momento e non vedono l’ora di scriverle, di quelli che sono ricettivi ad ogni nome che non conoscono e studiano, cercano, e non smettono di sognare.