Tenere il conto delle attività extramusicali portate avanti da Iggy Pop in cinquant’anni di carriera è praticamente impossibile. Dalle apparizioni televisive (I racconti della Cripta, Star Trek: Deep Space Nine) ai doppiaggi per film di animazione e videogame (American Dad!, Grand Theft Auto IV), dalla radio (Iggy confidential) alle conferenze su musica ed economia.
L’attività come attore è sicuramente quella più nota al pubblico, anche se non tutti i film dove è comparso hanno lasciato traccia nella memoria collettiva. Iggy ha spesso il ruolo di caratterista, e dà vita a personaggi strani, bizzarri, sopra le righe. Il suo vocione profondo ma puntuto precede di poco il viso scavato, lo sguardo allampanato, il fisico da rettile sotto steroidi.
Abbiamo scelto nove film e li abbiamo brutalmente e arbitrariamente divisi in tre categorie: quelli inguardabili, quelli inclassificabili, quelli stimabili. Dicci quali vedrai e ti diremo che fan sei, secondo la ben nota equazione che solo il vero amore sopporta il sacrificio estremo del tempo necessario a vedere gli inguardabili.
Quelli inguardabili
Iniziamo dal fondo del barile, da quei film che sembrano prodotti per sbaglio e che ti fanno interrogare su quanti gettoni da novanta minuti hai sprecato nel corso della tua esistenza. La sola presenza di Iggy Pop potrebbe non essere sufficiente a salvarli dall’oblio, ma almeno c’è, ecco.
Blood orange (Toby Tobias, 2016)
Isabelle (Kacey Barnfield) e Bill (Iggy Pop) vivono una vita tranquilla e patinata in una super villa di campagna in Spagna. Lei bellissima e giovane, lui musicista attempato: si amano per davvero e trascorrono la loro esistenza con ameno cazzeggio. Un giorno arriva Lucas (Ben Lamb), vecchia conoscenza di Isabelle, che cerca soldi e porta guai.
Nonostante la sua trentennale frequentazione dei set, questo è il primo ruolo da co-protagonista per Iggy Pop. Bill è un uomo che ha vissuto e ha capito tante cose, e ha un evidente vantaggio sugli altri due personaggi principali, bellocci e monodimensionali. Ed è questo il problema del film: ti lascia sempre sulla soglia di un’immedesimazione impossibile, pronto a cacciarti via a pedate di inverosimiglianza.
Vedilo se ti piacciono: le ambientazioni glamour, i dialoghi da soap opera, le trame complicate. Non guardarlo se i colpi di scena dell’ultimo minuto ti fanno arrabbiare.
Il Corvo 2 (Tim Pope, 1996)
Ashe Corven (Vincent Pérez) e suo figlio Danny (Eric Acosta) vengono uccisi e gettati in un fiume da una banda di malviventi per aver assistito a un regolamento di conti tra spacciatori. Ashe ritorna ta i vivi per vendicarsi dei suoi assassini e del loro capo Judah Earl (Richard Brooks). Lo aiuta Sarah (Mia Kirchner), tatuatrice e pittrice.
Iggy Pop interpreta Curve, uno dei criminali che lavorano per Judah. Curve è variopinto ma letale, svagato e spietato. Disorienta le sue vittime con fare provocatorio, poi le blocca con forza bruta. La parte gli calza a pennello, peccato che il film fatichi a trovare una chiave narrativa coerente – al di là di fotografia, scenografie e costumi suggestivi.
Vedilo se ti piacciono: le ambientazioni post-apocalittiche, i supereroi, i fumetti, le atmosfere gotiche. Non guardarlo se ti disturba lo strazio emotivo insistito dei personaggi.
Quelli inclassificabili
Non boiate né capolavori, sanno solo quello che non sono. Traballano, vacillano, ondeggiano tra la riva della bella intuizione e quella del cosa caz*o sto guardando. Capito il senso? Sì, per favore basta con le metafore.
I morti non muoiono (Jim Jarmush, 2019)
A Centerville succedono cose inspiegabili: i cellulari smettono di funzionare, le giornate si allungano, gli animali domestici spariscono. I telegiornali nazionali parlano di uno spostamento dell’asse terrestre causato dal fracking ai poli. Eventi ancora più nefasti non tarderanno a manifestarsi. Il commissario Cliff Robertson (Bill Murray) e l’agente Ronald Peterson (Adam Driver) guidano il disperato tentativo della cittadina di non soccombere alla catastrofe ambientale.
Iggy Pop ha una parte brevissima: è uno dei primi zombie che invadono Centerville, con un debole per il caffè del diner locale. Farà parte della generazione torta e caffé? O di quella caffé e sigarette?
Vedilo se ti piacciono: gli zombie old school, le tranquille cittadine americane che nascondono i mostri, i film corali, l’ironia sottile a tratti impalpabile. Non guardarlo se cerchi IL film di zombie definitivo.
Atolladero (Oscar Aibar, 1995)
Stati Uniti, 2048. Le città sono megalopoli tecnologiche che punteggiano vaste aree desertificate e impoverite. Atolladero è un desolato borgo texano; lo governa il giudice Wedley, che impone la sua autorità con l’aiuto di poliziotti corrotti. La popolazione è allo stremo, abbrutita e dedita all’abuso di sostanze per sfuggire alla realtà quotidiana. L’unico che ha la forza per sognare di evadere da Atolladero è Lenny (Pere Ponce), giovane poliziotto in partenza per la California. Ma non tutti sono d’accordo a lasciarlo andare.
Il film è il debutto alla regia di Oscar Aibar, autore del fumetto Atolladero, Texas da cui il film prende spunto. Iggy Pop interpreta Madden, assassino sadico e spietato difensore dello strapotere di Wedley. Niente anima: solo cinismo, umorismo sprezzante, camperos e una chioma insolitamente scura.
Vedilo se ti piacciono: i western, il futuro post-apocalittico, i mix di generi narrativi, gli inseguimenti, i fumetti. Non guardarlo se l’accumulo di generi diversi ti fa venire il mal di mare.
Suck (Rob Stefaniuk, 2009)
I Winners sono una band canadese in cerca di successo da ormai dieci anni. Il frontman Joey (Rob Stefaniuk) fatica a tenere alto il morale del resto del gruppo. Una sera, a fine concerto, la bassista Jennifer (Jessica Paré) lascia il locale con Queenie (Dimitri Coats), un tipo tenebroso coi denti aguzzi: è un vampiro, l’avresti detto? Da quel momento il magnetismo di Jennifer fa aumentare la popolarità dei Winners, ma pone una serie di problemi aggiuntivi.
Il titolo del film è volutamente ambiguo: suck come succhiare ma anche come fare schifo. E in effetti, nei momenti migliori del film, il vampirismo funziona come metafora dell’elemento esterno e imponderabile che determina chi ha successo e chi no.
Victor (Iggy Pop) è un musicista che ha avuto il suo momento di gloria parecchio tempo fa. Ha un vecchio studio di registrazione dove i Winners incidono il primo pezzo dopo la vampirizzazione di Jennifer. È una specie di consigliere che si appella alla parte razionale di Joey. Dovrebbe essere duro e inflessibile, ma più il personaggio è vicino alla sua realtà e meno Iggy Pop riesce a trasmettere vibrazioni da oppositore credibile.
Vedilo se ti piacciono: i film sui musicisti di scarso successo, i vampiri, i cameo dei musicisti famosi, le atmosfere gotiche, un sottofondo comico che affiora qua e là. Non guardarlo se i vampiri li prendi sul serio.
Tank Girl (Rachel Talalay, 1995)
Anno 2033, un cataclisma ha desertificato la terra e una supercorporation (Water&Power) controlla la quasi totalità dell’acqua rimasta. Tank Girl (Lori Petty) rifiuta di sottomettersi al potere di WP, che combatterà insieme a Jet Girl (Naomi Watts) e i Rippers, guerrieri metà uomini e metà canguri. Tratto dall’omonimo fumetto di James Hewlett e Alan Martin.
In un film basato non tanto su sottili sfumature psicologiche, quanto su personaggi che fanno a badilate, il ruolo di Pop è chiaramente connotato come cattivo minore. Interpreta Rat Face, il cliente pedofilo del bordello di Madame (Ann Magnuson) che cerca argento (e trova rogne) nel cestino del pranzo di Sam (Stacy Linn Ramsower).
Vedilo se ti piacciono: i fumetti, gli effetti speciali, le ambientazioni post-apocalittiche, la satira antimilitarista, l’umorismo grossolano, i film d’azione. Non guardarlo se cerchi una distopia con risvolti filosofici profondi.
Quelli stimabili
Ben scritti, ben recitati, ben allestiti e grande soddisfazione a fine visione. Magari i film con Iggy Pop non è necessario vederseli tutti, ma perdersi questi sarebbe proprio un peccato.
Dead man (Jim Jarmush, 1995)
Fine Ottocento, Nord America. William Blake (Johnny Depp), contabile di Cleveland, intraprende un lungo viaggio di lavoro verso la città di Machine, solo per scoprire una volta arrivato che il suo posto è stato assegnato a qualcun altro. Coinvolto in un fatto di sangue e colpito da una pallottola, fugge dalla cittadina e incontra Nessuno (Gary Farmer), un nativo americano che lo accompagnerà nel resto del suo viaggio.
Il personaggio di Iggy Pop è Salvatore “Sally” Jenko, un venditore di pellicce che veste abiti femminili, prepara fagioli per cena e intrattiene i suoi compagni di accampamento con il racconto delle torture che Nerone riservava ai cristiani. Sally è perfettamente caratterizzata come donna semplice e timorata di Dio che tiene alla quiete del focolare. Sfortunatamente il contesto è così assurdo da mandare a monte le sue pacifiche aspirazioni, appena pochi minuti dopo l’entrata in scena di William Blake.
Vedilo se ti piacciono: i post-western, i riti di passaggio, le atmosfere oniriche, i dialoghi rarefatti. Non guardarlo se preferisci i fumettoni ai film d’autore.
Cry Baby (John Waters, 1990)
Cosa succede quando un ragazzo e una ragazza si amano nonostante provengano da ambienti diversissimi tra loro? Che ti trovi davanti a una versione di Romeo e Giulietta a Baltimora negli anni Cinquanta, rivisti in chiave pop dagli anni Novanta. Sullo sfondo, l’omicidio di Carolyn Wasilewski e la conseguente campagna di stampa negativa che investì la sottocultura drape.
Qui Iggy interpreta Belvedere, zio del protagonista Cry Baby (Johnny Depp) e compagno della nonna Ramona (Susan Tyrrell). I due sono i progenitori hillbilly dei giovani drape che si radunano al Turkey Point, e a modo loro hanno una funzione genitoriale insostituibile. Chi, altrimenti, spronerebbe i ragazzi a saccheggiare e malmenare gli squares? Chi gli regalerebbe motociclette e culle fatte di teschi?
Vedilo se ti piacciono: le subculture anni ’50, i musical, le parodie, Johnny Depp, il kitsch, i personaggi scorretti e il lato comico del disagio sociale. Non guardarlo se non sopporti i teen drama.
Coffee and cigarettes (Jim Jarmush, 2003)
Undici episodi tenuti assieme da un tavolo a scacchi, caffè, sigarette e conversazioni (quasi sempre) imbarazzanti. Uscito nello stesso anno in cui è stato proibito il fumo nei locali pubblici, il film celebra caffè e sigarette sia come momento di pausa che come argomento di discussione.
Nell’episodio Somewhere in California Iggy Pop interpreta sé stesso alle prese con un Tom Waits piuttosto permaloso. Entrambi hanno un rapporto lungo e problematico con il fumo: è l’unico argomento che li unisce, prima che il disagio diventi palpabile.
Vedilo se ti piacciono: tanti dialoghi e poca azione, il bianco e nero, i bar e i locali, la musica di sottofondo, i musicisti che recitano. Non guardarlo se ti snervano gli esercizi di stile.
Immagine di copertina: Roger Woolman, CC BY 3.0, via Wikimedia Commons