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I nostri fantasmi, Fenix Entertainment

I nostri fantasmi è il primo lungometraggio del regista Alessandro Capitani, che nel 2016 si aggiudica il David di Donatello per il miglior cortometraggio con Bellissima. La sua opera prima viene presentata alle Giornate degli Autori a Venezia in occasione della 78esima Biennale Cinema.

Il film

È indubbiamente un racconto colmo di delicatezza, il film dal titolo che ricorda la commedia in tre atti di Eduardo de Filippo. E i fantasmi della storia sono esattamente quelli creati da chi è vivo, ma che finisce col soccombere al peso di presenze del passato e ad ostacoli invisibili.

Capitani, sulla base di una sceneggiatura scritta con Francesca Scialanca e Giuditta Avossa, non si sbilancia mai, e compone l’opera di un narratore alle prime armi che opta per l’equilibrio geometrico, più che per un azzardo che attiri l’attenzione.

Tale scelta si fa sentire, e tutto si adagia in maniera tenue, piacevole, ma non indimenticabile. I nostri fantasmi si dedica alla rappresentazione prima di fantasmi interpretati per sopravvivere, da Valerio (Michele Riondino) e suo figlio Carlo che vivono in un sottoscala in seguito ad uno sfratto, poi di quelli pericolosi, come le presenze nella vita di Myriam (Hadas Yaron), mostri in carne ed ossa.

I bambini sono il futuro da preservare, la prospettiva da proteggere affinché non venga intaccata dagli errori e i drammi dei padri e delle madri. A questo proposito la commedia cede il passo al dramma, ed insieme viaggiano su binari paralleli. Si tramuta in una storia d’amore affrettata, purtroppo, assicurando un finale fin troppo prevedibile.

I nostri fantasmi è una favola che si spalanca su un mondo tutto da raccontare, peccato cammini sul bordo, invece di immergersi ed immergerci.

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Silvia Pezzopane
Ho una passione smodata per i film in grado di cambiare la mia prospettiva, oltre ad una laurea al DAMS e un’intermittente frequentazione dei set in veste di costumista. Mi piace stare nel mezzo perché la teoria non esclude la pratica, e il cinema nella sua interezza merita un’occasione per emozionarci. Per questo credo fermamente che non abbia senso dividersi tra Il Settimo Sigillo e Dirty Dancing: tutto è danza, tutto è movimento. Amo le commedie romantiche anni ’90, il filone Queer, la poetica della cinematografia tedesca negli anni del muro. Sono attratta dalle dinamiche di genere nella narrazione, dal conflitto interiore che diventa scontro per immagini, dalle nuove frontiere scientifiche applicate all'intrattenimento. È fondamentale mostrare, e scriverne, ogni giorno come fosse una battaglia.