Holy Slut

Holy Slut (orig. Sainte Chienne) del regista francese Fred Mascaras è stato il vincitore del premio come Miglior Documentario durante la 19° edizione del festival internazionale di cortometraggi In The Palace di cui vi avevamo parlato qui.

In pieno lockdown, una ragazza vaga da sola nella notte scrivendo frammenti della propria storia sui muri della cittadina francese di Albi. Il suo vero nome non lo conosciamo, conosciamo solamente la sua firma: Holy Slut. Dopo aver fatto fronte, a soli tredici anni, al trauma di un abuso sessuale, la protagonista di questa storia affronta un percorso di elaborazione che la porta a servirsi di quella stessa esperienza traumatica per costruirsi un’identità nuova e parlare al mondo di tutti i suoi fantasmi. Un trauma che risulta ancora più terribile per la sua connotazione generazionale, come una maledizione che si trasmette di madre in figlia. Prima di lei, infatti, anche la nonna e la madre della protagonista sono state vittime di abusi.

Quell’epiteto volgare che da sempre è stato affibbiato alle donne come un marchio di infamia (slut), nel corso del film viene spogliato di ogni sua valenza dispregiativa per trasformarsi – similmente alla croce cristiana – da segno di condanna a vera propria arma e simbolo di rivincita, la vittoria dello spirito su un corpo martoriato (Holy Slut). 

Nella serata conclusiva di In The Palace, la giuria presieduta da Petra Zöpnek, Francesca Vargiu e Skye Fitzgerald ha premiato il film con queste parole: “Un puro ed autentico grido nella notte. Il film combina cinema e poesia per creare un potente saggio sulla violenza sessuale contro le donne, raccontato da una voce distinta che non è quella di una vittima.”

C’è una parola che negli ultimi anni è stata usata e abusata fino allo sfinimento. Quella parola è resilienza. Tuttavia, mi sento di dire che questa sia la parola che meglio condensa l’intero senso di questo piccolo gioiello di appena 8 minuti. Un viaggio nella notte accompagnato da una regia vagamente onirica e una scrittura schietta e senza peli sulla lingua. Un documentario intimista e poetico, nato di un incontro quasi casuale tra il regista e la protagonista, che oltre ad essere una reale testimonianza sulla violenza è anche un grido di battaglia contro ogni forma di ingiustizia. 

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Cassandra Enriquez
Classe 1993, diplomata in Sceneggiatura presso la Civica Scuola di Cinema Luchino Visconti di Milano. Il mio imprinting col cinema è avvenuto all’età di dieci anni, facendo zapping alla TV e capitando casualmente sulla versione estesa de La Compagnia dell’Anello. Tutto ciò che è capitato dopo è in qualche modo legato a quella sera di zapping: il desiderio di lavorare col cinema, la voglia di imparare le lingue (dopo tutto Tolkien era un linguista), la smania di viaggiare, la passione per le belle storie… Sono affascinata da tutto ciò che riguarda l’arte dello storytelling e il mio sogno più grande è quello di vivere la mia vita dividendomi tra una bozza di Final Draft e una manciata di biglietti aerei di sola andata.