Harmony Korine sul red carpet di Venezia 81 per la presentazione di Baby Invasion - Credits: Giorgio Zucchiatti. La Biennale di Venezia -Foto ASAC
Harmony Korine sul red carpet di Venezia 81 per la presentazione di Baby Invasion - Credits: Giorgio Zucchiatti. La Biennale di Venezia -Foto ASAC

The era of conventional films is ending
Harmony Korine

Niente è reale, tutto è manipolato. Harmony Korine torna alla Mostra del cinema di Venezia dopo Aggro Dr1ft dello scorso anno. Il suo nuovo film, Baby Invasion, è un lucidissimo progetto perturbante (e in parte folle) che riflette sull’intelligenza artificiale, sulla verità delle immagini e la consistenza della violenza.

Il linguaggio del videogioco sfonda la parete dell’interattività e l’aggressività dei molteplici stimoli sparati in faccia a chi guarda si contamina con la ricerca sperimentale, con la possibilità di visione simultanea.

Korine ci parla di livelli, strati, attraverso cui il suo lavoro ha preso forma, il tutto avviluppato nella colonna sonora martellante realizzata dal musicista britannico Burial, che il regista non ha mai incontrato dal vivo, ma al quale ha inviato il film pronto per essere investito di un sonoro che di fatto è responsabile quasi più delle immagini del coinvolgimento fisico di vibrazioni e “ipnosi” da cui lo spettatore viene colpito.

Un'immagine da Baby Invasion di Harmony Korine
Un’immagine da Baby Invasion di Harmony Korine – Courtesy of La Biennale

L’obiettivo di Korine è donare un’esperienza al suo pubblico, numeroso e in visibilio alla suggestiva proiezione di mezzanotte.
“Voglio che il pubblico viva un’esperienza, non esiste script, solo idee“, dice il regista, interrogandosi su cosa avverrà dopo.

A questo aggiunge una simbologia horror che genera uno stridente accostamento con le maschere da bebè, indicative dei personaggi, ladri senza pietà, e carichi di una rabbia giovanile incanalata in violenza efferata e gratuita, e una buona dose di “fanculo a tutti”, la stessa che rende Korine unico nel panorama cinematografico attuale.

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Silvia Pezzopane
Ho una passione smodata per i film in grado di cambiare la mia prospettiva, oltre ad una laurea al DAMS e un’intermittente frequentazione dei set in veste di costumista. Mi piace stare nel mezzo perché la teoria non esclude la pratica, e il cinema nella sua interezza merita un’occasione per emozionarci. Per questo credo fermamente che non abbia senso dividersi tra Il Settimo Sigillo e Dirty Dancing: tutto è danza, tutto è movimento. Amo le commedie romantiche anni ’90, il filone Queer, la poetica della cinematografia tedesca negli anni del muro. Sono attratta dalle dinamiche di genere nella narrazione, dal conflitto interiore che diventa scontro per immagini, dalle nuove frontiere scientifiche applicate all'intrattenimento. È fondamentale mostrare, e scriverne, ogni giorno come fosse una battaglia.