TAXI MONAMOUR di Ciro de Caro
TAXI MONAMOUR di Ciro de Caro

Presentato in concorso il 3 settembre alla 21ª edizione delle Giornate degli Autori all’interno del Festival di Venezia, Taxi Monamour è il quarto lungometraggio di Ciro De Caro.

Essenziale, asciutto, vero, il film vede protagonisti due sguardi femminili, quello di Anna (Rosa Palasciano) e quello di Nadiya (Yeva Sai), che condividono una simile insofferenza, velata di malinconia e assetata di una libertà che sembra inarrivabile.

Due solitudini alla fermata del bus

Due giovani donne si incontrano ogni notte alla fermata dell’autobus: Anna lavora in prova come cameriera in un ristorante, Nadiya fa la badante. La prima non riesce a confessare la sua malattia alla famiglia, in cui pare sempre sentirsi fuori posto, la seconda ha nostalgia del suo paese, l’Ucraina, da cui è fuggita a causa della guerra lasciando casa e fidanzato.

Il loro incontro è fugace e inaspettato. Completandosi nelle loro diversità, vivono una serie di momenti di libertà, rispettivamente accantonando per qualche istante ciò che fa più male. Taxi Monamour è un’espressione che nasce da un passaggio che accettano insieme, in una notte di sciopero dei mezzi, dove due ragazzi ci provano con loro senza successo.

Quello che nasce tra le due è più di un’amicizia: l’una riesce a leggere la solitudine dell’altra, si riconoscono quando nessun altro sembra capirle, e scelgono per la loro vita incondizionatamente, con il coraggio di andare contro, anche quando questo comporta intraprendere la strada meno sicura.

Il linguaggio di Taxi Monamour

La forza di Taxi Monamour sta nel suo linguaggio: seguendo due individualità all’interno di situazioni quotidiane e prigioni personali, De Caro ricorda con la ricerca della sua regia e con la scelta della fotografia (di Manuele Mandolesi) l’essenzialità visiva di Cristian Mungiu, e una poetica intessuta di indagine trasparente e verità tangibile, che attraversa luoghi e interpreti.

Lo slittamento continuo tra i due punti di vista si articola in una rappresentazione così realistica da sembrare documentaria, specialmente quando lo sguardo registico si inserisce nelle situazioni familiari, negli scambi tra Anna e suo fratello (Valerio Di Benedetto), nei momenti di difficoltà che vive Nadiya, accolta in casa degli zii ma estranea a tutto ciò che la circonda, chiusa alla possibilità di adattarsi.

Ostinatamente, Anna e Nadiya non vogliono che siano gli altri a decidere per loro, la guerra reale e la guerra interiore si scontrano, l’effetto è un ritratto diretto e sensibile.

Taxi Monamour è uscito al cinema il 4 settembre distribuito da Adler Entertainment.

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Silvia Pezzopane
Ho una passione smodata per i film in grado di cambiare la mia prospettiva, oltre ad una laurea al DAMS e un’intermittente frequentazione dei set in veste di costumista. Mi piace stare nel mezzo perché la teoria non esclude la pratica, e il cinema nella sua interezza merita un’occasione per emozionarci. Per questo credo fermamente che non abbia senso dividersi tra Il Settimo Sigillo e Dirty Dancing: tutto è danza, tutto è movimento. Amo le commedie romantiche anni ’90, il filone Queer, la poetica della cinematografia tedesca negli anni del muro. Sono attratta dalle dinamiche di genere nella narrazione, dal conflitto interiore che diventa scontro per immagini, dalle nuove frontiere scientifiche applicate all'intrattenimento. È fondamentale mostrare, e scriverne, ogni giorno come fosse una battaglia.