Il Garofano Rosso Film Festival propone quest’anno 60 opere cinematografiche in concorso, suddivise in otto sezioni tematiche, ognuna dedicata a una particolare visione della marginalità, oltre che talk tematici ed eventi speciali.

Anche l’animazione è protagonista tra i linguaggi utilizzati per comunicare attraverso il formato del cortometraggio, in particolare due corti affrontano tematiche serie e complesse avvalendosi di tecniche artistiche come la stop motion nel caso di Blu di Michela Anedda, o l’animazione classica come per Onward ye costumed souls di Patrick Smith.

Blu di Michela Anedda

In concorso nella sezione tematica Afterword, dedicata a storie di vita ai margini che sfidano pregiudizi e convenzioni, Blu è un cortometraggio animato realizzato completamente in stop motion che affonda le sue radici nella fascinazione estetica dell’immaginario di Tim Burton e nell’ispirazione per personaggi tridimensionali con un design accattivante e grottesco.

Nel corto un angelo della morte che abita in un’isola nel mezzo del Mediterraneo, prova a trovare un motivo per andare avanti, con grande frustrazione per il suo lavoro (data la longevità degli abitanti del luogo) e la routine che spegne qualsiasi scintilla o gioia per quello che fa. Uno spot attira la sua attenzione (ed è l’unico tassello realizzato con un’animazione classica): 1000 anime per una falce da urlo, con tanto di mantello di velluto. Ma l’effetto non è quello sperato.

Blu di Michela Anedda è un lavoro ammirabile dal punto di vista tecnico e artistico, merito anche della collaborazione con Studio Chroma, e tratta con ironia sia il concetto di morte che quello di insoddisfazione lavorativa, qualsiasi sia il lavoro da svolgere.

Onward ye costumed souls di Patrick Smith

La tua schiena sarà spezzata, la tua anima sarà schiava. I tuoi cari compagni periranno tragicamente e tu assumerai, anzi erediterai, il ruolo di tiranno. Così si presenta la sinossi di Onward ye costumed souls di Patrick Smith, animatore e youtuber statunitense con una filmografia che comprende Beavis and Butthead Do America (1996) e la serie di MTV Daria.

Il suo lavoro è breve e incisivo, presentato nella sezione Bizarre, dedicata a esplorazioni dell’insolito e del surreale, riflette dinamiche di potere e dipendenza, mette in scena personaggi simili, sovrapponibili, incatenati e mai liberi, sotto il peso del controllo altrui. In pochi minuti delinea un inferno senza via di scampo, senza rinunciare ad una buona dose di ironia.

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Silvia Pezzopane
Ho una passione smodata per i film in grado di cambiare la mia prospettiva, oltre ad una laurea al DAMS e un’intermittente frequentazione dei set in veste di costumista. Mi piace stare nel mezzo perché la teoria non esclude la pratica, e il cinema nella sua interezza merita un’occasione per emozionarci. Per questo credo fermamente che non abbia senso dividersi tra Il Settimo Sigillo e Dirty Dancing: tutto è danza, tutto è movimento. Amo le commedie romantiche anni ’90, il filone Queer, la poetica della cinematografia tedesca negli anni del muro. Sono attratta dalle dinamiche di genere nella narrazione, dal conflitto interiore che diventa scontro per immagini, dalle nuove frontiere scientifiche applicate all'intrattenimento. È fondamentale mostrare, e scriverne, ogni giorno come fosse una battaglia.