Familia, un dramma vero e oscuro tra le mura di casa – Recensione

Francesco Gheghi e Barbara Ronchi in una scena di Familia di Francesco Costabile
Francesco Gheghi e Barbara Ronchi in una scena di Familia di Francesco Costabile. Courtesy of Medusa Film

Familia, opera seconda di Francesco Costabile, è stato presentato a Venezia 81 nella sezione orizzonti, dove il giovane protagonista Francesco Gheghi ha vinto il premio come miglior interprete maschile. Tratto dall’autobiografia di Luigi Celeste dal titolo Non sarà sempre così, è distribuito da Medusa Film e in sala dal 2 ottobre 2024.

Familia, la trama

Licia (Barbara Ronchi) è una donna che si divide tra lavoro e figli. Suo marito Franco Celeste (Francesco Di Leva) è appena uscito di prigione, ha provato ad allontanarlo per via dei suoi atteggiamenti violenti senza successo. Nella sua vita ripiomba più volte, nonostante i tentativi di denunce, e questo altera la sua serenità e quella dei suoi due figli. In particolare Luigi, che sta prendendo una brutta piega: rincasa tardi la sera, frequenta neofascisti, è sempre di cattivo umore. Intanto la violenza tra le mura domestiche non finisce.

Una spirale claustrofobica

Dopo Una femmina (2022), Costabile ritorna con un dramma familiare, racconta della violenza, l’attraversa, la fa attraversare, e la restituisce servendosi della famiglia formata da Licia, Franco, Luigi e Alessandro.

Familia è costruito come un quadro di Caravaggio, con un gioco insanabile di ombre oscure e asfissianti che la macchina da presa usa per mostrare senza risparmiarsi. Lo fa con la forza delle immagini opache, buie e disturbanti che sul grande schermo rendono tattile il dolore di una famiglia intera, quello lacerante che deriva dalla paura e dalla violenza logorante.

Familia, da Pater familias

Il titolo del film, come affermato anche da Costabile, richiama l’etimologia e il concetto di pater familias che avoca pienamente le radici del patriarcato, lanciate su sfondo nero a caratteri cubitali con l’unico intento di suggestionare, e di indurre a una riflessione.

Francesco Di Leva e Barbara Ronchi in una scena di Familia di Francesco Costabile. Courtesy of Medusa Film
Francesco Di Leva e Barbara Ronchi in una scena di Familia di Francesco Costabile. Courtesy of Medusa Film

L’aspetto su cui Familia si focalizza è la svolta irrimediabile della brutalità vissuta nel contesto casalingo, e in particolar modo nella vita di un adolescente. Luigi (Francesco Gheghi) si trova smarrito alla ricerca di un’identità e di un esempio maschile da seguire, così finisce per unirsi a un gruppo di estrema destra dove trova un ideale, un leader, dei fratelli e soprattutto ha modo di sfogare tutta la sua rabbia.

La caratterizzazione di Luigi è fondamentale, muove e smuove l’intreccio della trama, delle dinamiche tra genitori e figli, figli che salvano la madre e la madre che attende un cambiamento effimero, guidato da un sentimento di rassegnazione, accettazione e stanchezza emotiva. 

Violenza sulle donne, un tema portante

Nucleo emotivo e tematico di Familia è il racconto della violenza sulle donne come estratto di inquietudini profonde che percorrono la quotidianità dei giorni nostri. Licia, interpretata da una magistrale Barbara Ronchi, incarna il ruolo di madre e donna arresa, masochista e autolesionista per dettame della cultura in cui è immersa. E che si consegna, quasi ormai per inerzia, nelle braccia del carnefice con una debolezza psicologica inverosimile, pressoché perversa.

La coppia Ronchi/Di Leva restituisce la tragedia per mezzo dei sospiri affannosi e gli sguardi persi e infelici. Francesco Gheghi e Marco Cicalese, rispettivamente Luigi e Alessandro, lavorano sul piano delle parole non dette e dei gesti allegorici delle mani usate per tappare le proprie orecchie e immergersi in una realtà parallela, quasi onirica, fino al momento in cui l’incubo consumato tra le mura domestiche si esaurisce.

Familia, in breve

Il lavoro di Francesco Costabile si presenta come un dramma oscuro dal ritmo serrato, spasmodico e convincente. Un film che senz’altro richiede concentrazione, introspezione e la piena coscienza della complessità dei temi trattati. Un’opera pienamente riuscita e per cui vale la pena concedersi il tempo di una seconda, una terza visione.

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Annamaria Martinisi
Sono il risultato di un incastro perfetto tra la razionalità della Legge e la creatività del cinema e la letteratura. La mia seconda vita è iniziata dopo aver visto, per la prima volta, “Vertigo” di Hitchcock e dopo aver letto “Le avventure di Tom Sawyer” di Mark Twain. Mi nutro di conoscenza, tramite una costante curiosità verso qualunque cosa ed il miglior modo per condividerla con gli altri è la scrittura, l’unico strumento grazie al quale mi sento sempre nel posto giusto al momento giusto.