Il 12 luglio si apre con Un mondo a Parte di Riccardo Milani la ventunesima edizione del Tuscia Film Fest diretto da Enrico Magrelli. In una panoramica ricca e diversificata del cinema italiano dello scorso anno, tantissimi sono gli ospiti e gli eventi da seguire, che si protrarranno fino alla serata conclusiva del 20 luglio con chiusura speciale nel Sacro Bosco di Bomarzo che eccezionalmente aprirà le sue porte al pubblico di sera per ospitare la celebrazione dell’anniversario di Ogni maledetto Natale diretto da Giacomo Ciarrapico, Mattia Torre e Luca Vendruscolo.
Il festival, incastonato in magici luoghi del cinema, da anni accoglie il suo pubblico con grande calore, portando storie e realtà diverse, ma anche un confronto attivo con il territorio che lo ospita. Abbiamo intervistato il direttore artistico della rassegna, Enrico Magrelli, giornalista e critico cinematografico, nonché tra gli autori e conduttori del programma quotidiano di Rai Radio Tre Hollywood Party.
L’intervista
Il Tuscia Film Fest è un evento molto apprezzato dal pubblico, lo abbiamo visto con l’affluenza della scorsa edizione.
La risposta del pubblico e degli spettatori di Viterbo e dintorni è stata sempre molto positiva, molto attenta, molto affettuosa mi viene da dire. Questo sicuramente è dato dalle scelte di programmazione che facciamo, sempre puntate sul cinema italiano dell’annata: nessuno riesce a vedere tutti i film interessanti e di qualità che vengono proposti. Offriamo quindi allo spettatore una seconda possibilità di vederli e di incontrare una storia piuttosto di un’altra, che magari ha perduto per mille motivi. Anche noi che facciamo questo mestiere non riusciamo a vedere tutto, perché c’è un’offerta molto ampia, c’è una vitalità di piattaforme e non solo, e quindi la forza del festival è proprio il suo pubblico.
Ma non si limita ai film. Adesso, come sai, si parla molto dell’importanza di registi, attori, sceneggiatori, che accompagnano i film dappertutto. È una cosa di cui tutti si sono resi conto, qualcuno anche tardivamente. Ci si è resi conto di quanto sia importante dare allo spettatore qualcosa in più.
Io ovviamente frequentavo, anche prima di occuparmene direttamente insieme a Mauro (Morucci, direttore organizzativo del festival, N.D.R.), il Tuscia, e i primissimi anni mi era capitato di andare lì per fare degli incontri, non eravamo ancora a Piazza San Lorenzo però sempre all’aperto, nella dimensione delle arene, e da subito si è data importanza a quello che non è il classico dibattito, ma un approfondimento, non necessariamente accademico o noioso, su quello che è stato visto, che arricchisce l’esperienza di una serata. Non dico sia stata una caratteristica esclusiva del Tuscia, solo che noi abbiamo cominciato subito. E quindi speriamo che anche quest’anno ci sia una risposta importante. Immaginiamo di sì visto le scelte che sono state fatte
Inoltre ci tengo a dire che da sempre abbiamo scelto di far pagare un biglietto allo spettatore, un po’ perché il cinema è un’industria in quanto tale, e poi perché se tu fai delle cose gratis la gente viene, va via. È come se non desse valore a quello che stai proponendo.
Anche perché il Tuscia quest’anno raccoglie davvero tutto il meglio del panorama italiano dell’ultimo anno, i film più importanti.
Luglio è pieno di piccoli grandi appuntamenti, compreso il Tuscia ormai, che è arrivato alla ventunesima edizione, e non è facile districarsi, però anche quest’anno verranno tantissimi ospiti, praticamente quasi tutti i registi dei film che, ragionando con Mauro, ci sono sembrati i più buoni e i più forti dal punto di vista narrativo. Lo spirito che abbiamo sempre avuto è quello di proporre una programmazione diversificata, con film mainstream ma anche con opere che magari sono sfuggite al radar di tutti. Quel dialogo che poi viene fuori, evidentemente è diventato un appuntamento che non si limita a entrare in contatto con personaggi popolari o popolarissimi.
Parecchi degli ospiti che tornano quest’anno sono già stati in passato, e questo mi fa molto piacere, solo Matteo Garrone non potrà essere presente alla serata del 16 luglio, quando verrà proiettato Io capitano, ma sarà presente il direttore della fotografia Paolo Carnera (vincitore del David di Donatello e dei Nastri d’Argento per il film, N.D.R.).
Poi il Tuscia Film Fest nasce come evento autoprodotto, così come Berlino (L’Italian Film Festival Berlin, organizzato dal Tuscia Film Fest, N.D.R.) questo ci tengo molto a dirlo. I primi anni tutto si reggeva sugli incassi del cinema e un po’ di contributi: ce la siamo cavata, siamo cresciuti e riusciamo a fare quello che facciamo in una delle piazze in assoluto più belle e più cinefile d’Italia, la piazza dove Orson Welles ha girato alcune scene dell’Otello.
Il successo del Tuscia Film Fest sicuramente è dato anche dal dialogo attivo che instaura con il territorio.
Quello è vero un po’ perché nasce da un gruppo di lavoro che per il 99 per cento vive nella Tuscia, soprattutto a Viterbo, e questo secondo me aiuta, poi il tipo di comunicazione che c’è nei giorni del festival è quella di un evento non gelido, che sta in cima alla colonna o dentro a un freezer. C’è un calore oggettivo. Il Tuscia non è percepito come qualcosa che viene paracadutato dall’alto. Ovviamente come tutte le rassegne ha una sua durata, ma dopo quei giorni non tutto finisce, continuano le serate nel multisala di Viterbo organizzate dal nostro gruppo di lavoro ad esempio, per proseguire un dialogo che non sia effimero, e questo fa sentire gli spettatori parte del progetto, coinvolgendoli.
Poi tutta la Tuscia ormai ha una memoria cinematografica non indifferente. Sono state infatti realizzate delle targhe cinematografiche che sono state poi poste un po’ in tutta la Tuscia. E a ben pensarci quest’anno c’è una rappresentazione del territorio che passa da una Tuscia reale, chiamiamola così, che è quella di Alice Rohrwacher con La chimera, e una Tuscia completamente immaginaria e immaginata, con uno strano dialetto, che è quella di di Ogni maledetto Natale diretto da Giacomo Ciarrapico, Mattia Torre e Luca Vendruscolo.
Film che chiuderà il festival nella suggestiva cornice del Parco dei Mostri di Bomarzo.
Dopo la risposta positiva dello scorso anno con il primo esperimento a Bomarzo e un film come Bones and all di Luca Guadagnino, abbiamo deciso di replicare. Quest’anno il sapore sarà totalmente diverso, questo è ovvio, ma è giusto che sia così.
La serata del 20 luglio è per l’anniversario di un film che compie 10 anni. Sarà l’ultimo appuntamento del Tuscia ma proseguirà tra il 12 e il 14 settembre sempre a Viterbo, con eventi dedicati a Mattia Torre e alla galassia di Boris. Per Ogni maledetto Natale ci sarà l’incontro con i registi e parte del cast del film, in molti hanno già aderito e magari altri aderiranno, e questo anticiperà poi dei reading in cui Valerio Aprea sceglierà delle letture di alcuni testi di Mattia Torre, del quale sarà presente anche la moglie, e questo ci fa molto piacere.
Invece a ricevere il Pipolo Tuscia Cinema saranno Romana Maggiora Vergano e Francesco Centorame.
Il premio Pipolo, che c’è da tantissimi anni, va sempre a giovani attori e giovani attrici. È un premio che in passato hanno vinto anche Valentina Lodovini, Isabella Ragonese, quando erano proprio agli inizi, quindi porta anche discretamente bene.
Quest’anno va ai due giovani protagonisti del film di Paola Cortellesi, C’è ancora domani, e speriamo che si ripeta questa piccola magia. Per i giovani attori non è facile, perché se non individui il film giusto da interpretare poi ti perdi. Il film, indipendentemente da cosa si possa pensare, possiede una sua magia misteriosa, e ha attivato un’adesione da parte degli spettatori veramente incredibile.
Quindi sì il panorama italiano, ma anche la ricerca di orizzonti cinematografici molto diversi tra loro.
Sì e quest’anno è anche la prima volta che portiamo un film d’animazione (Mary e lo spirito di mezzanotte di Enzo d’Alò, N.D.R.) in quello che vuole essere anche un piccolo esperimento, per accogliere un pubblico anche più piccino, cosa di cui siamo molto felici. Come ci fa piacere, dato che è stato l’anno di attori e attrici che hanno esordito alla regia, avere Neri Marcorè da una parte, e Michele Riondino dall’altra.
Tra Zamora e Palazzina Laf non c’è nessun punto di contatto perché i due film raccontano due universi distanti, due Italie così lontane da appartenere a pianeti che non si allineano mai, però è interessante come questo smentisca quei luoghi comuni giornalistici per cui il cinema italiano, come entità astratta, faccia sempre gli stessi film, che non è assolutamente vero. Ed è anche giusto in un programma come quello del Tuscia offrire sapori, storie, panorami, non solo geografici ma anche emotivi, culturali, e di pensiero, diversi.
Il segreto sta nella scelta del programma e nell’eterogeneità della proposta, questo vale sempre, anche in festival più grandi. Anche perché il cinema, indipendentemente da quelle che sono le logiche industriali, acchiappa sempre i colori del mondo in qualche modo, cristallizza delle dinamiche, a volte riesce anche a illuminarle o ad anticiparle, è inevitabile. Il cinema intercetta umori, sentimenti, paure, racconta la psicologia del periodo storico a cui appartiene, così come ne riflette il cuore e la testa di chi lo ha fatto. Per questo è importante che ci siano film che fanno sorridere, ma anche quelli che aiutino a pensare.