Emmy 2020: a fine luglio sono state annunciate le nomination dell’edizione di quest’anno che, a causa della pandemia, slitterà al 20 settembre. Vorrei parlarvi di sorprese ma in realtà tutto rientra nella norma, solo mode di passaggio e nomination mancate.
Emmy 2019 all’insegna dei diritti LGBT+
L’anno scorso la premiazione degli Emmy è stata sorprendente, un’edizione senza conduttori in cui le tematiche hanno segnato una svolta non indifferente. Sono successe cose memorabili, dando l’idea che finalmente i celebri premi per la televisione si concentrassero anche sugli effetti sociali che essa esercita.
Billy Porter ha vinto come come miglior attore protagonista in una serie drammatica, Pose (ideata, tra gli altri, da Ryan Murphy), essendo il primo omosessuale nero a ricevere un premio. Patricia Arquette ha vinto un Emmy come Miglior Attrice Non Protagonista per la sua interpretazione nella miniserie The Act, pronunciandosi in un drammatico e toccante discorso sulla necessità di annientare i pregiudizi nei confronti delle persone transgender. Nominando sua sorella trans Alexis, morta a soli 47 anni.
Sulla scia dell’uguaglianza elettrizzante messa in atto dalla kermesse la competizione di drag queens RuPaul’s Drag Race vince come miglior reality, e il conduttore RuPaul riceve il premio di Miglior Conduttore di Reality. Altre serie LGBT+ attirano l’attenzione e si aggiudicano ulteriori riconoscimenti: Jodie Comer, come Miglior Attrice Protagonista in una serie drammatica per il suo ruolo in Killing Eve, e Ben Whishaw come Miglior attore non protagonista in una miniserie o film TV per il suo ruolo in A Very English Scandal.
È tutto bellissimo, mi sono detta, in un particolare momento di commozione che si verifica quando tutti i pianeti si allineano e ho l’impressione di vivere in un mondo dove il concetto di diversità è superato e il futuro appare radioso. Ma, come la moda del caschetto asimmetrico rimane un ricordo, anche quella che agli Emmy non ci siano discriminazioni è andata in fumo senza lasciar traccia, se non qualche foto per dimostrare che non fosse un sogno.
Senza lasciar traccia
Billy Porter è stato premiato nel 2019 per il ruolo di Pray Tell interpretato nella serie tv drammatica Pose. Si sa che dalla mente di Ryan Murphy nascono creature senza eguali, tra le altre: American Horror Story, American Crime Story, The Politician e il più recente Hollywood. Eppure con Pose ha dato il via ad un ripensamento critico, oltre che artistico, di un momento storico, tra gli anni ’80 e ’90, di essenziale importanza per la comunità LGBT+, soprattutto per i transessuali raccontati e interpretati in due stagioni una meglio dell’altra (disponibili su Netflix).
Già, le vicende dei ball e della diffusione dell’AIDS che ha piegato la comunità rappresentate in Pose sono frutto dell’interpretazione, in primis, di attrici transessuali (in un mondo ideale, quello di qualche paragrafo fa, basterebbe “attrici” per definirle).
Le grandi dimenticate
MJ Rodriguez, Dominique Jackson, Indya Moore, Angelica Ross e tante altre, sono loro i volti femminili della serie in questione, sono loro i volti dimenticati totalmente dagli Emmy. Proprio Angelica Ross, in una diretta Instagram, si è lasciata andare in un pianto che lascia inermi.
Quasi scontenta vedo che l’unica nomination è andata a Billy Porter, anche quest’anno, senza nulla togliere all’attore che si è subito schierato a fianco delle sue “sorelle”, protagoniste trascurate dalle candidature. Forse è la scelta più cauta per rimanere sull’onda dell’accettazione, forse è una scelta deliberata per non valutare abbastanza eccezionale l’interpretazione della sfilza di attrici appena nominate.
Io ho visto Pose, l’ho amato per la sua ironia e per avermi donato dei personaggi così caldi, reali, quindi in fondo al cuore so di non arrabbiarmi per una sterile polemica. Per questo ve lo consiglio, per condividere con voi quel mondo ideale senza drammi e disuguaglianze dove se agli Emmy compaiono più di due attrici transessuali nominate non è un evento da annotare, ma semplicemente la normalità.