Lily Collins in una scena di Emily in Paris
Lily Collins in una scena di Emily in Paris. Courtesy of Netflix

Cosa avrà mai di speciale Emily in Paris per far parlare così tanto di sé? Se quattro anni fa, mentre gran parte del mondo era ancora in lockdown la domanda non se l’è posta nemmeno, premendo il tasto play su Netflix per combattere la noia, oggi – quattro stagioni dopo – è lecito chiederselo ancora.

Perché nonostante anche i fan – e persino alcune incursioni metanarrative dei personaggi stessi – sembrino concordare sul fatto che sia una serie brutta, in cui non succede quasi nulla, una volta iniziata diventa impossibile resistere alla tentazione di un altro episodio.

Emily in Paris e i meccanismi intramontabili della soap opera

Lui, lei, l’altra.. e poi l’altro, finiranno insieme prima o poi? I triangoli amorosi, le tresche e l’ambiguità del “Will they/Won’t they?” sono discussi apertamente nella trama come uno dei punti di forza stessi di Emily in Paris. Il segreto è un quel tocco di sano cliché hollywoodiano nascosto, neanche troppo bene, dietro gli stereotipi francesi ed europei.

Emily Cooper, in fondo, è solo una ragazza di Chicago che sì, sa fare benissimo il suo lavoro, ma conosce poco del mondo e ancor meno delle persone. Gli abiti eccentrici e la forte personalità non riescono a mitigare del tutto la sua natura moralista e un po’ bacchettona, che a Parigi – volutamente – viene messa alla prova ogni giorno.

Una scena di Emily in Paris

E forse è già questa la chiave per capirlo e il primo motivo per apprezzarlo: Emily in Paris non è altro che la versione ultra pop, ripulita e infiocchettata del Diario di Anaïs Nin, storia del risveglio sentimentale e sessuale della scrittrice americana nei suoi anni a Parigi, come dice Luc (Bruno Gouery) in uno degli episodi di cui abbiamo perso il conto. Al posto delle pagine scritte, ovviamente, c’è però un profilo Instagram in continuo aggiornamento.

Il segreto di Emily in Paris è non prendersi troppo sul serio

Ogni personaggio ha un ruolo fisso e prevedibile nella serie. C’è Sylvie (Philippine Leroy-Beaulieu), inarrestabile quando si tratta d’affari ma donna complessa e misteriosa nel privato. Luc e Julien (Samuel Arnold), che fanno da “spalla comica” alle sottotrame dell’agenzia di marketing in cui è ambientata gran parte della trama. Gabriel (Lucas Bravo) e Alfie (Lucien Laviscount), i due uomini di cui Emily si innamora; Camille (Camille Razat), fidanzata di Gabriel fin troppo a suo agio con segreti e bugie, come nelle migliori soap opera, e Mindy (Ashley Park), la prima vera amica di Emily a Parigi.

A nessuno di questi personaggi è davvero richiesta un’evoluzione, anche se quella di Sylvie c’è ed è particolarmente interessante. L’essenziale è che ognuno faccia la sua parte attorno a Emily e ai suoi drammi da cuore infranto.

Gli amori di Emily in Paris

Primo episodio, primo irresistibile cliché: il colpo di fulmine. Emily in Paris, almeno nelle stagioni iniziali, si trascina unicamente grazie alla chimica immediata tra il dolce chef Gabriel e la protagonista. Un amore avverso alle stelle, ostacolato, assaporato per pochi attimi fugaci e poi lasciato in un angolo della mente, sperando che possa andar via come un vecchio sogno.

Ancora una volta, ed è la parte più divertente, è un personaggio stesso, Gabriel in questo a caso, a sottolineare cosa il pubblico stia effettivamente guardando: “Perché non c’è niente di più attraente che osservare due persone che fanno di tutto per respingere i sentimenti che provano una per l’altra”.

Ed eccolo qui, il secondo motivo per cui Emily in Paris piace così tanto.

Poco importa se nel frattempo entrano in gioco anche altre storie compresa quella, al momento rimasta senza una vera chiusura, con Alfie. A meno che Emily in Paris non decida di diventare sovversivo e originale negli ultimi cinque episodi, è facile immaginare che si concluderà esattamente come è iniziato, con quello stesso colpo di fulmine che si trasforma in un lieto fine.

Tutto può cambiare ancora con l’arrivo di un nuovo personaggio, italiano. Che come altro avrebbe potuto chiamarsi se non Marcello, a Roma?

Aspettiamo La dolce dita di Emily per dirlo con certezza: dal 12 settembre su Netflix con la seconda parte della quarta stagione in streaming.

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