Raccontare la diversità, il pregiudizio sociale, la xenofobia e il peso delle aspettative fa la differenza solo se viene fatto bene. In Elemental (2023), il film d’animazione Pixar diretto da Peter Sohn, viene fatto più che bene: il punto di partenza è la realtà, le esperienze biografiche del regista, il risultato la creazione di un macrocosmo abitato da elementi (di fuoco, d’acqua, di terra e d’aria) che riflette le difficoltà di convivenza del presente.
Attraverso una spiccata sensibilità che passa sia per il racconto, con una storia che risuona per tutti perché riguarda tutti, che per l’estetica dello stile grafico, dinamico, fortemente espressivo, cangiante, Elemental è uno dei migliori film d’animazione Pixar degli ultimi anni, più maturo di Red, più stratificato di Luca, meno complesso di Soul. Torna alle origini, spingendosi nel futuro.
Dove vivono fuoco e acqua (e terra e aria)
Element City è dove gli dove gli abitanti di fuoco, acqua, terra e aria vivono insieme. Bernie e Cinder Lumen vi approdano per cambiare la propria vita, portando con sé una fiamma blu, simbolo delle loro tradizioni. Tutt’altro che ben visti dagli altri elementi, subiscono la loro diversità, mostrando a loro volta dei pregiudizi nei confronti di chi non gli somiglia, in particolare degli acquatici.
Il design e la diversificazione delle architetture riflettono le esigenze dei diversi elementi, restituendo la frenesia sempre in moto della metropoli, il ritmo delle giornate e la vicinanza. Per tutti tranne che per gli abitanti di fuoco: quando la coppia arriva non ne incontrano neanche uno, questo perché la città non è attrezzata per accoglierli, e quindi li denigra, additandoli come pericolosi per gli altri.
Le differenze tra gli abitanti e la conformazione dei luoghi in cui vivono fa pensare al melting pot culturale di New York, alla sovrapposizione di provenienze, tradizioni, abitudini, tutte riversate nello stesso posto, in cui basta prendere un treno per passare da uno scenario all’altro. Allo stesso modo il quartiere lontano dal centro in cui la coppia trova un posto dove stare e costruire una casa accogliente ha il calore di quartieri dove chi emigra riforma, tassello su tassello, la comunità che ha lasciato. Il razzismo, raccontato con fiamme, gocce e altri personaggi di fantasia, assume un’universalità che trascende l’animazione: parla a noi e di noi, come cittadini e individui in cui il pregiudizio fa spesso capolino in veste di un retaggio del passato, parla alle nuove generazioni, e forse questa ne è la forza più grande: come speranza per un futuro di vita in comune, in cui la diversità è la ricchezza in cui riporre la propria crescita.
Toccare le corde giuste
Peter Sohn trova ispirazione nella vita vera per il mondo di Element City, c’è la sua città, appunto New York, e molto di lui si può leggere nel personaggio di Ember Lumen, la protagonista di Elemental. Come lui, la ragazza di fuoco nasce nel luogo i cui genitori hanno scelto per cambiare vita, una terra di possibilità e promesse per il futuro, una città in cui essere felici, a discapito però di un isolamento da chi ha una cultura differente, in questo caso una chimica completamente diversa.
Le origini orientali del regista (figlio di immigrati coreani) sono alla base della rappresentazione del quartiere dove le fiamme vivono, lontane dal centro, dalla ricchezza della metropoli, e dagli altri elementi, che le considerano pericolose e diverse. Quando la famiglia di Ember, immigrata dalla Terra del Fuoco, arriva ad Element City, si ritrova in una Ellis Island dove gli viene attribuito un nuovo nome, più comune e facile da pronunciare. Pronti a trovare il proprio posto nella comunità, si spingono però così fuori da ritrovarsi ai margini di essa. Il padre di Ember allora apre un negozio (molto simile a quello del padre di Sohn), dove mantenere vive le tradizioni del fuoco e connettere i membri della comunità. Da asiatico statunitense affronta con intelligenza ed emotività la descrizione di personaggi che sono ricchissimi di sfaccettature e giocati sulla percezione generale degli stereotipi.
Una storia d’amore impossibile: chimica e colori
Un altro punto d’incontro si trova nella scelta di far innamorare Ember di un acquatico: questo perché Sohn ha preso come riferimento il rapporto con sua moglie, che non è coreana e che causò conflitti nella sua famiglia per questo.
L’incontro con Wade è determinante per Ember per capire ciò che vuole dal futuro. Devota al padre per i sacrifici fatti, eppure desiderosa di un percorso nuovo, che non ha a che vedere con il negozio dei genitori bensì con l’arte, la fantasia, si trova in un limbo in cui continua a vivere come se nulla fosse, cieca di fronte alle possibilità e votata all’ubbidienza, al rispetto. L’acquatico Wade, molto più incline a mostrare le proprie emozioni, le apre gli occhi e le rapisce il cuore.
Il loro avvicinamento desta stupore in chi li guarda dall’esterno (soprattutto nei genitori della ragazza), il sentimento che si instaura tra Ember e Wade lo “tocchiamo” grazie alle consistenze che cambiano forma, mentre scoprono una nuova chimica per amarsi senza spegnersi o evaporare. Il loro primo bacio è una delle scene romantiche più belle del 2023 cinematografico, e anche stavolta poeticamente universale, come una canzone in cui la melodia abbraccia anche chi non ne conosce le parole. Estremamente duttili, prevalentemente delicati e sensibili, eppure forti, sono trasparenti (letteralmente) nei sentimenti che condividono, aprendo una prospettiva di condivisione che travalica qualsiasi barriera.
In breve
Non è un film autobiografico, ma fortemente contaminato alle esperienze del suo autore, questo gli da modo di far vibrare le corde giuste, commuovendo lo spettatore (di qualsiasi età), e mostrandogli qualcosa che conosce perfettamente, ma che lo riguarda forse da lontano. Il linguaggio utilizzato non ha bisogno di traduzioni, arriva indistintamente a chiunque avrà la sensibilità di capire che Elemental ci riguarda. Siamo noi le fiamme, le gocce, la terra e le nuvole. Ed è da noi che parte il cambiamento.
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