El viento que arrasa di Paula Hernández, FESCAAAL 2024
El viento que arrasa di Paula Hernández, FESCAAAL 2024

El viento que arrasa di Paula Hernández si aggiudica una menzione speciale al FESCAAAL 2024, il Festival del Cinema Africano d’Asia e America Latina.

Tratto dal romanzo di Selva Almada e presentato in prima mondiale a Toronto nel 2023, il film di Hernández inizia come un viaggio on the road nella campagna argentina, per trasformarsi in un coming of age spensierato, dove la quasi diciannovenne Leni sceglie di sentirsi libera per la prima volta dalle regole di suo padre, dalle regole di Dio e da quelle di una comunità che non sente più sua.

Scelta da Dio

In viaggio per l’Argentina, Leni (Almudena González) accompagna suo padre, il Reverendo Pearson (Alfredo Castro), nella missione di predicatore evangelista, seguendolo di villaggio in villaggio. Su una macchina sgangherata si muovono attraverso il paese portando la parola di Gesù: dove l’uomo si concentra sul potere mistico delle sue prediche scenografiche, la ragazza si occupa di tutto il resto, dal duplicare cassette di benedizioni da regalare ai fedeli, a barattare gli oggetti che ricevono in dono in denaro. Non ha una casa, non ha amici della sua età, indossa gonne austere e vecchie camicette, si dice guarita da un qualche demone maligno, da cui il genitore l’ha salvata per mezzo di un esorcismo.

Mentre la missione del predicatore è quella di aiutare i bisognosi, la sua è di stargli vicino, occupandosi delle sue necessità (anteponendole alle proprie), a differenza della madre che vive in Brasile e che non fa più parte della loro vita. Ma non tutto è come sembra, l’insofferenza di Leni è una bomba pronta ad esplodere; dove la regia di Hernández si focalizza su primi piani così stretti da farci provare lo stesso senso di soffocamento, la fotografia di Iván Gierasinchuk, a volte volutamente poco realistica nelle luci sature e colorate come campiture significanti, rappresenta distanti i due protagonisti, come abitanti di due diversi mondi, il cui incontro diventa sempre più inconciliabile.

A determinare il cortocircuito nella vita di Leni sarà l’incontro con Gringo (Sergi Lopez) e suo figlio José (Joaquín Acebo), lontanissimi dal mondo della chiesa e della preghiera, totalmente contrapposti a lei e Pearson.

Dove non esiste punto d’incontro

Lo sfasciacarrozze Gringo vive nel mezzo del nulla, officina e casa sono praticamente la stessa cosa, e José lo aiuta a riparare macchine. Pearson e Leni arrivano lì in seguito ad un guasto che li blocca per strada, ma la riparazione richiede tempo e la conoscenza con i loro ospiti è strana e difficoltosa; come animali incapaci di convivere, i due uomini, uno estremamente materialista e l’altro esaltato dalla religione, vivono una tensione costante. I problemi fisici del ragazzo sono un pretesto per il Reverendo per manipolarlo attraverso rassicurazioni e parabole, e come mai prima d’ora Leni si sente in difficoltà per i comportamenti del genitore, in imbarazzo agli occhi di Gringo, di cui apprezza la schiettezza e la capacità di comprendere la sua difficoltà.

La giornata che condividono sembra lunghissima e colma di nervosismo, ma mostra alla ragazza un modo di vivere alternativo, senza l’onnipresente ossessione per Dio, e senza un padre a cui fare da assistente, madre, moglie, ma mai figlia.

Il vento del titolo, che spazza via, trascina tutte le sicurezze dei due adolescenti, portandoli ad una trasformazione di ciò che credevano già scritto; con la stessa forza si impone rumoroso e violento sull’insistente Pearson e il reticente Gringo, lasciando un silenzio capace di segnare un nuovo inizio anche per loro.

Così El viento que arrasa mostra una libertà di scelta ritrovata, grazie ad una serie di imprevisti, e nella semplicità di un racconto che non ha bisogno di tante spiegazioni, incornicia la decisione di Leni, la sua voglia di muoversi, ballare, scappare, la sua promessa di emancipazione. Con la musica proibita non più ascoltata di nascosto ma a tutto volume.

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Silvia Pezzopane
Ho una passione smodata per i film in grado di cambiare la mia prospettiva, oltre ad una laurea al DAMS e un’intermittente frequentazione dei set in veste di costumista. Mi piace stare nel mezzo perché la teoria non esclude la pratica, e il cinema nella sua interezza merita un’occasione per emozionarci. Per questo credo fermamente che non abbia senso dividersi tra Il Settimo Sigillo e Dirty Dancing: tutto è danza, tutto è movimento. Amo le commedie romantiche anni ’90, il filone Queer, la poetica della cinematografia tedesca negli anni del muro. Sono attratta dalle dinamiche di genere nella narrazione, dal conflitto interiore che diventa scontro per immagini, dalle nuove frontiere scientifiche applicate all'intrattenimento. È fondamentale mostrare, e scriverne, ogni giorno come fosse una battaglia.