Dopo una ricca tradizione di film su Vlad Draculea, l’Impalatore, e la sua sete di sangue, nel 1992 arrivò l’adattamento di Francis Ford Coppola, Dracula di Bram Stoker (Bram Stoker’s Dracula). Con Coppola, Dracula è diventato parte di una grande storia d’amore, per cui chiunque ha versato almeno una lacrima, superando la sua connotazione da mostro, la limitazione di essere visto solo come vampiro.
Il regista realizzò uno dei più bei film su Dracula, anche grazie a un cast incredibile che comprende, tra gli altri, Gary Oldman nel ruolo di Dracula, Tom Waits in quello di Renfield e Winona Ryder in veste di Mina Murray-Harker, e ridefinì l’estetica del Principe delle Tenebre e del suo personaggio. Non solo la regia e la fotografia (opera di Michael Ballhaus) prendono i meriti del successo visivo del film, ma un ruolo fondamentale è affidato ai costumi di Eiko Ishioka (Tokyo, 1938-2012), che vinse infatti l’Oscar per il suo lavoro in Dracula.
L’apporto di Ishioka rende il film una sovrapposizione di interpretazione del libro e rilettura del presente (in questo caso gli anni ’90); le forme, i tessuti, la ricerca effettuata, trasformano una volta per tutte l’aspetto di Dracula, estrapolandolo dalla fine dell’800 e rendendolo violentemente contemporaneo.
Contro la compostezza dell’uomo vittoriano: i costumi di Gary Oldman
Mentre gli uomini vantano la compostezza monocromatica di completi vittoriani, il Conte Vlad si differenzia da subito grazie ad uno stile che trae ispirazione dallo steampunk, dal goth, in cui la costumista si ispira a linee orientali e a forme animali. Il mondo di Dracula è molto diverso da quello dei comuni umani, e avvolge tutto ciò con cui entra in contatto: l’effetto lo si riscontra proprio sugli abiti, che improvvisamente sovvergono le regole, si esprimono liberamente nei volumi, esagerati e aggressivi, e nel colore.
Quando arriva in Inghilterra, Dracula indossa un completo grigio abbinato ad un cilindro che lo aiuta a mimetizzarsi tra la gente, l’accessorio però che lo differenzia dagli altri sono un paio di occhiali che nascondono i suoi occhi: la montatura ha poco di vittoriano, bensì si rifà ad uno stile anni ’80/’90. Nell’insieme il suo modo di presentarsi al mondo del presente è caratterizzato dal celare la sua vera identità, ma anche dal mostrarla con fierezza.
Lo studio dei volumi e dei materiali della costumista si riscontra soprattutto nell’armatura realizzata per Gary Oldman. Una corazza muscolare che sembra essere la pelle viva di un animale pronto a combattere. La silhouette di tale creazione è determinante per la resa sullo schermo: la regia di Coppola ne sfrutta la particolarità, creando un discorso concettuale sul sangue e sul corpo, che andrà poi a condizionare il futuro e l’epilogo della vita del protagonista.
Con un elmo che ricorda la testa di un lupo, e una struttura che sembra il corpo di un armadillo, l’armatura ricorda anche l’outfit di un samurai; torna il dialogo tra oriente e occidente, e lo scardinamento del classico per una inconsueta rappresentazione del corpo.
Il rosso del sangue torna anche a colorare la tunica che il Conte indossa all’inizio, quando incontra Jonathan Harker. Una sorta di elegante kimono con il prezioso ricamo dello stemma di famiglia realizzato in oro.
E proprio l’oro, in tutte le sue sfumature, caratterizza l’abito del finale. La costumista ha tratto grande ispirazione da Klimt e dal suo Bacio per creare la tunica, che richiama il sacro della veste del sacerdote e la ricchezza dell’abito di un imperatore. Mentre i pattern del pittore austriaco si ritrovano sul tessuto, esso è il risultato di una sovrapposizione di diverse stoffe, l’una cucita all’altra.
Dracula di Bram Stoker è prima di tutto un film con immenso potenziale artistico, che trae ispirazione a piene mani dalle sottoculture, dalla pittura, e dall’idea di unicità che pervade la figura di Dracula, dall’inizio alla fine. Le linee di Ishioka e il suo complesso progetto di reinterpretazione apportano qualcosa di nuovo e indelebile al personaggio nato dalla mente di Bram Stoker.