Con la quarta stagione di True Detective, intitolata Night Country, siamo arrivati al giro di boa: mancano tre episodi e tre sono andati. Stretti per mano al fantasma della prima stagione, che non accenna ad abbandonarci, ridimensioniamo ormai le aspettative, cerchiamo di salvare il salvabile, provando a capire come finirà. E tra caratterizzazioni poco credibili e mancata analisi di una location così affascinante (l’Alaska), a portarci avanti è forse una sola cosa: la colonna sonora.
Ripassino: dalle stelle all’Alaska
Serie antologica creata da Nic Pizzolatto, True Detective cambia i codici della serialità crime con un esordio in cui ogni elemento si allinea all’altro in un magico equilibrio che significa solo una cosa: grandiosità. Merito dei protagonisti, Matthew McConaughey e Woody Harrelson, amici anche nella vita ed eccezionalmente credibili nei ruoli, e delle tematiche, mistiche e inusuali, affacciate sul sovrannaturale eppure ancorate ad una violenza molto terrena. La seconda stagione porta il progetto in un buco nero: nulla risulta riuscito, arrivare alla fine è faticoso, la terza risolleva un po’ le sorti generali, ma solo grazie al protagonista Mahershala Ali.
Con la quarta stagione si approda in Alaska, dove un gruppo di scienziati scompare nel buio ghiacciato dando via ad un caso che si collegherà ad un omicidio avvenuto anni prima. Due agenti, Jodie Foster e Kali Reis, gestiscono l’indagine, fantasmi in calzamaglia indicano la via, il richiamo del misticismo di Rusty e Woody è irresistibile, ma si spegne come una candela nella neve nell’attesa che i personaggi diventino convincenti o perlomeno che la sceneggiatura prenda una piega interessante e non affastellata.
E sebbene anche la sigla sia visivamente bruttina, un brano ci rapisce: Bury a friend di Billie Eilish. Il ritmo delle prime note inizia e ci convince ad andare avanti nella visione, nonostante tutto.
Billie Eilish e i suoi fantasmi
Tutto ciò che Billie Eilish tocca si trasforma in un successo, e il suo rapporto con il cinema e la serialità si traduce in un sodalizio che funziona sempre. Le sue canzoni sono film da ascoltare, raccontano storie, vanno oltre la musica. Basti pensare a Lo vas a olvidar, presente nella colonna sonora di Euphoria, o No Time to Die, per cui la cantautrice statunitense si è aggiudicata nel 2022 il Golden Globe e l’Oscar, premiata per la Migliore canzone originale.
Ha firmato (assieme al fratello Finneas, con cui collabora abitualmente) What Was I Made For?, il brano presente nella colonna sonora di Barbie di Greta Gerwig e candidato ai prossimi Oscar sempre nella categoria Miglior canzone originale, per cui l’artista ha però già vinto il Golden Globe. Billie è stata anche cartoonizzata in un cortometraggio spin-off de I Simpson intitolato When Billie Met Lisa, diretto da David Silverman, sull’incontro tra Lisa Simpson e la cantante.
Bury a friend, rilasciato il 30 gennaio 2019 come terzo estratto dal primo album in studio When We All Fall Asleep, Where Do We Go?, vede la presenza del rapper britannico Crooks, e ha un videoclip che ricorda una serie horror prodotta da HBO. La canzone è prodotta dal fratello Finneas e, oltre ad essere la sigla iniziale di True Detective 4, viene utilizzata anche nella serie Netflix The Society.
Step on the glass, staple your tongue
Bury a friend, Billie Eilish
Bury a friend, try to wake up
Cannibal class, killin’ the son
Bury a friend, I wanna end me
Il testo si accorda a molti elementi presenti in True Detective 4, e quella lingua di cui canta Billie ci riporta immediatamente a quella trovata, mozzata, da Jodie Foster all’inizio delle indagini. I cannibali presagiscono una terribile verità, la melodia ci accoglie in un incubo ad occhi aperti popolato da fantasmi, anche quelli dei nostri amici.
Gli altri nomi presenti nella soundtrack
Il fascino della selezione musicale per la colonna sonora di True Detective 4 non si ferma alla sigla iniziale. Prima dell’incidente al centro di ricerca Tsalal, una canzone risuona prima come un caldo sottofondo, poi come una martellante maledizione: è Twist and Shout dei Beatles, che il capo della polizia Elisabeth Danvers (Jodie Foster), spegne con il ricordo di traumi ancora poco chiari.
Gli anni ’60 continuano con brani come Little Saint Nick dei Beach Boys, e si contaminano ai 70s con Tim Buckley, e KC and the Sunshine Band, ma si perdono anche in sonorità più contemporanee, come quelle della cantautrice danese Agnes Obel o della britannica Marika Hackman, passando per chicche anni ’90 come I Love You I Love You di Johnny Cash (1990) e Wannabe delle Spice Girls (1996).
Il pop si accompagna alla ricercatezza dei suoni e alle atmosfere glaciali, i classici country si alternano alla musica dei ricordi delle protagoniste, raccontandoci molto di loro, più degli stessi dialoghi. La sovrapposizione di generi funziona perché ogni brano ha lo stesso obiettivo: raccontarci un pezzetto in più di storia, riuscendoci.
Non sappiamo ancora dove la quarta stagione ci porterà, magari ha in serbo per i suoi spettatori un finale così sconvolgente da risollevare le sorti degli altri episodi (anche l’insopportabile terzo), a prescindere da questo però non vediamo l’ora di ascoltare ancora un po’ della compilation Night Country.
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