Drive My Car

È un invito, è un ordine, è una concessione intima, Drive My Car. È la rinuncia al controllo, la rinuncia al volante per il tempo sospeso e apparentemente infinito dentro l’abitacolo. In realtà sono tre ore quelle di fronte a cui ci mette di fronte il film di Ryusuke Hamaguchi, ma la percezione è quella di un tempo che non esiste, che si piega alla manipolazione del ricordo.

Le quaranta pagine del racconto di Murakami si espandono quanto più possibile, lasciando che negli spazi vuoti dell’azione si infiltri un cinema contemplativo, fatto di evocazioni. Di sensazioni, curve e movimenti. Di silenzi e digressioni del pensiero, proprio come un viaggio in auto.

Uomini senza donne

Il filo conduttore dei 7 racconti di Uomini senza donne di Murakami, di cui Drive My Car fa parte, è l’amore spesso non corrisposto di uomini che, senza le donne, si sentono persi.

È quello che accade al protagonista Yusuke Kafuku (Hidetoshi Nishijima), giovane vedovo che in realtà ha perso il legame con la moglie Oto molto tempo prima. Dell’affetto e del desiderio ricercato da Yusuke rimane solo l’involucro del sesso, della passione che si consuma e che consuma. E che al tempo stesso crea. La figura sfuggente di Oto, che rimane significativamente nuda e in ombra – tanto esposta quanto invisibile – per tutta la stupenda sequenza iniziale, è il fantasma inseguito per l’intero film. È l’assenza, eterna presenza, che turba Yusuke, ritornando fisicamente nella figura dell’amante di lei, Kōji Takatsuki (Masaki Okada).

Takatsuki diventa infatti il protagonista del dramma nel dramma messo in scena da Yusuke in Drive My Car, lo Zio Vanja di Čechov, in un filone metastuale che procede intrecciandosi alle vicende principali.

È improprio, tuttavia, parlare di gerarchie fra i diversi fili che compongono la trama di Drive My Car. Tutto arriva ciclicamente in primo piano, basta saper pazientare. E tutto si incastra pezzo dopo pezzo, alimentando la riflessione sul rimpianto e quasi il fastidio dello stare al mondo, di sopravvivere ai propri cari con un peso sul cuore.

Čechov, la struttura metatestuale e le scelte di regia

È un lavoro raffinato, quello di Ryusuke Hamaguchi. Sottile, sottilissimo, che sfrutta il potere delle stesse immagini che è in grado di creare per comunicare senso, riducendo al minimo i dialoghi. La maggior parte dei testi e delle parole sono quelle recitate dallo Zio Vanja, e nemmeno tutte nella stessa lingua! Nel teatro contemporaneo creato di Hamaguchi, infatti, ogni attore parla la propria lingua e tutti parlano la lingua comune dell’arte, una volta sul palco. Poco importa se nella stessa scena al giapponese corrisponde una risposta in coreano o se a recitare è una donna muta (Yoo-rim Park), che usa il corpo dove non può arrivarle la voce. L’arte crea uno spazio comune in cui queste diversità coesistono, tanto nella finzione scenica quanto sulla superficie dello schermo, davanti a noi spettatori in carne e ossa.

Nella scelta dello Zio Vanja c’è però anche qualcosa in più: la volontà di comunicare a un livello ulteriore la sofferenza e la solitudine del protagonista. E l’unica persona in grado di percepire, accogliere e comprendere questa sofferenza è colei che per gran parte del film rimane in disparte, ma che in realtà detta la strada: Misaki (Tôko Miura), l’autista.

Driver e driven

Yusuke, quest’uomo senza donne, ha sempre avuto la migliore compagna di viaggio accanto. A lei affida, dapprima riluttante, il sedile di guida della sua Saab, che nel film diventa rossa fiammante e non più gialla. Nella sua solitudine si specchia e si perde. Si riconosce e si ridimensiona, scoppiando la bolla che fino a quel momento l’aveva isolato dal mondo. E lo stesso fa lei, riuscendo a far pace con la propria solitudine e il proprio passato alla fine del viaggio con lui.

L’incontro fra i due è essenziale, il rapporto guidatore-guidato lo è ancora di più. È un avvicinamento graduale, ma senza reti di sicurezza, all’universo più intimo – quello dei pensieri e dei ricordi – di un’altra persona. Un salto nel buio, un atto di fede e fiducia reciproca di due anime perse.

Continua a seguire gli Oscar 2022 con FRAMED. Siamo anche su InstagramFacebook e Telegram.