buongiorno,notte
buongiorno,notte

Il potere delle idee, il fraintendimento di esse: la rabbia, la frustrazione, il bisogno di distruggere le istituzioni. Il dubbio di Chiara/Anna Laura nel tenere in pugno la vita di un uomo. Sbirciare nel “bunker” della giustizia è aprirsi un varco dentro, e i sogni di rivoluzione si rivelano come gli echi romantici del volere dei padri. È una prestanome, è colpevole. È inquieta e dilaniata, come la storia. Perché la realtà non è che un cadavere ritrovato in via Caetani, mentre il cinema di Bellocchio un immaginato finale di libertà che schiarisce l’anima.

Se la storia venisse insegnata attraverso i film di Marco Bellocchio la percezione del nostro passato recente assumerebbe tratti più critici, senza lasciare da parte l’umanità sofferta di personaggi veri e tormentati. Come la protagonista di Buongiorno, notte, Chiara (Maya Sansa), in preda a ripensamenti trascendentali che le fanno dubitare dei suoi fermi ideali politici. Costretta ad agire per non dimenticare il suo ruolo, trascorre la notte su binari onirici costellati di visioni malinconiche e libertà assordante.

Tra le fonti di Buongiorno, notte il libro scritto da Anna Laura Braghetti, Il Prigioniero, e un titolo che fa riferimento ad una poesia di Emily Dickinson (Buongiorno, mezzanotte).

Il film si trova su RaiPlay e va visto, senza se e senza ma, o recuperato, come nel mio caso, che per festeggiare gli 81 anni di Marco Bellocchio l’ho scelto per una nuova visione, a tanti anni di distanza.

Continuate a seguire FRAMED su Facebook e Instagram.

Silvia Pezzopane
Ho una passione smodata per i film in grado di cambiare la mia prospettiva, oltre ad una laurea al DAMS e un’intermittente frequentazione dei set in veste di costumista. Mi piace stare nel mezzo perché la teoria non esclude la pratica, e il cinema nella sua interezza merita un’occasione per emozionarci. Per questo credo fermamente che non abbia senso dividersi tra Il Settimo Sigillo e Dirty Dancing: tutto è danza, tutto è movimento. Amo le commedie romantiche anni ’90, il filone Queer, la poetica della cinematografia tedesca negli anni del muro. Sono attratta dalle dinamiche di genere nella narrazione, dal conflitto interiore che diventa scontro per immagini, dalle nuove frontiere scientifiche applicate all'intrattenimento. È fondamentale mostrare, e scriverne, ogni giorno come fosse una battaglia.