Blonde. Ana de Armas as Marilyn Monroe. Cr. Netflix © 2022
Blonde. Ana de Armas as Marilyn Monroe. Cr. Netflix © 2022

Come nei racconti di fantasia, Netflix è diventata una macchina del tempo grazie a Blonde, il nuovo film di Andrew Dominik, rilasciato sulla piattaforma streaming il 28 settembre.

Presentato in anteprima lo scorso 8 settembre sul tappeto rosso del Festival del Cinema di Venezia, il lungometraggio parla dell’ascesa e della caduta di una delle icone più importanti della storia del cinema: Marilyn Monroe. La ragazza d’oro della Hollywood anni ’50 riprende vita con il volto di Ana de Armas, in un lungometraggio tratto dall’omonimo romanzo scritto da Joyce Carol Oates.

Blonde, l’eterna Marilyn secondo Andrew Dominik

All’interno di un film, il regista è colui che ne tesse l’essenza, disegnandone i contorni e colorando le parti rimaste bianche. Andrew Dominik ricopre in Blonde il suddetto ruolo, nel tentativo ultimo di fare chiarezza all’interno della storia di una delle icone del cinema più osannate ma al contempo più abusate. Il personaggio di Marilyn Monroe è come un disegno a metà nelle mani di Dominik, che diviene completo grazie al lavoro di Ana de Armas che le presta il volto. Un’immagine destinata a rimanere impressa a lungo all’interno della storia del cinema contemporaneo, in maniera (quasi) direttamente proporzionale a quanto Marilyn Monroe è divenuta una delle attrici simbolo della settima arte.

La regia riflette una realtà disturbante, psichedelica e a tratti illusoria nella quale la stessa Marilyn si ritrova costretta a vivere, convinta in principio di dar forma al suo sogno più grande. Con una fotografia che gestisce le immagini e le sequenze alternando continuamente formato, Blonde è un biopic nudo, che pone le sue fondamenta in una sceneggiatura volta a coprire qualsiasi ambito della vita dell’attrice; dalla vita privata a quella lavorativa, dai problemi d’infanzia alla ripercussione che questi hanno avuto sulla vita da adulta – sempre idealizzata- di una diva spezzata internamente. Blonde è un film che non riesce a passare inosservato. È penetrante e disturbante, entra con corpo e anima all’interno degli occhi dello spettatore lasciandolo senza parole.

Blonde. Ana de Armas. Cr. Netflix © 2022

Norma Jeane Baker non è Marilyn Monroe

Una dicotomia costante e pressante, quasi come il continuo slittamento tra immagine a colori e immagine in bianco nero, è il dinamismo delineato sulla figura di Marilyn che si riflette nel risultato finale. Marilyn Monroe non è Norma, così come Norma non è Marilyn Monroe. Una è l’alter ego dell’altra, la massima espressione di una vita vissuta a pezzi sin dalla tenera età, una costante divinizzazione attuata sulla pelle di una donna che, in cuor suo, voleva solo essere amata, impegnata in una ricerca continua di consensi mai arrivati come lei stessa desiderava.

Marilyn è la risposta che Norma da a sé stessa nei confronti di una realtà che non sente più sua. Marilyn è un’altra persona, è la versione che il pubblico desidera vedere: nascondiglio segreto ma allo stesso tempo ripudiato di Norma Jeane. Norma è invece l’altra faccia della medaglia di Marilyn. Colei che custodisce la sua vera personalità che solo pochi eletti possono avere l’onore di conoscere davvero. Creatura fragile e incostante, questo aspetto lo si nota particolarmente nella delineazione cinematografica del rapporto con Joe DiMaggio (Bobby Cannavale) e con Arthur Miller (Adrien Brody); a ciascuno dei due viene data una fetta della personalità di Norma, ma solo uno è in grado di vederla. Ana de Armas dona così un ritratto sincero e realistico di una donna tormentata e mai compresa, nell’interpretazione più riuscita della sua carriera.

Blonde. Bobby Cannavale & Ana de Armas. Cr. Netflix © 2022

Blonde è un ritratto femminista

Nessuna esagerazione, Blonde è davvero un ritratto generazionale prettamente femminista della società hollywoodiana degli anni ’50 (di stampo maschilista). Una denuncia fattibile solo in un’epoca attuale, dove dopo anni vengono a galla le falle di un sistema da sempre governato dal patriarcato. Mentre Norma lotta a denti stretti per poter farsi valere all’interno dell’industria hollywoodiana, coloro che detengono il potere riescono solo a mercificarne il corpo, oggettivando continuamente una donna a cui non è mai mancato il coraggio di poter credere di essere degna di vivere una vita appagante.

Mentre Marilyn canta “I wanna be loved by you, just you’”, il sistema del marketing e della telecamera si prepone prepotentemente sulle sue spalle, pronto a schiacciarla sotto al suo agognante peso al minimo accenno di debolezza. Il film mette in scena i contro di un sistema fondato su favoritismi e scandali, di cui le donne come Marilyn Monroe erano le principali prede. La psicologia di Marilyn cade così in secondo piano, mai capita a pieno, inserita all’interno di scene strazianti fatte di pianti e analisi che compie su sé stessa. SPOILER È la scena finale che libera -seppur in modo estremo- definitivamente il corpo della donna, dove grazie ad una sovrapposizione sequenziale, Norma incontra Marilyn.

In breve

Blonde è, in sintesi, un lungometraggio biografico carico di drammaticità e di unicità, poiché concentrato su fattori solitamente tralasciati dai consueti biopic. Un divisore quasi naturale della critica, come a testimoniare l’ambivalenza stessa della vita di Marilyn Monroe.

Qui l’omaggio di Veronica Malatesta

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Rebecca Fulgosi
Mi chiamo Rebecca, classe 2000 e ho una passione smisurata per il mondo della settima arte. Studio alla facoltà di Beni Culturali con il sogno di diventare critica cinematografica, perché guardare film è una delle cose che mi riesce meglio. Il mio genere preferito è L’horror insieme ai cinecomic di cui sono appassionata sin da piccola. Tra i miei film preferiti: "La La Land", C’era una volta a ...Hollywood", "A Star is Born", "Jojo Rabbit" e "Titanic". Le mie serie preferite, "American Horror Story" e "La casa di carta".