Biagio Manna è diventato ormai un volto noto per il cinema italiano. Dopo aver interpretato il ruolo di Armando in È stata la mano di Dio, che gli ha permesso di lavorare a stretto contatto con il premio Oscar Paolo Sorrentino, Manna ha spiccato il volo dimostrando di sapersi ben destreggiare davanti alla macchina da presa.
Amatissimo, dai giovani e non solo, soprattutto per l’interpretazione di Tonino, nella terza stagione della serie cult Mare Fuori. Con questa intervista abbiamo voluto scavare a fondo, nel lato umano, oltre che a quello lavorativo dell’attore, scoprendo una personalità brillante, ma a tratti teneramente malinconica.
L’intervista
Quando è stato il momento esatto in cui hai capito di voler fare l’attore?
Ho capito di voler fare l’attore all’età di otto anni. Ero un bambino balbuziente e a causa di ciò non mi facevano mai recitare; quindi ho iniziato a farlo da solo, per strada. Ad oggi, se sono riuscito a correggere e a superare le mie difficoltà nel linguaggio, è solo grazie alla mia logopedista Rosaria Falanga, alla quale devo moltissimo.
Durante la mia infanzia amavo guardare i film in bianco e nero con Eduardo De Filippo, Totò e Nino Taranto, da cui, soprattutto da quest’ultimo, ho tratto grande fonte di ispirazione.
Tra i personaggi che hai interpretato, qual è il ruolo in cui hai riscontrato più difficoltà e quello al quale ti sei sentito più affine, soprattutto nel processo di immedesimazione?
Il personaggio per il quale ho riscontrato più difficoltà è lo stesso con cui ho sentito più affinità. Quando hai una forte affinità con un determinato personaggio, questo richiama una duplice responsabilità, richiede maggiore autenticità.
Per me l’interpretazione e l’affinità sono due cose nettamente distinte. L’interpretazione ti porta ad un distacco, ad un’alienazione controproducente ai fini della recitazione, mentre l’affinità è il tratto che ti consente di restituire il personaggio nella sua più totale verità ed integrità.
Come è stato interpretare Armando in È stata la mano di Dio e, secondo te, qual è la caratteristica per la quale Paolo Sorrentino ti ha scelto per dare volto a quel personaggio?
Interpretare Armando in È stata la mano di Dio è stata una grandissima soddisfazione. Sono grato al Maestro Paolo Sorrentino, e lo ringrazio immensamente per avermi dato questa splendida opportunità lavorativa.
Mi considero fortunato ed orgoglioso nell’aver inscenato la sua natura controversa: da un lato c’è la parte “delinquente” di un giovane contrabbandiere di sigarette, dall’altro la manifestazione del lato profondamente malinconico, gentile ed umano.
Credo che Paolo Sorrentino mi abbia scelto proprio per il duplice aspetto di questo personaggio: la malinconia e la ribellione, io ho un po’ la faccia da ribelle, ma sono anche molto malinconico.
Nel film Armando dice a Fabietto “Non ti scordare che tu sei libero!”. Cos’è per te la libertà e quanto conta nel lavoro attoriale?
La libertà, ad oggi, per me, rappresenta uno stato ansiogeno. È molto più difficile saper gestire la libertà, piuttosto che adagiarsi nella propria comfort zone. Può considerarsi un tuffo in un oceano chiamato vita, senza sapere quando si potrà raggiungere la riva.
Quindi non rimane altro che scegliere di godersi la nuotata, inconsapevoli della durata, o rimanere seduti sugli scogli e guardare gli altri mentre vivono; lo stesso concetto vale anche nel lavoro. Eduardo affermava “gli esami non finiscono mai”, e noi attori siamo sempre sottoposti a provini, casting, rifiuti, attese, riconoscimenti attesi e disattesi. L’attore è chiamato costantemente a rischiare.
In Mare Fuori 3 ricopri il ruolo di Tonino, un ragazzo che una volta scontata la sua pena in carcere intraprende una nuova vita e diventa pizzaiolo. Qual è il tratto caratteriale che hai voluto far prevalere nel personaggio?
Il regista Ivan Silvestrini mi ha dato piena libertà nel creare e definire il carattere di Tonino e gliene sono fortemente riconoscente per la fiducia che ha riposto in me. Nel processo di creazione del personaggio ho preso spunto da alcuni miei professori del passato, da cui ero affascinato per la loro veracità e spontaneità. A mio avviso, un insegnamento spontaneo, allegro e scherzoso è quello più idoneo per una classe di alunni che presentano fragilità ed insicurezze.
Hai intrepretato caratteri buoni, positivi, ironici, ai quali il pubblico non può non affezionarsi. Prima o poi ti piacerebbe essere l’antagonista, il cattivo?
Non ho mai fatto distinzioni tra protagonista e antagonista, buono o cattivo. Io osservo l’arte nella sua totale oggettività. Il protagonista e l’antagonista compiono un lavoro all’unisono, in modo complementare. Molte volte, l’ottima l’interpretazione del personaggio principale è dipesa soprattutto anche da quella dell’antagonista e degli altri attori. Ad ogni modo, se mi venisse presentata l’occasione di interpretare “il cattivo”, la coglierei senz’altro.
I tuoi progetti futuri?
Nei miei progetti futuri c’è una serie, un cortometraggio scritto, diretto e interpretato dal sottoscritto e l’uscita di tre libri che verteranno su temi a cui tengo e credo molto.
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