Alessio Tommasoli

Chiamatemi pure trentenne, giovane adulto, o millennial, se preferite. L'importante è che mi consideriate parte di una generazione di irriverenti, che dopo gli Oasis ha scoperto i Radiohead, di pigri, che dopo il Grande Lebowsky ha amato Non è un paese per vecchi. Ritenetemi pure parte di quella generazione che ha toccato per la prima volta la musica con gli 883, ma sappiate che ha anche pianto la morte di Battisti, De André, Gaber, Daniele, Dalla. Una generazione di irresponsabili e disillusi, cui è stato insegnato a sognare e che ha dovuto imparare da sé a sopportare il dolore dei sogni spezzati. Una generazione che, tuttavia, non può arrendersi, perché ancora non ha nulla, se non la forza più grande: saper ridere, di se stessa e del mondo assurdo in cui è gettata. Consideratemi un filosofo - nel senso prosaico del termine, dottore di ricerca e professore – che, immerso in questa generazione, cerca da sempre la via pratica del filosofare per prolungare ostinatamente quella risata, e non ha trovato di meglio che il cinema, la musica, l'arte per farlo. Forse perché, in realtà, non esiste niente, davvero niente  di meglio.

“Ten”: l’esordio dei Pearl Jam prima del colpo di fucile

Si pensa spesso a quella notte di Aprile del 1994 e a quel colpo di fucile. Secco, sordo. Come il battito di una grancassa pestata da una Converse sdrucita. Come il finale...

Billy the Kid: l’assassino che ci fa bussare alle porte del paradiso

C’è una strana ricorrenza questa settimana. Qualcosa che riguarda gli USA, ma che, in qualche modo, arriva fino a noi. Anzi, ci arriva in un modo ben preciso: attraverso il cinema e...

Proibizionismo a tempo di Covid e bolero

Vai in vacanza durante l'estate del Covid e sei subito dentro Narcos. Non immaginatevi Medellin, la Colombia o le palme esotiche: sono in Albania. La Nazione che fino a qualche mese fa vantava...

Bella ciao: ieri, oggi e sempre la Resistenza

Partiamo da un presupposto fondamentale: è assolutamente impossibile per chi crea qualcosa (qualsiasi cosa, da un’opera d’arte a un semplice utensile, da un pensiero a una semplice battuta) non essere influenzato dal...

Alessio Tommasoli

Chiamatemi pure trentenne, giovane adulto, o millennial, se preferite. L'importante è che mi consideriate parte di una generazione di irriverenti, che dopo gli Oasis ha scoperto i Radiohead, di pigri, che dopo il Grande Lebowsky ha amato Non è un paese per vecchi. Ritenetemi pure parte di quella generazione che ha toccato per la prima volta la musica con gli 883, ma sappiate che ha anche pianto la morte di Battisti, De André, Gaber, Daniele, Dalla. Una generazione di irresponsabili e disillusi, cui è stato insegnato a sognare e che ha dovuto imparare da sé a sopportare il dolore dei sogni spezzati. Una generazione che, tuttavia, non può arrendersi, perché ancora non ha nulla, se non la forza più grande: saper ridere, di se stessa e del mondo assurdo in cui è gettata. Consideratemi un filosofo - nel senso prosaico del termine, dottore di ricerca e professore – che, immerso in questa generazione, cerca da sempre la via pratica del filosofare per prolungare ostinatamente quella risata, e non ha trovato di meglio che il cinema, la musica, l'arte per farlo. Forse perché, in realtà, non esiste niente, davvero niente  di meglio.