L’abbiamo scoperta per caso, poi è diventata un fenomeno internazionale, con tre Golden Globe e due Emmy, tra cui quelli come miglior serie comica dell’anno: se ancora non avete visto Abbott Elementary su Disney+, QUI vi abbiamo già dato almeno cinque motivi per farlo subito.
Dal 1° marzo continua la storia della maestra Janine Teagues (la creatrice Quinta Brunson) e di tutti gli insegnanti della scuola elementare Abbott di Philadelphia. Stessi personaggi, stessa ironia, stessi temi, ma con un budget decisamente maggiore, dovuto al successo della prima stagione, che permette di ampliare la narrazione.
La prima conseguenza è un numero di episodi più che raddoppiato, da 10 a 22, la cui messa in onda negli Stati Uniti segue una cadenza settimanale da settembre ad aprile e in Italia è stata invece divisa in due parti, uscite a marzo e a giugno e adesso entrambe disponibili in streaming. La seconda conseguenza è la variazione dei set e delle ambientazioni, che permettono finalmente anche di uscire dalle mura della scuola e conoscere i personaggi fuori dal luogo di lavoro, a differenza della prima stagione in cui l’unico ambiente era una caratteristica fondamentale.
Un passo avanti con lo sguardo al passato
Quinta Brunson dimostra anche questa volta la sua brillante capacità di scrittura, che mescola innumerevoli citazioni pop e di nicchia, dalla Marvel a Kubrick, passando attraverso tutta una serie di riferimenti alla cultura black che, oltre a dare le fondamenta stesse della serie risultano anche divertentissimi (come gli insulti in ordine di gravità in base ai film in cui Sandra Bullock fa la white savior).
Rimane anche lo stile mockumentary, che ha reso cult altre serie come The Office e Modern Family, sfruttando lo sguardo in macchina come strumento di fortissima connessione con il pubblico. Quel che cambia radicalmente, anche per il resto della televisione attuale, è la scelta di programmazione, connessa alle modalità di scrittura.
Non è cioè una stagione pensata per il binge-watching. Inizia a settembre e segue l’ordine cronologico, con l’episodio di Halloween e quello di Natale, che negli Stati Uniti segna il cosiddetto midseason finale. Vi ricorda qualcosa? È esattamente come guardavamo Gossip Girl o Grey’s Anatomy quindici anni fa, aspettando un mese sul cliffhanger di metà stagione prima di scoprire come prosegue la storia.
In Italia è proprio su quell’episodio, il decimo, che si interrompe la prima parte e già fin qui la storia è ricchissima. Vediamo i passaggi fondamentali.
Episodi 1-10
Avevamo lasciato Janine di fronte al cambiamento più importante della sua vita, la fine della relazione decennale con Tariq, un uomo immaturo, senza ambizioni né prospettive, che assorbiva tutte le sue energie. Mentre prosegue lo slow-burn, ossia l’innamoramento lento ma progressivo con Gregory (Tyler James Williams), Janine prova a riprendere controllo sulla sua vita da single e a “ricominciare da zero”, con amici diversi e una nuova libertà, per quanto difficile. La negazione della sua tristezza iniziale porta infatti a situazioni fuori controllo, tipiche del suo personaggio.
È lei che trascina sempre la narrazione, anche quando irrompe nella vita privata di Melissa, la dura insegnante italo-americana (Lisa Ann Walter) o quando insiste, fino a esasperarla, per avere consigli di vita e lavoro dalla sua mentore, Mrs Barbara Howard (Sheryl Lee Ralph). È lei stessa a definirsi un po’ corny (sfigata), ma rispetto alla prima stagione, in cui il suo essere così goffa e fuori dal mondo era volutamente sopra le righe, diventa adesso sempre più consapevole di sé, in un percorso di crescita che si nota episodio dopo episodio.
La prova è proprio la decima puntata, in cui per la prima volta Janine è libera di essere se stessa fuori dalla scuola, di sentirsi bella e sensuale, di cercare qualcosa fuori dalle mura della Abbott che la stavano appiattendo a un’unica identità.
Episodi 11-22
L’atteso colpo di scena finale del decimo episodio non porta a grandi sconvolgimenti nella trama della seconda parte, contrariamente a quanto ci si potesse aspettare. Il nucleo della storia resta saldo sulla progressiva (auto)definizione di Janine: non è una storia d’amore né una sit-com verticale, come invece sembrava la prima stagione. C’è un’orizzontalità della trama che punta in un’unica direzione, la crescita di Janine.
Per capire la donna che vuole diventare, tuttavia, è necessario capire la bambina che è stata e addentrarsi nel suo passato. Quinta Brunson ha qui l’idea di introdurre due figure essenziali, quelle della sorella Ayesha (Ayo Edebiri, già vista in The Bear) e la meravigliosa Taraji P. Henson nel ruolo della madre, squattrinata e opportunista.
Conoscere i conflitti da cui proviene permette di comprendere meglio l’atteggiamento iperprotettivo e a volte ingenuo di Janine. Allo stesso tempo, vederla confrontarsi con il suo passato permette di essere testimoni di tutta la strada che ha compiuto fino a quel momento, tutti i cambiamenti e la consapevolezza dei propri desideri.
Janine diventa adulta, non c’è modo più chiaro di dirlo. Intanto intorno a lei crescono e maturano anche gli altri personaggi, esprimendo ciascuno la propria individualità, esponendosi sempre un po’ di più, episodio dopo episodio, fino a rompere lo schema fisso e predefinito dei “personaggi secondari”. Piccole e brevi incursioni nelle loro vite rivelano personaggi a tutto tondo che non aspettano altro che una loro storia.
Questa, però, era la storia di Janine.
Nella terza stagione, già confermata, ci sarà forse più tempo di approfondire nuovi e vecchi legami fra tutti i componenti della Abbott Elementary.