L'Appello, Alessandro D'Avenia Opening Credits: YouTube

Le aule scolastiche, teatro di storie, fucina di vocazioni

Quando mi hanno consigliato di guardare L’appello, lo spettacolo scritto da Alessandro D’Avenia, ero abbastanza scettico. Protagonista è una classe scolastica, un insieme di storie anche di vita difficile. C’è il ragazzino orfano, la ragazza abusata da un familiare, il duro dal cuore tenero che difende la mamma dal padre violento. Avanguardia pura, mi sono detto leggendo la trama. È una struttura più e più volte utilizzata (tanto cara a certi programmi televisivi) che funziona sempre, sì, ma solo perché muove lo spettatore a un pietismo verso i personaggi e lo porta a pensare “C’è chi sta peggio di me, meglio non lamentarsi”. Mi sbagliavo però, e lo spettacolo è stata una piacevole sorpresa.

Il lavoro degli attori sui personaggi

Lo spettacolo è tratto dal libro L’appello, dello stesso D’Avenia, uscito nelle librerie a novembre.  A dare la voce ai personaggi sono gli allievi della Scuola per attori del Teatro Stabile di Torino. Sono proprio loro uno dei punti di forza di questo spettacolo. È l’intensità della recitazione di questi giovani attori, le cui interpretazioni colpiscono come lame taglienti.

Sebbene a livello di copione i personaggi siano solo abbozzati e si raccontino in poche righe, gli attori riescono a sviscerarne gli aspetti più intimi. Questo anche grazie alla regia di Gabriele Vacis che tramite una studiata gestualità e gestione dello spazio, completa la costruzione delle parti e la loro drammaticità, intesa come capacità di raccontare.

L'appello, Alessandro D'Avenia - Credits: YouTube Libri Mondadori
L’appello, Alessandro D’Avenia – Credits: YouTube Libri Mondadori

Si percepisce, dietro questo spettacolo, il profondo lavoro fatto dagli attori sul testo, che li ha portati a immedesimarsi nei propri personaggi. Si commuovono, e non è solo virtuosismo o tecnica. Convincono ampiamente il pubblico di aver provato quelle emozioni in prima persona, creando un forte legame empatico, persino attraverso lo schermo di questo esperimento online.

Ad incrementare l’impatto emotivo è anche la commozione di Alessandro D’Avenia, mentre ascolta le storie da lui stesso originariamente narrate. A stento trattiene le lacrime, perché quei drammi, come lui stesso afferma, li ha vissuti davvero, anche se non in prima persona. Sono storie che ha incontrato e raccolto durante la sua carriera di insegnante, storie di veri ragazzi e ragazze che le hanno coraggiosamente condivise. Raccontarle, confessa, è un modo per liberarsene, per far sì che smettano di far male. 

L’aula come un teatro

L’idea di “spostare” questa classe in un teatro funziona ed è ricca di rimandi. L’aula per D’Avenia è come un grembo, uno spazio vuoto in cui la vita pian piano prende forma e trova il suo spazio. Una fucina di vocazioni. Il teatro è sgombro, nessun elemento scenico, è la struttura teatrale stessa a diventare scenografia. I ragazzi arrivano in platea e iniziano a muoversi freneticamente senza una direzione precisa tra i posti. Ma, a mano a mano che i personaggi si scoprono (e si ri-scoprono), prendono consapevolezza dello spazio, prima della platea e poi del palco.

Una bellissima metafora, pensare all’aula come a un teatro. Come questo è un luogo sacro, perché lì la vita si manifesta. Come per i personaggi sul palco, nell’aula si condensano vite diverse, ognuna con la propria storia e le proprie tragedie personali. Si tratta di luoghi dell’esperienza, della relazione, in cui la persona si forma (nel significato più intimo e profondo). Sono luoghi in cui la vita accade, luoghi dell’azione.

L'Appello, Alessandro D'Avenia - Credits: YouTube Libri Mondadori
L’appello, Alessandro D’Avenia – Credits: YouTube Libri Mondadori

In tempi di lezione a distanza non bisognerebbe perdere questo punto di vista sul ruolo dell’aula (anche se virtuale).

Vedere l’aula come un teatro pone l’accento su un concetto spesso dimenticato: in una classe non si può essere spettatori.

All’inizio della mia avventura nella scuola pensavo di avere davanti un pubblico a cui finalmente avrei raccontato le mie storie, e che quel pubblico fosse stato costretto ad ascoltarle. Ma avevo sbagliato prospettiva: non erano loro il pubblico, ero io il loro pubblico.

Alessandro D’Avenia

L’appello è disponibile online sul canale YouTube di Libri Mondadori. Continua a seguire FRAMED anche su Facebook e Instagram.

Roberto Boldini
Sono un ragazzo di campagna con la testa tra le nuvole immerso tra mille progetti, se fossi una canzone sarei Confessioni di un malandrino di Branduardi. Dopo la laurea in Scenografia a Brera ho intrapreso un corso di specializzazione presso i laboratori della Scala. Quello che più mi piace è raccontare punti di vista: lo faccio disegnando, scrivendo, progettando. Più che le storie mi attraggono le persone, la loro psicologia, come vengono resi sullo schermo o su un palco il loro dramma interiore e la loro personalità (fantasticando su come le renderei io).