Come se non ci fosse un domani. Motorino Amaranto, GreenBoo Production, Maestro Distribution, Ottavia Virzì
Come se non ci fosse un domani. Motorino Amaranto, GreenBoo Production, Maestro Distribution, Ottavia Virzì

Come se non ci fosse un domani è un film documentario che rientra senza dubbio nella cerchia delle opere più significative mostrate alla diciannovesima edizione della Festa del Cinema di Roma.

Diretto da Riccardo Cremona, Matteo Keffer, e scritto con la consulenza di Paolo Giordano, il film è prodotto da Motorino Amaranto (la società di Paolo e Carlo Virzì), GreenBoo Production con Maestro Distribution e da Ottavia Virzì.

Dedicato al racconto delle azioni, delle vicende giudiziarie, delle consapevolezze e dell’impegno del gruppo di attivisti climatici del movimento chiamato Ultima Generazione, è prima di tutto una visione che per stabilire una ricostruzione, esige prima una frantumazione, quella delle sicurezze e dell’inazione. La prospettiva rappresentata è lo specchio di un presente che in molti non riescono ancora a prendere in considerazione, è la disubbidienza politica messa alla prova da violenza e noncuranza. Come se non ci fosse un domani è un film che chiunque dovrebbe guardare, per iniziare a capire dove questa deriva sta conducendo, e per farsi spezzare dall’incertezza, prendendone atto.

La scelta di assumersi un rischio

Come sarebbe se non ci fosse un domani? Di fronte a un’indifferenza che si trasforma in giudizio ostile, o a una comoda ignoranza nella speranza che il domani ci sia, o almeno per chi occupa gradini molto alti di una gerarchia sociale ed economica, si mostra il movimento Ultima Generazione. Un nome che fa paura, perché richiama qualcosa di prossimo all’estinzione; una generazione ultima sulla terra senza scelta se non quella di risvegliare chi ancora non percepisce il terrore della fine.

L’emergenza climatica non è un pretesto per bloccare le strade, ma un proiettile già diretto nella nostra traiettoria, sparato parecchi anni fa. Sarebbe ormai impossibile non incassare il colpo, ma iniziare ad agire concretamente potrebbe evitare che ci finisse dritto in mezzo agli occhi, optando per un’eventualità più blanda, o almeno non mortale.

Perché è di questo che si parla: termini come fine, ultimo, morte, fanno parte di un vocabolario necessario al fine comune, all’interno di una forma di disobbedienza non violenta volta a scardinare il pensiero comune, il silenzio sulla verità dei fatti. L’ansia e l’incertezza si accompagnano alla reazione colma di una rabbia che torna a essere motore in quanto necessaria per convincere le persone dell’urgenza di trattare determinate questioni su larga scala. E chi ha scelto di assumersene i rischi, è tra i figli di chi ha fatto il G8 smettendo di credere allo slogan Un altro mondo è possibile dopo i fatti di Genova, è chi sa che (come affermano gli attivisti stessi nel film) “non è così grave passare due notti in cella quando la minaccia peggiore riguarda la fine della vita per come la conosciamo”.

Come se non ci fosse un domani. Motorino Amaranto, GreenBoo Production, Maestro Distribution, Ottavia Virzì

Documentare il reale attraverso lo stile

La forma è molto importante per veicolare il messaggio, Cremona e Keffer pongono lo sguardo sugli eventi di cronaca affiancandoli alle vicende personali di alcuni degli esponenti del movimento. La dimensione privata, dei dubbi, delle emozioni, delle famiglia, completa quel quadro, fondamentale, per comprenderne le decisioni e le azioni.

Come se non ci fosse un domani è un documentario estremamente equilibrato, che si concentra sulla percezione che il mondo esterno ha della battaglia portata avanti dagli attivisti di Ultima Generazione, e sul motore nascosto di una comunità legata dalla speranza di riuscire a modificare il corso di ciò che dovrà avvenire, oltre che dell’opinione comune. Con una colonna sonora (firmata da Federico Bisozzi) che ricorda la musica dei migliori affreschi generazionali di Marco Tullio Giordana, l’occhio dei registi tratta il materiale documentario e quello umano ponendo chi guarda nella condizione di aderire a quell’impegno, riuscendoci grazie alla scelta di mostrare immagini espressive, significanti, volutamente sconcertanti e drammatiche.

C’è una certa poesia nei corpi ricoperti di fango e caricati dalla polizia come sacchi senza vita, come nell’orrore dell’incomprensione, sputatogli addosso per strada, nei talk televisivi, o sui social: i registi non solo non perdono il contatto con la realtà, ma neanche con l’eleganza della rappresentazione. Una poesia decadente e di rottura, che Ultima Generazione non esita a difendere come simbolo del presente.

A intervallare la narrazione, come spaventosi promemoria, ci sono inserti di catastrofi naturali spesso riprese da filmati amatoriali. Tutti avvenimenti recenti, come l’alluvione a Firenze del novembre del 2023, che dimostrano quanto sia importante parlare di crisi, e lasciare indietro tutto il resto.

Spezzare il torpore per muovere il presente

L’opera di Cremona e Keffer non è solo politica, ben riuscita, esteticamente e concettualmente intensa; è ciò che di più attuale potrete vedere per comprendere le motivazioni di chi ha scelto di esporsi, lottando in prima linea per esigere interventi da parte di un governo che non solo sembra non voler sentire, ma che non esita a scagliarsi contro con inaudita ferocia.

Fa malissimo, spezza letteralmente il torpore a cui molti si sono abituati, smuove idee, mette di fronte a una scelta. Ma fa riflettere anche su un importante senso di comunità, che sembra ormai scomparso. L’obiettivo comune unisce chi trova della disobbedienza civile lo strumento per la rivoluzione, e come è vero che la rivoluzione comporti qualche sacrificio, è anche vero che funzioni come collante tra umani impegnati nella medesima lotta.

Come se non ci fosse un domani ci riguarda tutti, è il resoconto della formazione di una coscienza collettiva, pronta a trasformarsi per trasformare, decisa a non essere l’ultima generazione, ma quella che ha dato inizio a un nuovo modo di incidere sul presente per arginare i pericoli di una crisi climatica globale.

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Silvia Pezzopane
Ho una passione smodata per i film in grado di cambiare la mia prospettiva, oltre ad una laurea al DAMS e un’intermittente frequentazione dei set in veste di costumista. Mi piace stare nel mezzo perché la teoria non esclude la pratica, e il cinema nella sua interezza merita un’occasione per emozionarci. Per questo credo fermamente che non abbia senso dividersi tra Il Settimo Sigillo e Dirty Dancing: tutto è danza, tutto è movimento. Amo le commedie romantiche anni ’90, il filone Queer, la poetica della cinematografia tedesca negli anni del muro. Sono attratta dalle dinamiche di genere nella narrazione, dal conflitto interiore che diventa scontro per immagini, dalle nuove frontiere scientifiche applicate all'intrattenimento. È fondamentale mostrare, e scriverne, ogni giorno come fosse una battaglia.